Per evitare di stare sempre a ristagnare tra gli stessi pensieri cupi, e per ritrovare invece una visione più realistica delle cose, la famosissima badessa del XII secolo raccomandava di decifrare bene «quella vocetta critica che abbiamo dentro», e all’occorrenza di farla tacere con alcuni esercizi efficaci.
La maggior parte del tempo, le idee nere, che siano ruminazioni negative oppure una permanente auto-demolizione, si manifestano in modo banale sotto forma di piccole frasi che diciamo a noi stessi, o in forma di riflessioni appena percettibili. Costituite di opinioni spesso inconsce, esse formano un filtro mediante il quale interpretiamo la realtà. Quando questo filtro è negativo, le piccole frasi interiori influenzano le nostre scelte – che si tratti di azioni da intraprendere o di nostre relazioni con gli altri.
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Esse sono tossiche: possono provocare un’emorragia di fiducia che conduce fino all’ansia, alla depressione e ad altre malattie – lo sottolinea santa Ildegarda nei suoi scritti dedicati alla necessaria armonia tra l’anima, il corpo e lo spirito. Per lei, è essenziale prenderne coscienza e venirne fuori. Per questo bisogna individuare quel meccanismo autodistruttivo cambiando in profondità lo sguardo che portiamo su noi stessi. In una lettera indirizzata all’amico, l’abate Bertulfo e citata in un’opera di Hildegard Strickerschmidt, la badessa tedesca sottolinea il pericolo dell’autocritica. Lo descrive così all’amico e omologo:
Mi fate pensare a un uomo che guarda il suo volto nello specchio ma non se ne rallegra, perché è sommerso da dubbi circa la propria bellezza. Il vostro cuore assomiglia allora a un edificio visibile da lontano… ma coperto di foschia […].
La foschia mentale di cui parla sant’Ildegarda è un concetto oggi correntemente utilizzato in psicologia: sotto l’influsso di un umore negativo, siamo incapaci di osservare i nostri tratti in modo positivo. Non siamo spesso insoddisfatti del nostro aspetto, quando ci guardiamo allo specchio? Questo complesso d’inferiorità distrugge la gioia che dovremmo provare davanti a ciò che siamo davvero, e può toccare anche la nostra vita spirituale o intellettuale.
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Nella sua lettera, santa Ildegarda sottolinea la bontà dell’abate, che peraltro è nota a tutti ma della quale egli non si rallegra mai: la vocina interiore gli intossica lo spirito, gli impedisce di far fruttificare i suoi doni. Secondo Ildegarda, l’uomo deve cercare i talenti che sonnecchiano in lui, rallegrarsene e coltivarli, perché Dio ha creato l’essere umano per amore, ne ha fatto il suo compagno, e dopo averlo posto a corona del creato ha considerato quest’ultimo cosa “molto buona”.
Cinque esercizi per ritrovare la fiducia in sé
Per Ildegarda di Bingen l’uomo – specchio di Dio – irradia attorno a sé ciò che ha nel cuore: «L’uomo è una goccia d’acqua attraversata dalle forme del mondo», scrive la poetessa. E allora
avendo Dio solo per fine, l’uomo si avvicinerà alla creazione della Luce. Il centro del centro dell’universo è Cristo, colui che è Dio fatto uomo. Quando l’essere umano ne diventa cosciente, quando ascolta Cristo, quando lo contempla e si unisce a lui, allora ritrova la sua vera identità. Egli guarisce allora dai pensieri foschi, può sviluppare i propri talenti in uno slancio sempre più abitato dalla gioia.
Per giungere a questo traguardo, ecco allora cinque consigli ispirati alle pagine di santa Ildegarda (piccole risoluzioni da attuare non appena la vocetta negativa fa capolino):
- Dio mi ha dato numerosi talenti che voglio tornare a scoprire;
- Vorrei sviluppare i miei talenti in modo creativo e avere maggiore fiducia in me stesso;
- Rifletterò su quel che mi piacerebbe fare o continuare a fare con gioia e con slancio;
- Per questo sono produttivo e chiedo aiuto a tutti i miei prossimi;
- Conto su Dio, che mi accetta e che mi sostiene così come sono. Egli mi ha donato dei talenti, con lui non ho paura: mi abbandono alle sue braccia.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]