Bravissima Renée Zellweger, premiata come miglior attrice protagonista per un'interpretazione intensa e struggente nei panni di Judy Garland: una diva fragile, la cui voce incantò il pubblico anche quando la sua anima era già spezzata.
Ci sono donne che hanno molto da insegnare, mostrandosi per nulla forti e molto poco adeguate, fragili fino alla morte. Judy Garland non era bella come lo sono in modo inarrivabile altre dive; il ruolo che la condannò alla fama lo ebbe dopo che Shirley Temple rifiutò. Non aveva quei riccioli d’oro né il viso altrettanto amabile, aveva pure i denti storti; era una seconda scelta ma per tutti è rimasta la Dorothy del Mago di Oz che canta con voce celestiale Somewhere over the Rainbow.
Fece sognare il mondo intero e fu su quel set che Hollywood cominciò a riempirla di copioni e pasticche, prosciugandola di realtà e affetto. Ebbe la prima crisi nervosa che era bambina, ricevette un Oscar giovanile e perse via via se stessa. Morì a soli 47 anni per un’overdose di barbiturici, dopo così tanti tentativi di suicidio (il più tragico quello in cui si tagliò la gola con un pezzo di vetro).
Un Oscar le è arrivato anche ieri sera, perché Renée Zellweger è stata premiata come migliore attrice protagonista nel film in cui interpreta, semplicemente, Judy. È una carezza postuma che la Garland riceve; penso che avrebbe tanto amato essere guardata come gli spettatori la incontrano in questa pellicola. E a Renée Zellweger va dato il grande merito di essere davvero scomparsa nei panni di questa diva la cui parte più espressiva, oltre alla voce, erano senz’altro gli occhi. Grandi e sempre spalancati; tanto truccati e abbelliti da ciglia finte, quasi per “gridare” ancor di più che erano lì ad aspettare qualche cosa, che non è mai arrivato. Sono quegli occhi che ha donato alla sua figlia maggiore, Liza Minnelli.