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Sapete perchè a “Gesù” è stato assegnato proprio quel nome e non un altro?

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don Marcello Stanzione - pubblicato il 19/02/20

Il culto per il nome di Gesù è attestato almeno dal 1274: il secondo concilio di Lione, infatti, prescrisse un atto di riverenza ogni qualvolta nella liturgia veniva pronunciato il nome del Redentore

Per ben comprendere l’importanza che la Scrittura attribuisce al nome, bisogna tenere conto delle concezioni comuni a questo proposito nell’Antico Testamento. Il nome di un essere esprime il suo ruolo o la sua natura e il nome dato al bambino al momento della sua nascita si ritiene che dica qualcosa di essenziale sulla sua natura e sulla sua persona stessa e sul fine della missione che deve compiere durante la sua esistenza.

Al limite, nel caso di Dio, il Nome è Dio stesso. Del resto, il Nome partecipa dell’efficacia di Dio, tanto che l’invocazione del suo Nome può permettere di ottenere grazie strepitose come quello di scacciare i demoni e gli spiriti maligni.

Miracoli e salvezza

Gesù si rivela il Salvatore mediante atti significativi che consistono nel salvare degli ammalati guarendoli (Mt 9,21; Mc 3,4; 5,23) o nel salvare Pietro che cammina sul mare o i discepoli sorpresi dalla tempesta (Mt 8,25; 14,30).

Ma bisogna vedere qualcosa di più che la salute del corpo: sono soprattutto Luca e Giovanni che insistono sulla salvezza legata alla remissione dei peccati (Lc 7, 48); Zaccheo conosce la salvezza perché si mostra pronto a riparare le sue ingiustizie (Lc 19,9) secondo Giovanni, le pecore non si perderanno, se restano nel gregge del Pastore (Gv 10,28).

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Il “bel nome di Gesù”

Anzi Gesù, è venuto a salvare ciò che era perduto (Lc 9, 56). Se parla lo fa per salvare gli uomini (Gv 5, 34). Ora, nei vangeli figurano dei passi scritturistici secondo i quali i discepoli hanno coscienza di aver compiuto degli atti di potenza grazie al “bel nome di Gesù”.

Per esempio : “Signore, anche i demoni si sottomettono a noi nel tuo nome” (Lc 10,17). Gli Atti forniscono numerosi esempi concreti di guarigioni operate “nel nome di Gesù”. Pietro guarisce l’infermo della Porta bella dicendogli: “Nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, alzati e cammina” (At 3,6).

Giustino e gli indemoniati

Le diverse dichiarazioni dimostrano che, quando gli apostoli agiscono nel nome di Gesù è Gesù stesso che agisce e continua la sua opera di salvezza. Questa convinzione della potenza salvifica legata al nome di Gesù viene espressa anche dagli scritti dell’era patristica.

Giustino, parlando di indemoniati che gli incantesimi dei maghi non possono guarire, dice dei cristiani: “Molti nostri uomini, i cristiani, hanno guarito e guariscono ancor oggi un gran numero di indemoniati nel mondo intero e anche nella vostra città, esorcizzandoli nel nome di Gesù Cristo, crocifisso sotto Ponzio Pilato; essi annichiliscono e cacciano via i demoni che possiedono gli uomini”. Ireneo offre delle formulazioni simili, per esempio:

“Nel nome di Gesù Cristo che fu crocifisso sotto Ponzio Pilato [la chiesa ogni giorno riceve da Dio i carismi]. […] Se anche ora il nome del Signore nostro Gesù Cristo assicura benefici e cura […] tutti coloro che in qualunque luogo credono in lui […] è chiaro che divenne uomo visse con la sua creatura e veramente fece tutte le cose grazie alla potenza di Dio”.

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Sinonimo di “Nome”

Negli Atti e nei cosiddetti scritti apostolici ricorre il termine “il Nome” usato in senso assoluto senza determinativo. E’ così che Luca negli Atti riferisce che gli apostoli “se ne andarono via dal sinedrio, lieti di essere stati giudicati degni di subire oltraggi per il Nome” (At 5,41). Ora, in base al contesto, si tratta di un termine per designare Gesù.

I Padri apostolici conoscono questo uso. In effetti Ignazio dice: “Sono incatenato nel Suo nome”. Il Pastore di Erma parla anche di “soffrire per il Nome”. Certo, l’uso assoluto si spiega soprattutto con la glorificazione avvenuta in occasione della resurrezione, ma già prima di Pasqua l’espressione “Nome di Gesù” implica l’idea che egli porta in sé la potenza divina. E’ progressivamente che si è preso coscienza del fatto che è fin dal concepimento che il bambino che doveva chiamarsi Gesù era rivestito della potenza divina.

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By Verena Joy | SHUTTERSTOCK

L’invocazione “memoria di Gesù”

Ciò che già appare nel vangelo dell’infanzia di Luca sarà proclamato dal concilio di Calcedonia; la natura divina si incontra con la natura umana del Cristo in una sola persona, e papa Leone Magno non cessa di ripetere che la nascita di Gesù si spiega completamente mediante il mistero del Verbo che s’è fatto uomo, quindi attraverso il mistero dell’unione tra la divinità e l’umanità in colui che porta il nome di Gesù.

Nella tradizione dell’Oriente cristiano, sin dal IV secolo, è caratteristica la ripetizione del nome di Gesù, spesso definita “via del nome” o “memoria di Gesù”, ossia l’invocazione “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore”. E’ questa una breve e particolare orazione utilizzata agli inizi del cristianesimo dai monaci orientali per rispondere alla sollecitazione della preghiera continua fatta da san Paolo e costituisce, nel contempo, un atto di fede nella divinità di Gesù e un’implorazione di misericordia.


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La celebrazione di Clemente

Il culto per il nome di Gesù è attestato almeno dal 1274: il secondo concilio di Lione, infatti, prescrisse un atto di riverenza ogni qualvolta nella liturgia veniva pronunciato il nome del Redentore. Agli inizi del XVI secolo, Clemente VII concesse la celebrazione di una speciale festa in onore del santissimo nome di Gesù.

Successivamente tale privilegio si estese ad altre congregazioni e diocesi fino a quando Innocenzo XIII, dietro sollecitazione dell’imperatore asburgico Carlo VI, nel 1721 estese all’intera Chiesa la solennità, fissandola per la seconda domenica dopo l’Epifania. In seguito alla Riforma liturgica postconciliare del Vaticano II, è stata inserita nel Messale romano il 3 gennaio come memoria facoltativa.




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