C’è sempre una dimensione di custodia e di comprensione che contraddistingue l’amore.di Robert Cheaib
Abbiamo parlato d’amore la volta scorsa e ho voluto proporvi alcuni parametri per vivere l’amore. Vorrei lanciare qui una sfida che ci viene dall’antichità: la virtù cardinale della temperanza. È una virtù che esaltavano sia i filosofi greci, sia i padri del deserto. Sant’Antonio abate, infatti, spiegava che tante persone, che iniziavano bene sulla via della virtù, cadevano dopo in maniera rovinosa perché non erano temperanti. La temperanza è la chiave di esercizio delle due qualità dell’amore che vi avevo accennato la volta scorsa: tenerezza ed esigenza. Parliamo questa volta di tenerezza. C’è chi intende la «tenerezza» come fare «la crocerossina» o «lo psicologo» dell’altro. Niente di tutto ciò. Un amore alla prova della realtà deve essere realista e chiaro. Non deve avere un piede in due scarpe. Non si può essere al tempo stesso il fidanzato e lo psicologo di una persona o la sposa e la mamma. Ciò detto, c’è una dimensione di custodia, di comprensione che contraddistingue l’amore.
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La «tenerezza» non è il “tenerume”. Mi piace spiegarla usando l’analogia di un sano grembo materno. La Scrittura, infatti, usa questo stesso termine per parlare della tenerezza di Dio. Quando in ebraico parla della tenerezza di Dio, i termini usati suonerebbero così: Dio ha un amore che è come un utero materno. Ora, l’utero custodisce l’altro, ma non lo vizia. L’utero sa come prendersi cura dell’altro senza soffocarlo con l’eccesso. L’utero sa anche quando è il momento di esercitare le contrazioni del parto, ovvero ciò che chiamo “esigenza”. Dall’analogia impariamo che dobbiamo custodire l’altro, concepire con lui il suo potenziale, essere custodi del suo animo e dei suoi talenti. Siamo chiamati – reciprocamente -a partorirci a vicenda, ad essere artigiani della vocazione reciproca.
Papa Francesco ci ricorda in Amoris Laetitia, l’Esortazione apostolica post-sinodale dopo i due Sinodi sulla famiglia del 2014 e del 2015, che l’amore è appunto artigianale perché in esso l‘uomo aiuta la donna a essere più donna e la donna aiuto l’uomo a essere più uomo.
Ciò che modera la tenerezza è appunto l’esigenza. Quest’ultima è il suo guardiano dagli eccessi di sorta. Anche quest’ultimo termine è fraintendibile, per questo merita di essere spiegato la prossima volta.
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