Fatti deplorevoli che rappresentano una sfida al di là dell’aspetto legale. A cosa rispondono? Quale dev’essere l’atteggiamento pastorale della Chiesa?Di recente ha fatto notizia in Spagna la profanazione di un tempio cattolico – la chiesa parrocchiale di San Pedro a La Felguera (Asturias) –, diffusa ampiamente dai mezzi di comunicazione perché in questa occasione non ci sono solo le immagini della devastazione, ma anche la registrazione delle telecamere di sicurezza.
Cuatro chicas profanan la iglesia de San Pedro de La Felguera, en Asturias, y prenden fuego al altar.
Es muy grave enseñar a parte de la juventud a odiar, a destruir y ofender todo lo que no les gusta, en vez de a respetar y convivir.
Bien sabemos qué partidos alientan ese odio. pic.twitter.com/HcXCRwNlyq— Guaje Salvaje (@GuajeSalvaje) February 23, 2020
Quattro ragazze a quanto sembra hanno dato fuoco alla tovaglia d’altare e hanno danneggiato alcune parti dell’edificio, oltre ad altri oggetti – microfoni, libri liturgici… –, per 20 lunghi minuti poco dopo mezzogiorno, mentre la chiesa rimaneva aperta anche se vuota.
Senza cattive intenzioni?
“I fedeli sono spaventati, preoccupati o addolorati”, ha dichiarato il parroco. Un fatto con queste caratteristiche, anche se non arriva ad essere una profanazione di tipo sacrilego, offende i credenti, che vedono aggredito uno spazio sacro, un luogo di incontro con Dio nel raccoglimento della preghiera e di incontro con i fratelli nella celebrazione della fede.
Ogni volta che ci troviamo di fronte a un’aggressione di questo tipo sorgono le domande: a cosa è dovuto? A volte può essere un atto intenzionale di un gruppo satanico o di qualche tipo di pratica rituale, con propositi chiaramente sacrileghi e di danneggiare la Chiesa come comunità (al di là della chiesa concreta). E così si verifica la profanazione dell’Eucaristia custodita nel tabernacolo o di immagini sacre ed elementi liturgici.
Altre volte il movente è meramente materiale, con il conseguente furto di oggetti di valore, denaro, opere d’arte…, o da parte di persone che hanno studiato attentamente il tempio, i suoi elementi preziosi e le mancanze nella sicurezza, o da parte di ladri che agiscono rapidamente per portarsi via quello che a prima vista è più appetibile.
In questa occasione la ragione sembra chiara, visto che il fatto è registrato: secondo la persona che ha scoperto i danni in chiesa, le giovani “non avevano l’intenzione di rubare. Una delle ragazze stava parlando al microfono, si sedevano sull’altare, e in un momento della registrazione si vedono anche ballare, come per scherno”.
Non è un fatto isolato
Richiama l’attenzione la banalità con cui hanno agito, non dimostrando né il minimo rispetto che si deve a qualsiasi luogo, né la sensibilità nei confronti di uno spazio considerato sacro, in questo caso dai cattolici. La mancanza di civiltà è chiara, e merita riprovazione.
Possiamo però guardarci intorno e vedere altri esempi di vandalismo in luoghi religiosi. Basta l’interminabile lista di chiese, eremi, santuari, cappelle… usati come base per i graffiti. Perfino i cimiteri sono a volte oggetto di aggressioni, com’è accaduto qualche giorno fa a Osséjà (Francia), dove due adolescenti di 13 anni hanno danneggiato una trentina di tombe semplicemente perché passavano di là e hanno pensato di farlo.
Alcuni possono anche parlare di una “moda”. È forse esagerato, ma è vero che si è perso il rispetto dei luoghi di culto, di qualsiasi religione siano. Si tratta di anticristianesimo nel caso delle chiese o di islamofobia quando si tratta di moschee?
Ci saranno casi in cui è presente un sentimento antireligioso, e bisogna stare attenti per individuare i responsabili e capire cosa si nasconde dietro, perché possono esserci gruppi che diffondono odio e intolleranza nei confronti di qualche religione determinata (o di tutte).
Altre volte ci troveremo davanti a un puro e semplice vandalismo, che ferisce particolarmente perché attenta contro il mondo delle convinzioni, tanto importante per le persone che configurano la propria vita in base all’adesione all’una o all’altra forma di trascendenza.
La risposta dei credenti
L’atteggiamento di qualsiasi persona religiosa non può essere quella del revanscismo o delle ansie di vendetta. Questo contraddice qualsiasi idea credente della compassione, del perdono o della misericordia, il che non è in contrasto con il fatto che si denuncino questi atti e si chieda giustizia, necessaria per una vita sociale ordinata e pacifica.
Se parliamo in concreto della Chiesa cattolica, la risposta è chiara, e si trova nella persona stessa di Gesù, che come Figlio di Dio è la pienezza della rivelazione. I suoi atti e le sue parole – in questo caso anche i suoi silenzi – sono lo standard d’azione per i suoi seguaci, e quello che essi stessi offrono agli altri come proposta di vita nuova e alternativa.
A cosa mi riferisco? Ai suoi atti di perdono e misericordia nei confronti dei peccatori. Grandi peccatori, persone malvagie che sono state guardate con amore e tenerezza da Cristo e hanno ricevuto il dono del perdono e quello della conversione.
Mi riferisco anche alle sue parole, condensate nel Discorso della Montagna, in cui ha chiamato beati i miti, i pacifici, i perseguitati, e in cui ha pronunciato il proclama più controculturale della storia dell’umanità, andando al di là di qualsiasi morale razionale: “amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano” (Mt 5, 44), e “non contrastate il malvagio; anzi, se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l’altra” (Mt 5, 39).
Anche i suoi silenzi hanno molto da dirci. Soprattutto il grande e lungo silenzio di Gesù nella Sua passione e morte, rotto appena da poche parole… Il silenzio del Verbo incarnato che si lascia uccidere, si rende vittima dell’ingiustizia e del peccato per restaurare la giustizia e la grazia. Questa è la grande risposta di Dio alla violenza umana, anche a quella a cui non troviamo senso. La risposta divina allo scherno gratuito e alle aggressioni immeritate.
Cosa deve fare la Chiesa?
La Chiesa, i cattolici – e tutti i cristiani – devono insegnare il rispetto dei luoghi di culto e prendersene cura. Dare testimonianza, con il nostro atteggiamento quando vi stiamo dentro, di quanto siano importanti le chiese per noi, con i gesti, il silenzio e l’adorazione. A volte abbiamo importanti deficit in questo senso: se chiediamo rispetto, iniziamo noi a rispettare la casa di Dio.
E quando, come abbiamo visto, si verificano aggressioni vandaliche, scherno e distruzione? Rispondere agli autori con la misericordia: quella Chiesa la cui chiesa è stata danneggiata – perché era aperta o perché è stata violata – ha e avrà sempre le porte aperte per loro. L’atteggiamento della comunità cristiana dev’essere sempre pastorale e materno.
Bisognerà chiedersi cosa ci sia nel cuore di quelle persone, soprattutto quando sono giovani, perché agiscano così nella vita o lo facciano in forma particolarmente violenta quando si tratta della Chiesa. Va presentato loro il messaggio sempre nuovo del Vangelo, che riempie il cuore e offre un progetto di vita piena: la salvezza.
Nella sua esortazione Christus vivit, Papa Francesco propone alla Chiesa due atteggiamenti di fronte ai giovani di oggi: “la capacità di individuare percorsi dove altri vedono solo muri” e “il saper riconoscere possibilità dove altri vedono solo pericoli” (n. 67). Molti di loro hanno grandi ferite, e lì dev’essere presente la nostra risposta: “Gesù, pieno di vita, vuole aiutarti perché valga la pena essere giovane” (n. 109).