Lo ha annunciato trionfalmente la moglie il giorno di San Valentino su Instagram: “Siamo ufficialmente una famiglia completa”.Il cantante Robbie Williams è diventato papà per la quarta volta, lo ha annunciato la moglie Ayda Field sul suo profilo Instagram il giorno di San Valentino, postando una tenera foto con quattro paia di piedini. I più piccoli? quelli del nuovo arrivato: Beau Benedict Enthoven Williams, nato come la penultima di casa Williams, Colette (17 mesi), da madre surrogata. Ecco il testo del messaggio:
Trovate le differenze… In questo giorno di San Valentino, abbiamo voluto celebrare il nostro amore nel modo più bello: Beau Benedict Enthoven Williams. Come nel caso di Coco, dal punto di vista biologico è nostro, ma è nato attraverso una madre surrogata. Ci sentiamo fortunati ad avere nostro figlio in salute e al sicuro fra le braccia. Siamo ufficialmente una famiglia completa.
Quando le star fanno questi annunci sui social pubblicando immagini dolcissime e contornando il tutto con cuoricini e tenerissimi hashtag, mi cresce nel cuore il timore che prima o poi non solo ci abitueremo a questo inconcepibile e crudele modo di mettere al mondo delle vite, tramite l’utero in affitto, ma ci sembrerà in fondo anche cosa buona. “Viene alla luce una persona”, “ognuno ha fatto la sua parte”, “ciascuno ha donato qualcosa”, “sono adulti che agiscono nella libertà”, ripetono con assoluta tranquillità molti, come se si trattasse di crowdfunding e non dell’accadere misterioso e prepotente dell’esistenza. Un pezzo di qua, uno di là, si frulla il tutto e si mette da un’altra parte ancora: nel ventre di una donna che è portatrice e non madre. Come se tale distinzione fosse mai possibile!
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Sono adulti, è vero, ma solo tre dei componenti del contratto, perché al centro, protagonista completamente dimenticato, c’è il bambino. Ma lui non pare avere alcun diritto, di lui nessuno parla come fosse solo necessario a completare un bel quadretto: “Siamo ufficialmente una famiglia completa”, scrive infatti la signora Williams. Un bambino venuto alla luce in questo modo, e così presentato mediaticamente, perde quasi la sua realtà come individuo per diventare soltanto un soggetto instagrammabile ed idealizzato, avulso da qualunque radice generativa.
Scompaiono infatti, in un colpo solo, l’atto d’amore del concepimento, la gravidanza con tutte le gioie e le sue ansie, le doglie, il parto, la memoria biologica che lega madre e figlio durante i nove mesi di gestazione bruscamente interrotta subito dopo la nascita.
Per quanto nel messaggio la moglie del cantante sottolinei la totale appartenenza biologica del bambino alla loro coppia, non possiamo non ricordarle, e rammentare a noi stessi, quanto di profondamente biologico si realizza attraverso lo scambio placentare tra madre e figlio, in grado anche di influire sull’espressione del patrimonio genetico trasmesso dai due gameti. Per cui il bambino nato da questi tre adulti, non sarebbe esattamente lo stesso se la gestante fosse stata una donna diversa da quella che l’ha tenuto in grembo.
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L’utero non può essere considerato una “macchina” gestazionale dove si realizza semplicemente lo sviluppo rigidamente predeterminato di un individuo, ma il “luogo” in cui due esseri comunicano profondamente a livello fisico e psichico.
Come possiamo ritenere, anche solo ragionando con il buon senso, che questi bambini così programmati e “prenotati” non subiscano alcun effetto traumatico dallo scoprire “il buco nero” che ha caratterizzato la loro nascita?
Basterà “l’amore” di cui parla la signora Williams a fare da antidoto? Non credo, riconoscendomi nelle parole che con grande lucidità la scrittrice Susanna Tamaro ha pronunciato nel 2017 alla Camera dei Deputati su questo argomento:
Che poi quel prodotto un giorno si trasformi in una persona non è poi così importante. Basta l’amore. Ma un giorno, passata la fase festosa del cucciolo scodinzolante, quell’essere assumerà la sua natura umana e comincerà a guardarsi nello specchio e a interrogarsi.