Dopo aver ricevuto a Medjugorie il messaggio che ha funto da scintilla al suo cambiamento, la madre ha riposto nell’armadio gli abiti neri che portava per il figlio Elie.
Dopo la morte del figlio Elie, Minerva Tannouri ha vissuto un profondo dolore rimasto nel suo animo per lunghi anni; era il più grande dei dolori.
Avevo già perso quattro persone della mia famiglia, ma la tragedia più grande è stata la perdita di mio figlio Elie, che aveva 21 anni e che è stato vittima di un incidente automobilistico con un camion che l’ha ucciso durante un suo viaggio a Beirut.
L’abbiamo incontrata e le abbiamo posto altre domande.
Come ha ricevuto queste notizie?
Dopo che mio marito, mia sorella e mio nipote furono messi al corrente della notizia, hanno spento i loro telefoni. Allora ho capito che era capitata una catastrofe a mio figlio, venuto al mondo dopo sette anni di attesa. Quando è arrivato a casa, mio marito mi ha raccontato quel che era capitato, e io sono svenuta per lo choc. In quel momento sono cominciati i tornanti del mio cammino.
Come è stato l’ultimo addio?
Ero stordita da sedativi. L’ultimo saluto a Elie è stato come un matrimonio perché ci siamo curati dei più piccoli dettagli: abbiamo decorato con dei fiori, organizzato un grande aperitivo e ingaggiato una corale.
Gli ripetevo: «Perdonami, figlio mio, se ti qualche volta ti ho trascurato o imbarazzato». Gli ho chiesto perdono e poi l’ho baciato. Non potevo credere a quel che capitava! Stavo sognando? Era solo un incubo che stava per svanire? Sette anni dopo, ero sempre annegata in un mare di lacrime, tristezza e dolore. Conservo sempre i suoi disegni e tutti i giorni accendo ceri per la sua anima. Benché abbia perdonato l’uomo che ha causato la sua morte, mi sono isolata da tutti fino al giorno del mio viaggio. Il pellegrinaggio a Medjugorie mi ha cambiato la vita.
Che cosa le è successo lì?
Devo ringraziare la mia amica Najat, che ha vinto un premio per la sua partecipazione a un programma televisivo che ha coperto le spese del viaggio. Quando mi sono recata in quel luogo incantato, oasi di pace, ho chiesto alla Santa Vergine di mandarmi un segno: «Se mio figlio è con te, cambierò le mie vesti dopo sette anni di lutto e tristezza». E la sorpresa è stata quando ho ricevuto una lettera che avevo trovato sotto la porta della mia camera. In quell’istante, ho sentito una pace nell’anima perché ho compreso che il Signore ascolta anche i più piccoli desideri. Quel messaggio fu la causa principale del mio passaggio dal lutto alla gioia.
Che cosa conteneva quel messaggio?
«Cara Minerva, comprendo bene il suo dolore perché ne ho vissuto uno analogo quando mio figlio è stato crocifisso, prima di risorgere; e adesso le do la forza per continuare la sua vita. Lei mi è molto cara ed è insostituibile nella vita di molte persone. Il nero è prevalso per sette anni; non dimentichi che il numero sette è un segno di vittoria. Questo viaggio la aiuterà a nascere di nuovo e le permetterà di indossare abiti bianchi in segno di risurrezione. Il mio cuore puro l’accompagnerà in tutte le tappe della sua vita. Comprendo bene il suo dolore, per questo sarò sempre al suo fianco». E recava in calce a mo’ di firma: «Questo messaggio è stato scritto da una persona che la ama».
La lettera mi ha toccata: ha risposto alla domanda che avevo posto alla Santa Vergine. Ho veramente avuto l’impressione che si rivolgesse a me assicurandomi che mi accompagnava nei miei dolori, che condivideva la mia croce e che mi mostrava la via della risurrezione.
Più tardi mi è stata rivelata l’identità dell’autrice della lettera: era una partecipante al pellegrinaggio, con la quale avevo stretto amicizia dopo il nostro ritorno a Beirut. Le ho raccontato che la sua lettera era stata un vero segno celeste e una risposta alle mie domande. Ho pure ricevuto un altro segno grazie all’apparizione della Vergine nostra Madre, il 12esimo giorno del mese durante il quale avevamo viaggiato, e cioè nell’anniversario di mio figlio. Così ho deciso di porre fine al lutto e di partecipare di nuovo a matrimoni e ad altre occasioni dove m’invitassero.
Insomma, ero sicura che mio figlio fosse in Cielo tra gli angeli, e che il Signore mi dava la forza di portare la mia croce. Ho pure sperimentato quanto sia vero che lo Spirito intercede per noi «con gemiti inesprimibili» (Rom 8,26). Ringrazio Dio per la sua presenza nella nostra vita e la Vergine Madre per il suo affetto e il suo amore.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]