di padre César Ruiz, missionario comboniano
Un giorno, il mio migliore amico era pensieroso, e con una certa preoccupazione mi ha detto: “César, io non credo”. Gli ho risposto “Dai, avrai qualche dubbio come tutti!”, ma ha insistito: “No, no, non credo… ma mi piacerebbe credere”. Allora gli ho detto: “Beh, fai come se credessi”.
Mi ha risposto: “Ma sarebbe un’ipocrisia”. In seguito, spinto dal desiderio di aiutare il mio amico a recuperare la fede e il senso della vita, ho iniziato a leggere qualche articolo sull’esistenza di Dio. A mo’ di introduzione ho trovato una parabola del teologo presbiteriano John Hick che riflette l’atteggiamento di credenti e non credenti.
Parabola di John Hick
“Due uomini avanzano insieme lungo una strada. Uno di loro è convinto che quel percorso conduca alla città celeste, mentre l’altro sostiene che non porta da nessuna parte. Visto che non c’è altra strada, però, viaggiano insieme. Nessuno dei due ha mai percorso quell’itinerario, e per questo nessuno può dire cosa troverà dietro ogni curva. Durante il viaggio vivono momenti facili e gioiosi, ma anche momenti difficili e pericolosi.
Per tutto il tempo, uno di loro pensa al viaggio come a un pellegrinaggio alla città celeste.
Interpreta i momenti gradevoli come stimoli, e gli ostacoli come prove. Lezioni di perseveranza, preparate dal re di quella città e destinate a fare di lui un abitante degno del luogo verso il quale si è incamminato.

L’altro, però, non crede a nulla di questo, e considera il viaggio una marcia inevitabile e senza obiettivo.
Visto che non c’è opzione, si gode il bene e sopporta il male. Per lui non esiste alcuna città celeste da raggiungere, né una finalità che dia senso al suo viaggio. Esistono solo il cammino e le sue vicissitudini, nel bene e nel male.
I due non hanno aspettative diverse su quello che incontreranno sul loro cammino, ma solo sulla loro destinazione ultima. Svoltando l’ultima curva si vedrà che uno ha avuto per tutto il tempo ragione, e che l’altro si era sempre sbagliato”.