Quando cerchiamo di insediarci in questa vita come se fosse l'unica cosa esistente, sorgono i problemi
Il grande frate domenicano britannico Bede Jarrett ha offerto una volta una serie di conferenze quaresimali sul tema “Non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura” (Ebrei 13, 14). “Se state viaggiando”, spiegava, “il segreto di un viaggio felice è ricordare sempre di essere viaggiatori”. La tentazione, ovviamente, è quella di insediarsi in questa vita, di fingere che il “qui e ora” sia tutto ciò che c’è o che ci sarà.
In questa vita, però, non c’è possibilità di “riposare” in modo permanente. Siamo chiamati a progredire, a perseguire Cristo al di sopra di tutto, e tuttavia le tentazioni restano: a rimandare, a perdere tempo, ad essere stagnanti.
Tra le tante tentazioni perniciose che si annidano nei corridoi oscuri della nostra anima, tre sono attualmente particolarmente nefaste.
La prima tentazione è quella di dubitare perennemente del potere di Cristo. “Sono sempre stato così”, ci diciamo. Ci aggrappiamo alle ombre e alla tenebre, preferendo il conforto del nostro fallimento alla chiamata evangelica alla conversione.
Papa Francesco ci avverte del fatto che in questa mentalità si può insediare una sorta di tristezza, “che rende sterili tutti i tentativi di trasformazione e conversione, propagando risentimento e animosità. «Questa non è la scelta di una vita degna e piena, questo non è il desiderio di Dio per noi, questa non è la vita nello Spirito che sgorga dal cuore di Cristo risorto»”. I Padri del Deserto chiamavano questo tipo di tristezza accidia.
L’accidia è una sorta di concentrazione su se stessi che si può curare solo svegliando l’anima dal suo sonno. Dev’essere combattuta volgendosi devotamente alle pratiche ascetiche della Quaresima: digiuno, più preghiera, aumento dell’elemosina. Le pratiche quaresimali combattono il disinteresse e la trascuratezza del cuore.
Secondo Santa Teresa di Lisieux, “meditare cupamente sulle nostre imperfezioni paralizza la nostra anima”. Ogni mancanza, ogni tentazione, ogni dispiacere della vita dev’essere presentato a Cristo, che li conquista. Per il Piccolo Fiore, le sue mancanze aumentavano la fiducia nell’opera di Gesù nella sua vita.
“Affido le mie infedeltà a Gesù, perché nel mio audace abbandono a Lui credo che in questo modo otterrò un potere maggiore sul Suo Cuore e attirerò più pienamente il Suo amore, che è venuto a chiamare non i giusti, ma i peccatori”.
Nella sua accezione peggiore, l’accidia proibisce al cristiano di godere la gioia del Signore. L’accidia può provocare asprezza nel gustare le cose spirituali. Le devozioni e le pratiche religiose che una volta ci alimentavano vengono perfino disprezzate a causa dell’accidia.
Cristo è sempre disposto a donare il potere di conquistare questo sonno. Come dichiara San Paolo, “per l’ubbidienza di uno solo, i molti saranno costituiti giusti” (Romani 5, 19). Cristo vuole svegliare la nostra anima: “Risvègliati, o tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti inonderà di luce” (Efesini 5,14).