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Non smettete mai di lottare contro il peccato!

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Felipe Aquino - pubblicato il 11/03/20

È sempre tempo di conversione!

Il peccato è il grande male di questa vita; è costato la vita di Dio morto sulla croce perché potessimo liberarcene, ed è la causa più profonda di tutti i mali. San Paolo dice che “il salario del peccato è la morte” (Rom 6, 23), ovvero che ogni lacrima, tutto il dolore e la morte hanno la loro causa principale nel peccato, dal peccato orignale ai nostri peccati personali. Il peccato è “l’amore di se stessi fino al disprezzo di Dio”, ha detto Sant’Agostino (De Civitate Dei, 14, 28).

Gesù è venuto a portarci la liberazione nei confronti della “schiavitù del peccato”: “Sappiamo infatti che il nostro vecchio uomo è stato crocifisso con lui affinché il corpo del peccato fosse annullato e noi non serviamo più al peccato” (Rom 6, 6).

Dio ha detto a Caino: “Se agisci bene, non rialzerai il volto? Ma se agisci male, il peccato sta spiandoti alla porta, e i suoi desideri sono rivolti contro di te; ma tu dominalo!” (Gn 4, 7). Si può dominare il peccato con la grazia di Dio. Non abbiamo scuse di fronte alla sconfitta per il peccato. San Paolo ha detto che “Nessuna tentazione vi ha còlti, che non sia stata umana; però Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze; ma con la tentazione vi darà anche la via di uscirne, affinché la possiate sopportare” (1 Cor 10, 13).

Se Dio non ci abbandona nella tentazione, allora, se cadiamo nel peccato, è perché non abbiamo fatto quello che Gesù ci ha ordinato: “Vegliate e pregate, affinché non cadiate in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole” (Mt 26, 41). Senza vigilare e pregare non vinceremo il peccato. Dio avverte: “Chi ama il pericolo, in esso perirà” (Sir 3, 27).




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Dio ha detto al suo popolo: “Questo comandamento che oggi ti do, non è troppo difficile per te, né troppo lontano da te… Questa parola è molto vicina a te; è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica” (Dt 30, 11-13). Possiamo rispettare i comandamenti di Dio e non peccare.

La Bibbia riporta varie liste di peccati: “Le opere della carne sono manifeste, e sono: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, ire, contese, divisioni, sètte, invidie, ubriachezze, orge e altre simili cose; circa le quali, come vi ho già detto, vi preavviso: chi fa tali cose non erediterà il regno di Dio” (Gal 5, 19-21). Altre indicazioni possono essere trovate in Rm 1, 28-32; 1 Cor 6, 9-10; Ef 5, 3-5; Col 3, 5-9; 1 Tm 1, 9-10; 2 Tm 3, 2-5.

Dobbiamo lottare con tutte le forze contro il peccato, perché ci separa da Dio e uccide la nostra anima. San Tommaso d’Aquino dice che “ci sono due morti: la prima quando il corpo si separa dall’anima, la seconda quando l’anima si separa da Dio”. Per la prima ci sarà la resurrezione, ma per la seconda non c’è soluzione, l’anima si separa definitivamente da Dio, è l’inferno, la frustrazione assoluta e definitiva.

Il Catechismo dice che “il peccato mortale è una possibilità radicale della libertà umana, come lo stesso amore. Ha come conseguenza la perdita della carità e la privazione della grazia santificante, cioè dello stato di grazia. Se non è riscattato dal pentimento e dal perdono di Dio, provoca l’esclusione dal regno di Cristo e la morte eterna dell’inferno; infatti la nostra libertà ha il potere di fare scelte definitive, irreversibili” (n. 1861).

Siamo stati creati per partecipare alla vita beata, felice, di Dio; vivere senza di lui, per sempre, è la morte dell’anima. Sant’Agostino ha detto che “è disegno di Dio che ogni anima sregolata sia per se stessa il proprio castigo”. “Peccavo, perché anziché cercare i piaceri, le grandezze e le verità in Dio li cercavo nelle sue creature, in me e negli altri. Per questo precipitavo nel dolore, nella confusione e nell’errore”. Il salmista dice che “chi ama l’iniquità odia la propria anima” (Sal 10, 6). Il peccato è la nostra tristezza, la santità è la nostra gioia, dice il santo.

Il peccato è così grave che la Lettera agli Ebrei ordina di “resistere fino al sangue nella lotta contro il peccato” (Eb 12, 4). Molti hanno preferito il martirio al peccato.

Soprattutto in Quaresima, Dio ci offre una grande opportunità di conversione per abbandonare il peccato e rompere con il male. Il profeta Gioele ci chiede: “Stracciatevi il cuore, non le vesti; tornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira e pieno di bontà, e si pente del male che manda” (Gl 2, 13).

A Carnevale molte persone si nascondono dietro a delle maschere per fare ciò che vogliono, cosa che pensano le faccia sentire in qualche modo migliori. Facciamo lo stesso anche nel nostro rapporto con Dio: mascheriamo i nostri peccati per sentirci in qualche modo migliori. Fuggiamo da Dio e da noi stessi. Se non siamo sinceri con Dio non possiamo crescere nella nostra vita interiore, non possiamo avere una vera conversione e la nostra fede si raffredda. Serve coraggio per affrontare noi stessi e i nostri peccati, e per tornare di cuore a Dio.


CONFESSION

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La Chiesa ci offre i rimedi contro il peccato: la vigilanza sui sensi, il digiuno, l’elemosina, la preghiera, la meditazione della Parola di Dio e dei buoni testi, la Confessione e l’Eucaristia. Chi usa questi rimedi, anche se cade, finisce per vincere sui peccati. È una lotta dura ma necessaria, senza la qual non possiamo essere graditi a Dio ed essere felici.

“Il digiuno purifica l’anima, eleva i sensi, assoggetta la carne allo spirito, rende il nostro cuore contrito e umiliato, dissipa le nubi della concupiscenza, estingue gli odori della sensualità, accende la vera luce della castità”, dice Sant’Agostino.

Il profeta ci dice: “O Israele, torna al Signore, al tuo Dio, poiché tu sei caduto per la tua iniquità” (Os 14, 1). “Perché così dice il Signore alla casa d’Israele: ‘Cercatemi e vivrete’” (Am 5, 4). “Cercate il bene e non il male, affinché viviate, e il Signore, Dio degli eserciti, sia con voi, come dite” (Am 5, 14).

Non possiamo mai scoraggiarci nella lotta contro il peccato, perché il Catechismo dice che “non c’è nessuna colpa, per grave che sia, che non possa essere perdonata dalla santa Chiesa. « Non si può ammettere che ci sia un uomo, per quanto infame e scellerato, che non possa avere con il pentimento la certezza del perdono ». Cristo, che è morto per tutti gli uomini, vuole che, nella sua Chiesa, le porte del perdono siano sempre aperte a chiunque si allontani dal peccato” (n. 982).

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