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Coronavirus. Le suore di Bergamo in prima linea fino al sacrificio della vita

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Dziewul -Shutterstock

Vatican News - pubblicato il 26/03/20

13 sorelle dell’Istituto Palazzolo sono morte in questi giorni nel bergamasco nel pieno dell’emergenza sanitaria. Per loro e per tutte le religiose di altri ordini, la preghiera del Papa,oggi nella Messa a Santa Marta. La testimonianza di suor Carla Fiori e l’iniziativa #concuorelargo perché il virus non ferma la volontà di donarsi e assistere i malati

di Cecilia Seppia

Nella zona di Bergamo dove il virus uccide e contagia a ritmi ancora preoccupanti sono molte le consacrate che attraverso Case di cura e strutture sanitarie stanno dando la propria vita per assistere i malati. Molte di loro non ce la fanno, si ammalano e muoiono anche senza patologie pregresse; altre come suor Carla Fiori, Responsabile provinciale per le comunità d’Italia dell’Istituto delle Suore delle Poverelle, sono costrette alla quarantena dopo il contagio, ma il pensiero fisso è quello di tornare in corsia, perché è lì, sul campo, in mezzo alla sofferenza, che si realizza la loro missione. Da quando è scoppiata l’epidemia, suor Carla e le sue consorelle hanno rivoluzionato le loro giornate e i reparti delle Case di cura da loro gestite, intessendo anche una forte collaborazione con l’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo dove i posti in terapia intensiva sono al completo e medici e infermieri sono già oltre il punto del collasso. Convinta che ci vogliano mani e cuore a servizio della gente, ma anche fondi e strumenti per garantire a tutti le cure necessarie, suor Carla Fiori rilancia ai nostri microfoni il progetto “Con cuore largo. Emergenza Coronavirus” che servirà ad acquistare macchinari e dispositivi di protezione per gli operatori sanitari:

R. – La situazione è abbastanza critica sia a Brescia che a Bergamo e in tutta la zona. Io attualmente mi trovo a Brescia ma solo perché ho avuto il mio decorso di febbre e sono stata in isolamento, però seguo da vicino tutte le nostre realtà di Bergamo e in modo particolare la nostra Casa di cura, altre due Residenze per anziani e un’altra che accoglie invece i disabili. In questo tempo drammatico siamo molto provate, abbiamo perso molti anziani e ci hanno lasciato 13 suore, non tutte coinvolte nell’assistenza diretta ma in particolare, con molto dispiacere, abbiamo perso una sorella ieri…

Proprio stamattina nella Messa a Santa Marta il Papa ha pregato per le suore che offrono la propria vita per la cura e l’assistenza dei malati di Covid-19 , ci siete anche voi nel pensiero di Francesco…

R. – Sì e di questo lo ringraziamo. Abbiamo perso diverse consorelle come dicevo ma in modo particolare vorrei ricordare suor Costantina Ranioli, una suora infermiera molto conosciuta e amata nell’ospedale di Bergamo che ha raggiunto il Paradiso ieri. Era un’infermiera molto brava, molto appassionata, sempre solare e la ricordiamo con tanto affetto. Purtroppo ha lottato un mese ma non ce l’ha fatta. Quindi ecco, per noi è un momento difficile anche se continuiamo in forza del carisma, in forza della nostra missione evangelica di accogliere e curare i malati con tutto il cuore.

Ha avuto notizia di altre suore che sono morte in questi giorni… Sappiamo anche dalle parole di Papa Francesco che questa carità fino al sacrificio della vita è molto diffusa tra di voi…

R. –  Sì ogni giorno ci arrivano queste notizie. Abbiamo saputo di parecchie consorelle nella bergamasca e anche di parecchi sacerdoti, mi pare almeno 20 nella sola zona di Bergamo; sappiamo anche che ci sono tante suore contagiate di altri ordini. Cerchiamo di starci vicini di ricordarci nella preghiera, di farci forza l’una con l’altra e rialzarci per poter essere vicino a tantissima gente che sta soffrendo questa stessa situazione.

Un’assistenza concreta e quotidiana quella che date ai malati di Covid-19?

R. –  Sì. Noi come prima cosa abbiamo cercato di riorganizzare i nostri reparti cercando di dividere i malati di Coronavirus dagli altri e abbiamo aperto una stretta collaborazione con l’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo in modo da poter liberare lì dei posti vitali e accoglierli all’interno della nostra clinica ma anche delle due Rsa: si tratta per lo più di malati dimessi, che sono meno gravi e li accogliamo per poterli curare nella nostra realtà facendo anche respirare l’ospedale di Bergamo. E’ una forte collaborazione che stiamo cercando di far funzionare quotidianamente con tanta generosità e tanta competenza da parte di medici e infermieri e tutto il personale che con molto coraggio ha aderito a questa rete di aiuto tra ospedali.

L’istituto Palazzolo ha lanciato questa iniziativa dal titolo “Con cuore largo”, aprendo una raccolta fondi, ci spiega in cosa consiste?

R. –Avere un cuore largo è una tipica frase del nostro fondatore, Luigi Maria Palazzolo, che sempre ci incoraggiava in situazioni di emergenza a non avere paura e a metterci in prima linea. Del resto le suore Poverelle hanno già vissuto questa trincea qualche anno fa con il virus Ebola e 6 delle nostre suore hanno perso la vita perché nel nostro carisma c’è proprio questa disponibilità verso la sofferenza e in modo particolare all’emergenza. Questa iniziativa altro non è che la richiesta di un aiuto perché per metterci in rete, per dare disponibilità di 80 posti letto nell’immediato più altri 50 in un secondo momento, servono anche tanti strumenti, soprattutto quello di cui si parla in continuazione, mascherine, dispositivi di protezione, ossigeno e quindi attraverso questa iniziativa chiediamo alla gente di darci una mano. Noi ci mettiamo professionalità, competenza, disponibilità, umanità, dedizione e cuore appunto però chiediamo aiuto per l’acquisto di tutti questi dispositivi…

Suor Carla c’è una storia, un episodio o semplicemente un volto che in questi giorni frenetici di dolore le è rimasto particolarmente impresso e che vuole raccontarci?

R. – Ma, io vorrei ricordare don Fausto Resmini che era il cappellano del carcere di Bergamo morto il 23 marzo. Mi è rimasto impresso perché è stato uno che non si è mai tirato indietro. E’ stato vicino ai carcerati ma anche ai senza fissa dimora che in questo tempo di isolamento non avevano una casa dove stare. Quando si è ammalato diceva che era stanco, si sentiva stanco, ma soddisfatto di essere stato vicino ai poveri. Non ce l’ha fatta eppure era abbastanza giovane, aveva 67 anni, davvero un prete dei poveri, degli ultimi e il suo esempio per noi è davvero molto forte.

Qui l’originale

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