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In cosa consiste il nostro rapporto con la Parola di Dio?

WOMAN PRAYING,

etonastenka | Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 01/04/20

Essere in rapporto con la Parola significa capire che essa più che un’informazione è innanzitutto Qualcuno.

In quel tempo, Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?».

Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro».

Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro».

Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato». (Gv 8,31-42)

«Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Non credo esista espressione migliore che ci faccia comprendere davvero in cosa consiste il nostro rapporto con la Parola se non questo versetto del Vangelo di oggi. Gesù non dice che la Parola è un contenitore di idee. Essere in rapporto con la Parola non significa imparare a memoria delle informazioni su Dio, sul mondo, sul male, sul bene. Essere in rapporto con la Parola significa capire che essa più che essere un’informazione è innanzitutto Qualcuno. Nella fede ciò che conta è la relazione. Essa conta più di ogni teologia fatta di concetti, di idee e di regole. Se si perde questa relazione viva tutto il resto si svuota di vita. La fede rende la vita viva. Ciò che a noi molto spesso manca è capire che l’unica cosa che può salvarci da noi stessi, dalle nostre paturnie mentali, dai grovigli emotivi, è lasciarci tirare fuori da Qualcuno attraverso una relazione. Cristo ci dà una Parola che è diversa dalla nostra. Ci dà una Parola che non coincide con i nostri ragionamenti quasi sempre troppo stretti. Ci dona una visione che ci aiuta a non vivere solo ripiegati sul nostro “sentire”. Ma proprio per questo prima di essere percepito come Grazia è percepito come minaccia. «In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre; se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenza di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova posto in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro!». Da una parte vogliamo essere salvati e dall’altra ci mettiamo sulla difensiva proprio nei confronti dell’unico che potrebbe davvero renderci liberi. Questa schizofrenia spirituale è ciò che molto spesso caratterizza la nostra interiorità: chiedere salvezza e allo stesso tempo impedire che essa arrivi davvero nella nostra vita.
Giovanni 8,31-42

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