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Don Alberto Ravagnani: digiuna dal cellulare, torna libero! (VIDEO)

DON ALBERTO RAVAGNANI

Questa è la faccia che fa quando ci giustifichiamo con "No, ma non sto mica tutto il tempo al cellulare!"

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Paola Belletti - pubblicato il 01/04/20
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Basta un’ora. Questo è l’esercizio che ci propone. Eh, dai, ma cosa vuoi che cambi? Prova.

Tirarsi la zappa sui piedi: parlare di digiuno dallo smartphone e vivere di visualizzazioni?

Certo, non siamo sprovveduti, dai. Aleteia “vive” sui social, con collegamenti più da mobile che da desktop, per giunta.

Raggiungiamo milioni di persone con i nostri contenuti (quelli devono essere ben fatti e non solo la confezione, non conta solo l’usabilità!) proprio grazie alle connessioni digitali. Non è proprio il caso di demonizzare uno strumento come lo smartphone. E proprio adesso, che siamo tutti chiusi in casa, lontani da amici, gruppi, squadre sportive, compagni di classe, colleghi, fratelli nella fede. Come si fa a parlare di digiuno dal cellulare? Sembra strano, un po’ troppo controtendenza.


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Ci restano solo i vicini

La connessione, le reti di amici, i followers sono tutti mezzi, per quanto surrogati, che sembrano permetterci di scegliere con chi stare. Mentre tra le relazioni live, sebbene sempre a distanza di sicurezza, ci restano in questa lunga emergenza, solo i vicini. Che, nell’esperienza di tanti e nell’immaginario comune, non hanno proprio una bella fama (domanda a me stessa: ma io, che vicina di casa sono? Mi immagino cordiale, attenta e accogliente. Immagino, appunto. Perché grandissimi passi verso gli altri, proprio quelli che non ho scelto, non è che ne abbia compiuti: usciamo da questa parentesi che sta prendendo una brutta piega, va là!)

 

Social che vai, persone che incontri: Don Alberto Ravagnani

Torniamo a noi e ad un sacerdote che, manco a dirlo, ho incontrato sui social. Si chiama Don Alberto Ravagnani, è della parrocchia di San Michele a Busto Arsizio in provincia di Varese.

Così si presenta sul suo canale Youtube:

Sono un prete, vivo in oratorio, insegno a scuola. Ogni tanto dico cose sui social.
La fede mi fa godere di più la mia vita. Per questo ne parlo.
W la fede.

Le parole chiave di tutta questa comunicazione sono “ogni tanto”, “social” e “fede”.

I video caricati toccano temi attuali ed eterni: il coronavirus e la preghiera ad esempio. O la creatività e l’importanza di leggere. Ad essere sincera ero indecisa su quale contenuto scegliere per proporvelo. Quello sull’utilità del pregare, ad esempio, ve lo consiglio vivamente. Non fa il supergiovane, lo smart a tutti i costi, il prete manager. E’ un prete ed è giovane e parla di cose relative alla sua missione sacerdotale.

Conosce e non solo usa ma è presente sui social. E proprio per questo sa che l’iperconnessione ha diversi rischi e un costo parecchio salato che non manca di incassare. Si fa pagare in tempo che ci ruba senza che ce ne accorgiamo (ma ogni telefono in circolazione tiene traccia della durata di utilizzo, non possiamo fare i furbi) e ci ricambia con una frammentazione e una dispersione di noi stessi.

 

Di-stratti e trattenuti, troppo spesso “altrove”

Una cosa che di sicuro abbiamo constatato in tanti è che i social sono un ambiente, un posto dove si sta, dove si stringono relazioni, sebbene con diverse menomazioni alla comunicazione integrale tra persone. Ma è anche un aggeggio che ti distrae, ti intrattiene -che è più un trattenerti che un onesto dilettare.

E se si sta lì non si è qui! Come avere un alibi perenne; un lasciarci sempre portare altrove. Che è sinonimo di vivere distratti. Per quanto riguarda me e gli effetti da iperconnessione, il sintomo più fastidioso è che quando eccedo mi sento stanca e svuotata, dispersa, come sparpagliata. Insomma si capisce, no? Scusate non ho resistito: sono una donna e amo parlare di ciò che mi affligge, perdendomi in dettagli e sfumature. E sono ripetitiva, così almeno dice mio marito, che parla poco e lo fa per constatare che io parlo tanto. Il che non è affatto vero. (Chiedetegli l’amicizia su Facebook e andate a dirglielo voi, per favore!)

Meglio la noia della distrazione!

Mentre invece il segreto per vivere bene è stare dove si è, fare quel che si sta facendo. Age qoud agis, ricorda quasi subito Don Alberto richiamando un motto latino. Ovvero fai bene quel che stai facendo, ora. Poiché è solo l’istante presente lo scampolo che abbiamo a disposizione ed è con quello possiamo cucire un bel vestito alla nostra vita.

Vi consiglio di godervi il video più che le mie considerazioni (patiscono anche loro quel sintomo: frammentarie e sparpagliate!). E’ breve, gradevole, profondo e convincente. La leggerezza è solo nello stile.

Il succo? Osserva te stesso: il cellulare ti ha in pugno, sei in perenne ostaggio; ti frega un sacco di tempo ed energie. Fai così, rinuncia ad usarlo per un’ora la giorno. Mettilo da parte, dallo a tua nonna, chiudilo in un cassetto fai come ti pare, ma prova. Un’ora al giorno, una.

Sarà dura, ne sentirai la mancanza. Per forza ne sei dipendente! Ma proprio allora ti si aprirà un mondo!

Sì ma è difficile, prova. Cosa vuoi che cambi?  prova! Prova, prova, prova. (…) E ricorda: sei tu che hai il cellulare, non può essere che il cellulare abbia te.


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