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Il Papa rivela come ha accompagnato nell’agonia un suo amico vescovo

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Tv 2000

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 28/02/20

L'aneddoto raccontato su Tv 2000

«Lascia, lascia, lasciati andare, hai fiducia, non ha senso prenderti ancora un pò in questa vita. L’ho animato a spirare e se ne è andato. E’ bello, mi ha fatto assumere proprio la realtà della morte».

Jorge Mario Bergoglio, allora arcivescovo di Buenos Aires, sta parlando ad un suo collego, un giovane vescovo argentino. L’uomo è ricoverato da giorni in una clinica, ormai in agonia. Il futuro Papa gli parla pochi minuti. Poi il vescovo spira, come se Bergoglio lo avesse accompagnato, in modo sereno, verso la morte.

Papa Francesco ha raccontato questo aneddoto durante una puntata della trasmissione Io credo, andata in onda su Tv 2000 e condotta da Don Marco Pozza.




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Simulare il trapasso

Più volte il Papa è intervenuto, anche in modo singolare, sul tema della morte. Ha ammesso, infatti, di aver fatto l’esercizio della “buona morte” e ha raccontato in cosa consiste. In pratica si “simula” il momento del trapasso, quando si sente il corpo venir ormai meno. In quell’istante si stimolava questo esercizio:

«Si cominciava a chiedere pietà al Signore, ma c’era proprio la descrizione del momento della morte. Quando incomincia il sudore: “Gesù misericordioso, abbi pietà di noi..”. Quando manca il respiro: “Gesù misericordioso, abbi pietà di noi…”. Era tutto un po’ tetro. Ma si usava così a quel tempo, era realistico».

“Abituarsi al fatto di dover morire”

Il significato della “buona morte”, ha evidenziato il Papa, consisteva nell’ «abituarsi al fatto di dover morire. C’era anche un esercizio spirituale: pensare alla propria morte. Fare quell’esercizio durante la giornata, per sottolinearne la normalità. Ci raccontavano di san Domenico Savio, a cui, mentre giocava coi compagni, avevano chiesto: “Se in questo momento il Signore ti dicesse che stai per morire, cosa faresti?”. “Mah, continuerei a giocare” aveva risposto lui. Per un santo, la morte è così naturale da non modificare per niente la normalità della vita».




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