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“Non credo… ma mi piacerebbe credere”. Come parlare agli altri dell’esistenza di Dio?

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Catholic Link - pubblicato il 09/03/20

di padre César Ruiz, missionario comboniano

Un giorno, il mio migliore amico era pensieroso, e con una certa preoccupazione mi ha detto: “César, io non credo”. Gli ho risposto “Dai, avrai qualche dubbio come tutti!”, ma ha insistito: “No, no, non credo… ma mi piacerebbe credere”. Allora gli ho detto: “Beh, fai come se credessi”.

Mi ha risposto: “Ma sarebbe un’ipocrisia”. In seguito, spinto dal desiderio di aiutare il mio amico a recuperare la fede e il senso della vita, ho iniziato a leggere qualche articolo sull’esistenza di Dio. A mo’ di introduzione ho trovato una parabola del teologo presbiteriano John Hick che riflette l’atteggiamento di credenti e non credenti.

Parabola di John Hick

“Due uomini avanzano insieme lungo una strada. Uno di loro è convinto che quel percorso conduca alla città celeste, mentre l’altro sostiene che non porta da nessuna parte. Visto che non c’è altra strada, però, viaggiano insieme. Nessuno dei due ha mai percorso quell’itinerario, e per questo nessuno può dire cosa troverà dietro ogni curva. Durante il viaggio vivono momenti facili e gioiosi, ma anche momenti difficili e pericolosi.

Per tutto il tempo, uno di loro pensa al viaggio come a un pellegrinaggio alla città celeste.

Interpreta i momenti gradevoli come stimoli, e gli ostacoli come prove. Lezioni di perseveranza, preparate dal re di quella città e destinate a fare di lui un abitante degno del luogo verso il quale si è incamminato.

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L’altro, però, non crede a nulla di questo, e considera il viaggio una marcia inevitabile e senza obiettivo.

Visto che non c’è opzione, si gode il bene e sopporta il male. Per lui non esiste alcuna città celeste da raggiungere, né una finalità che dia senso al suo viaggio. Esistono solo il cammino e le sue vicissitudini, nel bene e nel male.

I due non hanno aspettative diverse su quello che incontreranno sul loro cammino, ma solo sulla loro destinazione ultima. Svoltando l’ultima curva si vedrà che uno ha avuto per tutto il tempo ragione, e che l’altro si era sempre sbagliato”.

Credere o non credere? Avere fede o non averla?

In questo racconto, ogni viaggiatore ha le proprie ragioni: uno per credere, e l’altro per non farlo. Solo alla fine del cammino (con la morte) si potrà verificare chi aveva ragione, ma allora non ci sarà più la possibilità di ricominciare e compiere di nuovo il viaggio. Stando così le cose, forse più di qualcuno potrebbe pensare che “la cosa più conveniente” sia credere, avendo sempre come sfondo un “nel caso in cui…”.

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Accettare l’esistenza di Dio per paura, però, non sembra elegante. L’accettazione deve basarsi su argomentazioni che riescano a dimostrare in modo soddisfacente che esiste. Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice che “creato a immagine di Dio, chiamato a conoscere e ad amare Dio, l’uomo che cerca Dio scopre alcune ‘vie’ per arrivare alla conoscenza di Dio. Vengono anche chiamate ‘prove dell’esistenza di Dio’, non nel senso delle prove ricercate nel campo delle scienze naturali, ma nel senso di ‘argomenti convergenti e convincenti’ che permettono di raggiungere vere certezze” (CCC 31).

Prove dell’esistenza di Dio

Nelle catechesi di San Giovanni Paolo II ho trovato un buon riassunto di alcune prove dell’esistenza di Dio: la scienza dice che l’universo è in costante movimento ed espansione, e questo richiede una causa, che oltre ad averlo posto in essere gli abbia comunicato il movimento e continui a mantenerlo. Noi credenti chiamiamo questa causa intelligente Dio.

Quando studiamo l’evoluzione degli esseri viventi, ci rendiamo conto che mantengono una finalità interna che li orienta in una direzione, della quale non sono padroni né responsabili. Tutto questo ci porta a pensare a un Creatore.

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Desidero infine menzionare la bellezza, che si manifesta in modo splendido e vario nella natura con i suoi boschi, prati e fiori. La troviamo anche nelle innumerevoli opere d’arte della letteratura, della musica, della pittura…

Tutto questo ci rimanda alla fonte originaria: la bellezza trascendente del Creatore. Considerando l’immensità del cosmo, l’evoluzione degli esseri viventi e la bellezza della natura, lo spirito umano si sente sopraffatto nelle sue possibilità di comprensione e immaginazione, e pensa che un’opera di tale grandezza e qualità richieda un Dio Creatore di infinita sapienza.

Queste prove sono molteplici, e permettono all’essere umano, mediante la luce naturale della ragione, arrivare a conoscere con certezza l’esistenza di una realtà che è la causa prima e il fine ultimo di tutto. Noi credenti chiamiamo questa realtà Dio.

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Emiliano Arano | Pexels

“L’uomo, con la sua apertura alla verità e alla bellezza, con il suo senso del bene morale, con la sua libertà e la voce della coscienza, con la sua aspirazione all’infinito e alla felicità” (CCC 33), è in grado di compiere un passo ulteriore e di conoscere Dio in modo più profondo nella divina Rivelazione (cfr. CCC 34-35).

Questa ci parla di un Dio creatore dell’universo che ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza (cfr. Gn 1, 26). Ci parla anche del peccato originale dei nostri primi padri, e di come, “dopo la loro caduta, con la promessa della redenzione, li risollevò nella speranza della salvezza” (CCC 55).

Dio ha mandato nel mondo il suo unico Figlio

Giunti alla pienezza dei tempi, Dio ha inviato il suo unico Figlio nel mondo perché chiunque credesse in Lui non morisse, ma avesse la vita eterna (cfr. Gv 3, 16). Dio, nostro Padre, è misericordioso e “vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità” (1 Tm 2,4).

Ma ci ha creati liberi e rispetta la nostra libertà di accettare o rifiutare la salvezza che ci offre per mezzo di Gesù Cristo, suo Figlio. Attualmente sono molti i fedeli che si sono allontanati dalla Chiesa e dalla pratica religiosa e cercano la loro realizzazione personale nel godimento passeggero dei beni della società di consumo.

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Anna Raisa Favale

Quando però si sostituisce la fede con qualche forma di pensiero tipo “Vivi come se Dio non esistesse”, allora la vita perde l’aspettativa dell’aldilà, che le dà senso e finalità. Di fronte alla mancanza di valori spirituali, alcuni di quelli che prima si erano distanziati dalla Chiesa hanno deciso di tornarvi per recuperare la fede in Dio e la speranza della vita eterna.

La fede è necessaria alla salvezza, e dev’essere accompagnata dalle opere buone. I nostri desideri di fare cosa gradita a Dio si possono concretizzare nella preghiera quotidiana, nell’assistenza alla Messa domenicale e nel rispetto delle feste, nell’accostarsi frequentemente ai sacramenti e nel cercare di essere gentili e servizievoli con chi ci circonda.

La fede nel Signore e l’appartenenza alla sua Chiesa sono doni che dobbiamo conservare al di sopra di tutto. Personalmente ringrazio Dio per la fede ricevuta, e con piena gioia e soddisfazione posso dire che quello che apprezzo di più in questa vita è il fatto di essere cristiano e cattolico.

Prego per voi, e perché la vostra fede cresca ogni giorno di più!

Qui l’articolo originale pubblicato su Catholic Link.

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