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Don Cirillo, prima di morire, mani al cielo e un messaggio: “Ci vedremo in Paradiso, pregate il Rosario”

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Screenshot from Prima Bergamo

Don Cirillo Longo, sacerdote bergamasco deceduto il 19 marzo.

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 30/03/20

Stroncato dal coronavirus, il sacerdote del "Centro Don Orione" di Bergamo ha trascorso le ultime ore di vita ad incoraggiare gli altri ammalati

Prima di morire ha alzato le mani al cielo in segno di esultanza, come se avesse segnato un gol. Un gesto di coraggio, grinta, che proviene da una lezione di vita che don Cirillo Longo, da tempo, ripeteva a chiunque lo incontrava al “Centro Don Orione” di Bergamo:

“L’uomo ha due mani, perché mentre una lavora, l’altra serve per far scorrere i granelli della corona del rosario”.

“Siamo tutti nelle mani di Dio”

Il sacerdote, 95enne, è venuto a mancare il 19 marzo dopo aver contratto il coronavirus. Ma il suo “slogan” risuona nei cuori di chi lo ha conosciuto.

E negli ultimi giorni di vita era stato lui a consolare quanti avrebbero dovuto consolarlo dicendo «di non avere paura, perché tutti siamo nelle mani di Dio».


BERGAMO

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I miracoli di Don Orione

Don Cirillo Longo, racconta Prima Bergamo (28 marzo) era nato a Saletto (Padova) il 18 marzo 1925: 78 anni di professione religiosa, 67 anni di sacerdozio. Apparteneva alla Provincia religiosa degli Orionini “Madre della Divina Provvidenza”. Era entrato nella Congregazione il 23 ottobre 1937 a Tortona (Alessandria). Lo stesso don Luigi Orione (santo fondatore della Congregazione approvata il 21 marzo 1903) gli aveva messo la “tonaca” sacerdotale.

È stato il testimone dei miracoli del fondatore, quando durante la Seconda Guerra mondiale, nei momenti disperati di paura e di fame, bastava una preghiera, recitata con fede ardente, con l’amore filiale da tutti i seminaristi, per veder arrivare un aiuto inaspettato, l’aiuto che veniva dal Cielo, attraverso i soldati.


ZMARLI NA KORONAWIRUSA

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Il calvario

Il suo calvario è iniziato il 12 marzo. I successivi otto giorni sono stati riempiti dalla preghiera e dalla sofferenza: fisica, ma soprattutto quella di non poter comunicare con tutti, rispondere ai messaggi augurali, che sono arrivati da tutto il mondo e da tutti i continenti: sacerdoti, suore, familiari, e tante persone semplici, famiglie, bambini, ragazzi, dipendenti di molte strutture da lui fondate e dirette.

“Pregate tanto, arrivano tempi difficili”

Nella notte del 17 marzo in una breve telefonata ha detto: «Ci vedremo di là, in Paradiso… pregate il Rosario… salutatemi tutti». In un’altra telefonata, dopo la ripresa miracolosa nella Festa di San Giuseppe, ha ripetuto: «Pregate tanto, arrivano i tempi difficili, pregate il Rosario».


SUSANNA CACCIA,

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