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Allontanandoci da ciò che conta ci condanniamo all’Inferno, già sulla terra

PRAY

everst|Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 02/03/20

Moriamo un po', tutte le volte che non siamo capaci di ritrovare l'essenza della nostra vita, tutte le volte che non ci accorgiamo di nostro fratello e restiamo prigionieri del nostro io. L'inferno è ogni volta che siamo lontani da ciò che conta, già su questa terra.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri,
e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito?
E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?
Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli.
Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me.
E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna».

Matteo 25,31-46

Tutti siamo sempre spaventati dall’esperienza della fine. Il pensiero della morte è una paura inconfessata che abita nel cuore di ogni uomo. E lo è perché in fondo non sappiamo nulla di quel momento, né cosa ci aspetta. Il Vangelo di oggi prende di petto esattamente questo mistero e getta luce su quel buio raccontandoci con precisione su cosa dovremmo fare i conti. In termini cinematografici dovremmo dire che il Vangelo di oggi fa spoiler del finale, ma in realtà è proprio sapendo il finale che noi possiamo vivere diversamente la nostra vita. È infatti nelle parole di questo finale che possiamo ripensare l’essenziale del viaggio della nostra esistenza:

Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.

Ciò che conta è essersi accorti del fratello che ci è accanto, perché solo quando ti accorgi che esiste qualcosa di diverso da te stesso allora sei libero da quel grande inferno che è l’egoismo. In fondo chi è troppo concentrato su di sé non riesce mai ad essere felice, è troppo occupato a riempire gli spazi vuoti che lo abitano per accorgersi che ci sono anche altre cose. La carità non è solo un modo di fare del bene agli altri, ma è la grande liberazione di chi è imprigionato e impantanato nel proprio io. Chi non si esercita in questo riconoscimento dell’altro, soprattutto quando soffre, condanna se stesso a una maledizione che lo lascia imprigionato in una perenne lontananza da ciò che conta. Questo è l’inferno: essere lontani da ciò che conta.

Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli.

La lontananza, la maledizione, il fuoco, non sono altro che il tentativo di descrivere l’aver perso ciò per cui vale la pena vivere: è il fratello che abbiamo accanto, non il nostro “ego”.

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