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In Siria, tra bombe e cancro, si prega per l’Italia: “E’ come se il Coronavirus ha colpito anche noi”

Supporters and family members of Jordanian pilot First Lieutenant Maaz al-Kassasbeh

AFP PHOTO/STR

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Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 10/03/20

Ad Aleppo promuove la preghiera padre Ibrahim Al Sabbagh: "Sappiamo cosa vuol dire non potere mandare i figli a scuola e avere paura di uscire di casa"

«Ad Aleppo abbiamo fatto esperienza della solidarietà, carità e tenerezza di tanti italiani che ci hanno aiutato durante la guerra. Ora siete voi in difficoltà ma è come se il coronavirus avesse colpito noi: come potremmo dimenticarvi?».

Così padre Ibrahim Al Sabbagh, francescano della parrocchia latina di Aleppo, la seconda città per importanza e la capitale economica della Siria, una delle più colpite dalla guerra, spiega a tempi.it (10 marzo) perché i bambini della sua parrocchia di San Francesco hanno pregato per tutti gli italiani durante la via crucis della seconda settimana di quaresima. «Sappiamo cosa vuol dire non potere mandare i figli a scuola e avere paura di uscire di casa».

Franciszkanin z Aleppo otrzymał nagrodę Orła Jana Karskiego
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“Come potrei non farlo?”

«Io – prosegue il francescano – ho conosciuto di persona tanti italiani, nostri amici e benefattori. È da più di due settimane che offro la messa per l’Italia e le persone colpite, invitando la gente a pregare per voi. Come potrei non farlo? Tra fine gennaio e inizio febbraio sono stato nel vostro paese e ho visto la preoccupazione negli occhi di tante persone. Questo mi ha amareggiato».


BAMBINA, ALEPPO, SIRIA

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Inquinamento record e malattie

La forza della preghiera per l’Italia si manifesta in un contesto pieno di difficoltà. «Purtroppo i problemi aumentano – dice Padre Ibrahim – Stanno venendo fuori tante malattie che prima non c’erano e che sono sicuramente dovute alla guerra. Ogni singolo giorno spuntano nuovi casi di un cancro atroce che uccide i pazienti in poche settimane. E poi malattie cardiache e vascolari».

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Aleppo dopo la guerra.

“Nessuno di noi sa cosa mangia”

Inoltre, «a causa della guerra tutto è inquinato: l’acqua, il latte, il cibo, nessuno di noi sa davvero che cosa mangia, non ci sono controlli. Se guardo alla situazione con occhi umani, sono costretto a dire: vedo la fame, la mancanza di lavoro, le malattie, non c’è una prospettiva, non c’è futuro. Come si può sperare in una situazione così?».




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Cosa fa la Chiesa

Per arginare l’emergenza la Chiesa di Aleppo «lavora su due binari. Il primo è quello dell’emergenza: abbiamo distribuito acqua potabile, pacchi alimentari, assistenza sanitaria, vestiti. Qui gli anziani hanno una pensione così bassa che non consente neanche di comprare un terzo delle medicine di cui hanno bisogno, mentre per quanto riguarda i neonati la gente non può permettersi pannolini e latte artificiale».

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Una scuola della Caritas ad Aleppo.

Un aiuto per 1200 imprese

Il secondo binario riguarda «progetti di micro-economia per ricostruire la città. Abbiamo aiutato a ripartire 1.200 imprese, un numero enorme se si considera che nello stesso lasso di tempo il governatorato ne ha aiutate 5.000. E poi, grazie all’aiuto di numerosi ingegneri, abbiamo ricostruito in tutto 1.500 case, che avevano diversi livelli di danni. Il lavoro da fare è enorme».

Purtroppo, conclude Padre Ibrahim, «mentre pensavamo che tutto andasse per il meglio, la crisi libanese ha causato il blocco dei conti correnti di tanti siriani, che si sono impoveriti, e di molte organizzazioni internazionali. Poi la guerra è ricominciata».


SUOR MARTA, TRAPPSITA

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