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Le nostre ferite nascoste, come quella sulla spalla di Cristo (e di Padre Pio)

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Pascal Deloche I GODONG

La veste bianca e lo scialle rosso: così ci è stata tramandata l'immagine dell'"abbigliamento" di Gesù durante la Passione.

Martha, Mary and Me - pubblicato il 26/03/20

Il mistero della sofferenza che il corpo respinge e l'anima vuole. Ma solo nel mistero di Gesù che l'ha resa fonte di salvezza per le anime.

Le ferite si vedono, sanguinano, bruciano e ci spingono a chiedere aiuto.
Lasciano cicatrici visibili e di tanto in tanto le usiamo per nascondere la responsabilità di ciò che non riusciamo o non possiamo fare: dalla causa, alla scusa!
Sarà per la loro invadenza che crediamo di sapere sempre tutto sulle cicatrici di chi ci sta intorno, soprattutto di quelli che amiamo.
Siamo certi delle cause e delle conseguenze di ogni ferita che portano i nostri genitori, per non parlare di quelle di fratelli e sorelle. I nostri amici se ci dessero retta, avrebbero solo segni sbiaditi addosso, perché noi sì, noi sappiamo come avrebbero dovuto curare quella ferita.
Supponiamo ad esempio di poter vedere il dolore di Gesù.
Non solo lo supponiamo, ma ne siamo sempre stati certi: le piaghe di Gesù sono cinque.
Ce lo ripetiamo dal catechismo e lo vediamo tutti i giorni al crocifisso, le veneriamo fin da piccoli.
E se invece qualcosa ci fosse sfuggito?
Se le piaghe non fossero cinque ma sei?




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Bernard de Fontaine, in latino Bernardus Claravallensis, ed italianizzato per gli amici “Bernardo di Chiaravalle”,doctor&father della chiesa (mica uno così eh), rivelò di aver chiesto a Gesù stesso quale piaga avesse inflitto più dorore.

Gesù rispose che il dolore più atroce era sconosciuto agli uomini e rimasto dimenticato dalla tradizione: il duro legno della croce, che gravò sulla sua spalla durante tutto il tragitto verso il Calvario (quasi 5 km), si insinuò tra la carne della spalla, lacerandola ed andando a scavare una piaga profonda fino all’osso.
Secondo la tradizione Gesù stesso chiese poi a San Bernardo di venerare ed onorare questa piaga dimenticata, promettendo ad ogni fedele qualunque grazia richiesta, in virtù di questa piaga. A tutti quelli che per amore di questa piaga reciteranno tre Pater, tre Ave e tre Gloria al giorno, Lui perdonerà i peccati veniali dimenticando quelli mortali, lasciando che Maria li assista nella morte, riversando grazia e la misericordia.
Ora, questa è la memoria che i fedeli hanno tramandato da San Bernardo fino ad oggi, nella tradizione e nella devozione di questa sacra ferita dimenticata.
Anche avvicinandoci ai giorni nostri, questa tradizione non è stata dimenticata!
La testimonianza più vicina, nella storia della piaga dimenticata, ci è infatti pervenuta per il mistero delle stimmate di San Pio da Pietralcina.
Sembra il fatti che il frate rivelò di questo suo dolore nascosto ad un giovane prete polacco: Karol Wojtyla.
Il futuro papa, nel domandare a Padre Pio quale fosse il dolore più forte, aspettandosi in risposta la ferita del costato, fu sorpreso della risposta di fra Pio, che indicò come ferita più dolorosa, la piaga nella sua spalla, di cui nessuno era a conoscenza, visto che Padre Pio non era solito parlare delle stimmate (fatta eccezione per lo sconosciuto prete polacco, al quale tra l’altro rivelo il pontificato!).




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Amico intimo di Pio, nonché suo figlio spirituale, a Fra’ Modestino da Pietrelcina aveva confessato che provava un dolore acuto quando si doveva cambiare la maglia (facendo pensare a Modestino al dolore di dover staccare la maglia dalla ferita del costato).
Modestino invece si rese conto del significato nascosto di quella frase soltanto riordinando, per incarico del padre guardiano, il vestiario del santo, dopo tre anni dalla sua morte (che scusate, ma 3 anni per sistemare sembrano tanto anche ad una procrastinatrice compulsiva come me!). Modestino si accorse che la maglia di Pio aveva una vasta macchia all’altezza della spalla destra, vicino alla clavicola, dal diametro di circa dieci centimetri non così diversa da quella sulla Sindone!).
A togliersi la maglia il dolore doveva essere veramente acuto se la piaga era viva e le ossa fossero ancora rotte, non si sa però se le fratture siano state riscontrate sullo scheletro di Padre Pio.
Dalle analisi condotte sulle spalle dell’Uomo della Sindone invece è evidente l’ampia ecchimosi a livello della scapola sinistra, con un’altra ferita sulla spalla destra, che si possono attribuire al trasporto del patibulum, la trave orizzontale della croce. Nel Santo Telo, le spalle dell’Uomo dei dolori appaiono sollevate ed anche questa disposizione è correlabile al trasporto della trave, le impronte delle ferite mostrano inoltre che il legno scivolava sulle spalle, producendo gravissime escoriazioni.
Al di là di queste analisi, che non penso siano state a conoscenza del nostro Fra Modestino, l’amico di Padre Pio continuava, dopo la sua scoperta, a chiedersi dell’esistenza reale di questa ferita sulla passione di Gesù.
Così ci lasciò questa sua testimonianza:

Un‘importan­te conferma mi venne dallo stesso Pa­dre Pio. A sera, prima di addormentar­mi, feci a lui, con tanta fede, questa preghiera: “Caro Padre, se tu avevi veramente la piaga alla spalla, dam­mene un segno”. Mi addormentai. Ma, esattamente all’una e cinque minuti di quella notte, mentre dormivo tranquil­lamente, un improvviso, acuto dolore alla spalla mi fece svegliare. Era come se qualcuno, con un coltello mi avesse scarnito l’osso della clavicola. Se quel dolore fosse durato qualche minuto ancora, penso che sarei morto. Con­temporaneamente sentii una voce che mi diceva: “Così ho sofferto io!”. Un intenso profumo mi avvolse e riempì tutta la mia cella. Sentii il cuore tra­boccante di amor di Dio. Provai anco­ra una strana sensazione: l’essere sta­to privato di quella insopportabile sof­ferenza mi era ancora più penoso. Il corpo voleva respingerla ma l’anima, inspiegabilmente, la desiderava. Era dolorosissima e dolce insieme. Ormai avevo capito!  

Mi ha fatto letteralmente innamorare questa sua descrizione, dolcissima e dolorosissima insieme! Mi sono sempre chiesta se il dolore insopportabile abbia veramente fatto pensare a Gesù di scendere da lì, di azzittire per un attimo le torture ed i dolori, forse la chiave è qui: dolorosissime e dolcissime.

Queste testimonianze raccolte non vogliono essere la prova oggettiva dell’esistenza di questa misteriosa piaga.
Ma se abbiamo la presunzione di sapere tutto e di conoscere tutte le ferite di chi ci sta intorno, non ci avvicineremo mai ai dolori nascosti, quelli che fanno più male.
Forse il giudizio che ci verrà dato dal Signore sulla nostra vita non sarà per noi una condanna.
Magari sarà un togliere (o squarciare!) il velo scuro che ci separa dal nostro “vero essere”, dal modo confuso e offuscato con cui percepiamo le nostre ferite, dal modo imperfetto con cui intuiamo l’Amore e Dio.
Magari queste piaghe invisibili verranno chiamate dal Signore con il loro vero nome, Lui gli darà la loro collocazione e non saranno più nascoste dietro i nostri peccati e le nostre tentazioni.
Forse saremo noi a chiedere a Lui di poter sanare quelle ferite, anche se “l’acqua ossigenata” sarà dolorosa, anche se la cicatrizzazione sarà più lunga del previsto. Perché poi non dovremo più nasconderle ai suoi occhi, e Lui ci farà finalmente vedere per quelle creature che ha da sempre voluto al suo fianco: veramente sanati ed infinitamente liberi e felici.

Ora spero vivamente che non andrete a denunciare la vostra catechista se oggi vi ho raccontato della piaga nascosta di Gesù!

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DAL BLOG MARTHA MARY AND ME

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