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“Mi sono stancato di servire nella Chiesa e di aiutare gli altri”. Che fare?

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Pixabay/Aleteia COMP

Catholic Link - pubblicato il 15/03/20

di Fernando Merino

Vi è mai successo di stancarvi di servire, di essere catechista, di animare i canti, di coordinare i ritiri, di andare nella vostra comunità ogni sabato, di caricarvi le sedie o semplicemente di dover pregare tutti i giorni per rispettare gli impegni del vostro gruppo?

Tranquilli! In primo luogo voglio dirvi che cliccare per leggere un articolo che ha questo titolo è già da coraggiosi, perché riconoscere che si è stanchi non è facile. Non siamo qui per giudicarvi o per dirvi cosa dovete fare. Vorrei semplicemente condividere con voi alcune riflessioni che mi sono state utili quando ho sperimentato la stessa cosa che state vivendo voi. Partiamo!

1. Non vi confondete su Dio

Questa è forse la parte più complicata. A volte pensiamo di servire un Dio che è il capo di una fabbrica o il CEO di una grande impresa, che ci ricompenserà se svolgiamo una certa quantità di ore di lavoro, se non provochiamo alcun problema e obbediamo a tutte le norme del luogo con successo.

Il problema di vedere Dio in questo modo è che quando ci stanchiamo e vogliamo fermarci, pensiamo automaticamente che Dio non ci ami più, che non ci darà più ricompense, che non ci sceglierà più, che non ci accetta e non ci vuole più bene.

Non c’è niente di più falso. Dio non funziona come un supermercato che dà le cose se si pagano con altre. Dio non negozia il suo amore con nessuno. Mi dispiace deludervi, ma Dio non vi ama di più perché siete catechisti, né perché siete una suora o perché scrivete articoli per Catholic Link.

Ci ama perché ci ha creati, perché ci ha dato la vita, perché ci ha scelti per esistere e perché Egli è amore. Non ci ama per quello che facciamo o che smettiamo di fare, ma per quello che siamo, e indipendentemente dal fatto che decidiamo o meno di servire nella Chiesa continuerà a servirci, perché ci amerà allo stesso modo, ovvero nella massima forma possibile.

Tranquilli, non state deludendo nessuno per il fatto di sentirvi così. Continua a scommettere su di voi, sempre.

2. Trovate le cause

È importante riuscire a trovare il motivo per cui vi sentite così. È assai salutare dare un nome a quello che state vivendo. Senza paura! Ad esempio, vi sentite frustrati? Forse per qualche progetto che non è andato in porto, perché non si tiene conto di voi, perché i vostri fratelli non si impegnano tanto o perché vi trovate male con qualche coordinatore.

Vi sentite tristi? Forse perché vi hanno traditi, vi hanno delusi o vi hanno detto qualcosa che vi ha ferito. Vi sentite incoerenti? Forse perché pensate di non essere degni di parlare di Dio, perché avete commesso degli errori che non dovevate fare o perché credete di non avere ormai rimedio.

Vi sentite oggetto di pressioni? Forse perché le responsabilità sono tante, perché vi chiedono sempre ma senza preoccuparvi di voi, o perché vi vedono più come operai che come esseri umani.

Trovate la causa, e dite a Dio come vi sentite. Ricordate che il primo passo perché il cieco Bartimeo recuperasse la vista è stato dire a Gesù che era cieco. Non perché Gesù sia crudele, ma perché a volte il primo passo per risolvere qualcosa è individuare quale sia il vero problema.

Ricordate, però, che non si tratta di quello che succede, ma di quello che facciamo con quello che ci accade. Avete già individuato il problema? Vi viene in mente qualche soluzione? Parlare con il vostro coordinatore, scrivere a qualcuno del vostro gruppo? E allora coraggio, la vita è di chi decide di affrontarla!

3. E se avete trascurato la vostra vita?

Come cristiani, siamo chiamati a offrire la nostra vita come ha fatto Gesù, ma anche se suona sciocco, l’unico modo di offrire la nostra vita è averne una. Dio non vuole che viviate migliaia di ore in parrocchia e che trascuriate il tempo con la vostra famiglia.

State smettendo di trascorrere del tempo prezioso con i vostri cari? In che momento avete dimenticato che siete chiamati ad essere luce tra loro? E questo non si ottiene solo mandando loro catene via WhatsApp – implica tempo, sedersi a vedere un film, giocare insieme, ascoltarli…

Lo stesso vale con i vostri amici fuori dalla Chiesa. Siente latitanti quando hanno bisogno di voi? E ancora, la vostra salute: come va con quello sport? La professione: come va il lavoro? Come vanno gli studi? Attenzione, Dio non fa gli esami al posto nostro.

Egli ha preferito darvi l’intelligenza perché la usiate con responsabilità. A volte la nostra stanchezza può essere un reclamo del nostro cuore per il fatto di non curare le altre aree della nostra vita preziose come quello che facciamo nella catechesi.

La chiave sta nel trovare l’equilibrio. Dio è venuto a darci vita in abbondanza, ricordate? Non è venuto a mutilare la nostra esistenza. Ricordate che più siete felici e integri, molto più credibile sarà il messaggio che trasmetterete nella vostra catechesi.

4. Aprite delle vie

Essere catechisti, fare ritiri, stare nel coro o seguire campi estivi non sono gli unici modi che avete per servire Dio. Dovete essere creativi! Se vi piace l’arte potete esplorare qualche apostolato artistico, se vi piacciono le comunicazioni potete dare una mano a qualche progetto apostolico.

Se vi piace l’ecologia potete promuovere qualche campagna ambientalista dalla Chiesa. Se vi sentite troppo adulti per il gruppo giovanile, aprite una nuova comunità con i vostri coetanei. Se non potete il sabato sera, inventatevi qualcosa per la domenica mattina.

Se le riunioni settimanali sono impossibili per voi, proponete qualcosa di quindicinale. Se la parrocchia è lontana da casa, cercatene una vicina. Se vi piace il calcio, perché non inaugurare un progetto che lo usi come metodo per evangelizzare?

Mia madre mi ha insegnato una frase che ho ancora impressa nell’anima: “Chi vuole fare le cose cerca dei mezzi, chi non le vuole fare cerca scuse”. Coraggio! Dio ci ha dato creatività e coraggio per aprire strade, innovare progetti, proporre alternative e molto di più.

5. Rivedete la vostra connessione

Una coppia di amici in Perù ha portato avanti un’esperienza di adorazione al Santissima chiamata Recárgate (Ricaricati). Mi è sembrato molto interessante perché siamo come cellulari che hanno bisogno di caricare le batterie. Non si tratta del fatto che Dio ci ami di più se preghiamo di più.

Si tratta di chiederci quanto stiamo permettendo che il Vangelo illumini le circostanze che stiamo vivendo in questo momento. È nella preghiera che ci ricarichiamo per andare avanti, perché ricordiamo che Gesù non ci ha promesso la comodità, ma la felicità.

È lì che ci lasciamo illuminare per guardare gli altri con più compassione e perdonare 70 volte 7. È lì che contempliamo il suo sguardo incondizionato che ci spinge a condividere con tutti non quanto siamo perfetti, ma quanto è perfetto il suo amore.

Lottate per la vostra connessione con Dio! So che siete stanchi e che è difficile, ma sapete bene dove ricaricare il vostro cuore. Nella preghiera, nei sacramenti, nella meditazione della Parola, in Maria, nella comunità, nella contemplazione della natura.

Nei cantici di lode, sapete dove collegarvi. Egli è pronto per quando vorrete farlo. Siete pronti a farlo oggi stesso?

Bonus Track

Come vi sentite? Grazie per aver letto fin qui. Permettetemi di mandarvi un grande abbraccio di incoraggiamento, e per favore, ricordate sempre i volti di tanti bambini, bambine, adolescenti, giovani, adulti e anziani che sperano di ricevere la Buona Novella del fatto che c’è una possibilità di essere veramente felici senza data di scadenza. Una possibilità chiamata Gesù di Nazareth. Grazie a Dio, esistete voi.

Qui l’articolo originale pubblicato su Catholic Link.

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