Attenzione! Le frasi del pontefice sulla “autonomia” della coscienza vanno inserite nel contesto del suo pensiero che si rifà a Guardini e osserva con attenzione a Ratzinger
Due visioni molto diverse della coscienza che, in apparenza, potrebbero avvicinare Papa Francesco…niente di meno che al boia delle Fosse Ardeatine, Erik Priebke. Può sembrare il più clamoroso dei paradossi eppure alcune affermazioni del pontefice si potrebbero riprendere per giustificare in qualche modo l’azione del colonnello sanguinario del Terzo Reich.

“Ciascuno ha una sua idea di bene e male”
Tutto nasce con un’intervista del Papa a Eugenio Scalfari (La Repubblica, 1 ottobre 2013), in cui alla domanda “Santità, esiste una visione del Bene unica? E chi la stabilisce?”, segue la risposta: “Ciascuno di noi ha una sua visione del Bene e anche del Male. Noi dobbiamo incitarlo a procedere verso quello che lui pensa sia Bene”.
Al successivo commento (“Lei, Santità, l’aveva già scritto nella lettera che mi indirizzò. La coscienza è autonoma, aveva detto, e ciascuno deve obbedire alla propria coscienza. Penso che quello sia uno dei passaggi più coraggiosi detti da un Papa”), Il Pontefice ribadì la precedente affermazione:
“E qui lo ripeto. Ciascuno ha una sua idea del Bene e del Male e deve scegliere di seguire il Bene e combattere il Male come lui li concepisce. Basterebbe questo per migliorare il mondo”.

Priebke e la sua “certezza di coscienza”
Pochi giorni dopo Priebke morì. Creò scompiglio la pubblicazione del suo “testamento” in cui affermava di non rinnegare il suo passato, così come pure i suoi ideali e la sua visione del mondo. In tali affermazioni parecchi riscontrarono un’assonanza con quanto affermato precedentemente dai membri delle SS naziste che giustificarono il loro operato dicendo di aver agito in assoluta certezza di coscienza.
“Nessuna assoluzione per il criminale nazista”
«Le idee di Erich Priebke – osserva Padre Pietro Messa, preside della Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani – sembrerebbero quasi trovare una giustificazione nella precedente intervista al Papa in cui si afferma che “ciascuno ha una sua idea del Bene e del Male e deve scegliere di seguire il Bene e combattere il Male come lui li concepisce”. Quindi un’autonomia della coscienza che giustificherebbe anche l’eccidio delle Fosse Ardeatine! Ma certamente papa Francesco non volle assolutamente “assolvere” ogni malvagità banalizzando il male».
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I due riferimenti del Papa
Ecco quindi l’importanza di leggere le parole del Papa, così come in generale di ogni persona, «nel contesto più ampio non solo del discorso o scritto di cui fanno parte – sottolinea Messa – ma della globalità del suo pensiero in cui la dimensione ecclesiale non è secondaria».
Per questo motivo, volendo comprendere appieno la differenza tra quanto a pochi giorni di distanza fu scritto nella intervista a papa Francesco e scrisse nel testamento Erich Priebke, sono essenziali i pensieri sulla coscienza dell’allora cardinal Joseph Ratzinger nel 1991 e soprattutto Romano Guardini, autore molto caro a papa Bergoglio. Il futuro pontefice scrisse la tesi di dottorato in teologia, a Francoforte nel 1986, proprio sul pensiero del teologo italo-tedesco.

La coscienza e il bene
Dunque la visione di Papa Francesco affonda le sue radici in un’idea coscienza fortemente connessa a quello di bene. Non è una visione connessa ad azioni malvagie come l’uccisione di innocenti in pieno Priebke. Guardini ne “La Coscienza”, chiarisce proprio la relazione tra la coscienza e il bene. «Il bene non è campato in aria, quasi estraneo, in uno spazio inaccessibile. Il bene è in relazione con me; mi tocca. C’è in me qualche cosa che per sua natura risponde al bene, come l’occhio alla luce: la coscienza».
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Non centra il temperamento
Ecco perché non si può ridurre la coscienza «ad una questione di temperamento, e quindi contrapporre all’uomo “morale” un uomo “amorale”, oppure ridurre la coscienza a un prodotto della storia o dell’ambiente sociale. Così essa sarebbe qualche cosa che è maturata a poco a poco, che si è acquistata con l’educazione e che potrebbe anche scomparire di nuovo». Invece esiste in noi «quel supremo qualche cosa, che è in relazione col bene, che risponde al bene come l’occhio alla luce. E’ lì l’essenza della coscienza».
Il bene eterno
Che cosa sia il bene, che domanda di essere tradotto in atto, «risulta chiaramente da ciò che di volta in volta deve compiersi» e varia a seconda delle «situazioni» in cui ci si imbatte. «Il fare il bene equivale perciò ad una vera creazione. Non è semplice esecuzione di un ordine, ma attuazione creatrice di qualche cosa che ancora non è». La coscienza è «l’organo, che trae l’interpretazione del comandamento del bene, eterno e sempre nuovo, dai fatti concreti». L’organo col quale «sempre di nuovo si riconosce in qual modo il bene eterno ed infinito debba venir attuato nella specificazione del tempo. È un obbedire e al tempo stesso un creare; un comprendere e un giudicare; un penetrare e un decidere».
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L’incontro con Dio
Coscienza come la conoscenza del bene: questa è l’equazione su cui si muove il pensiero di Guardini e del suo “ammiratore” Bergoglio. Ed è su questa equazione che si innesta l’incontro con Dio. «Il bene non è una “legge” che pende affissa da qualche parte – ragiona Guardini – non un concetto campato in aria. No, esso è qualche cosa di vivo, è la pienezza di valore dello stesso Dio vivente. La santità del Dio vivente: ecco il bene». Quindi attraverso il bene, la coscienza “incontra” il Signore.