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Da dove viene la nostra luce interiore?

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PHOTOCREO Michal Bednarek|Shutterstock

padre Carlos Padilla - pubblicato il 10/02/20

Ho bisogno di una luce più forte che mi faccia credere all'impossibile e mi permetta di vedere Dio dietro l'amore umano

Ho una luce nascosta nel cuore. Un tesoro che brilla e si mostra agli occhi degli uomini. Un cielo limpido. Un sole senza nubi. Una notte di luna piena.

Ho un sorriso dentro che dissipa tutta l’oscurità. Una speranza custodita che è luce per chi non riesce a vedere nulla. Oggi me lo chiede Gesù. Vuole che sia luce nella notte:

“Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli”.

Ci sono persone che brillano solo con la loro presenza. Ci sono e tutto sembra più facile, più bello, più allegro. Una persona diceva: “Ho conosciuto qualcuno che guarisce anziché far male”.

Queste persone hanno luce. I loro occhi brillano, e le loro parole danno gioia. Sorridono quando sono turbati e illuminano quando per loro c’è più oscurità che chiarezza nei loro giorni.

Hanno qualcosa, non so, una luce speciale che cambia il mondo intorno a loro. Mi commuove. Non devono far niente, solo essere se stessi.

Oggi ascolto: “Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, il puntare il dito e il parlare empio, se offrirai il pane all’affamato, se sazierai chi è digiuno, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua tenebra sarà come il meriggio”.

Se allontano da me la minaccia, le parole che feriscono, i gesti aggressivi; se allontano da me le ombre e lascio che il mio cuore illumini ciò che mi circonda, allora sì, sarò luce.

La porto dentro. Non mi viene data da fuori. È nel mio cuore se lascio che si veda, se lascio che sorgano i raggi che illuminano tutto.

Dev’essere un miracolo. Voglio lasciare che la luce di Dio brilli dentro di me, ma le ombre mi opprimono. E io cerco di spegnere l’oscurità a base di sforzi:

“Anche questo lato oscuro represso fa parte di noi, e pretende di tornare alla coscienza. Visto che è sgradevole, proviamo ad allontanarlo con tutta l’energia. Lo facciamo in modi diversi. Ci distraiamo perché non ci infastidisca. Quando torna per imporsi con maggiore contudenza, ci difendiamo con più veemenza. Alcuni si sovraccaricano talmente di attività apostoliche da smettere di sentire gli aspetti oscuri dentro di sé” [1].

Ci sono oscurità represse che tornano a scoppiare con forza quando le mie difese si abbassano, quando le mie forze sono esaurite, quando mi lascio trascinare dal peccato.

Quell’oscurità si rafforza in me e mi riempie di sentimenti di amarezza. Quanto mi lascio trascinare facilmente dalle ombre, dal lato oscuro che ho nell’anima!

Sorge la paura, e anziché permettere che entri la luce chiudo le porte alla sua chiarezza. Mi custodisco temerario e la notte diventa più forte in me. Il lato oscuro diventa potente.

E non posso vincerlo solo con le mie forze limitate. Non riesco ad accendere una luce che spezzi tutto. So che un unico fiammifero può porre fine alla notte nella mia anima. La luce di un unico fiammifero che lotta contro il vento che pretende di spegnerla.

Il mio lato oscuro si alimenta di cattivi pensieri, pessimismi, delusioni, disperazione, paure.

Quel lato oscuro mi fa credere che la menzogna sia verità, e che gli altri non desiderino il mio bene. Mi fa percepire inganni che non esistono e semina una sfiducia che mi allontana dagli uomini. Vedo invidie che non esistono e interpreto male gesti di affetto. Mi lascio trascinare da quel lato oscuro.

A volte voglio lottare contro di esso. Mi sforzo e impiego tutta la mia volontà per reprimere la notte nella mia anima. Ma non ci riesco.

La luce di cui ho bisogno è mia e allo stesso tempo non lo è. Da un lato è mia perché Dio l’ha seminata in me da quando mi ha dato la vita.

Allo stesso tempo, però, quella luce ha bisogno di una luce più potente per continuare a brillare dopo le cadute e le delusioni della vita.

Il fuoco accanto al fuoco resta acceso. Ho bisogno di una luce più forte che mi faccia credere all’impossibile e mi permetta di vedere Dio dietro l’amore umano.

Una luce che accenda la mia. Una luce che dissipi le ombre della mia anima, il mio lato oscuro. Una luce che mi faccia vedere come sono, che mi faccia vedere bello.

Dare luce, avere luce, non è frutto del mio sforzo. Devo solo cambiare il mio modo di guardare e vedere la vita. Leggevo giorni fa:

“Dio non dobbiamo attrarlo o raggiungerlo. Non dobbiamo sforzarci di far sì che venga a noi. È già qui, ma non ce ne rendiamo conto. Non abbiamo bisogno di mostrare una maggiore resa, ma di diventare più ricettivi. Non ci serve una nuova emittente, ma un’antenna per poter reagire di fronte alle onde corte appena percettibili” [2].

Voglio imparare a percepire la sua presenza silenziosa e nascosta. È la luce che si rende presente con infinito rispetto. Posso accoglierla con il cuore grato, o fuggire tra rumori e tentazioni.

Non ho luce se mi allontano dalla luce. Quando mi addentro nel lato oscuro del mio peccato, del mio orgoglio, della mia vanità, della mia paura, smetto di aver bisogno di quella luce dall’alto. Il rumore non mi lascia percepire la sua voce, il suo amore, la sua luce.

Imparare a vivere nella luce è collegato alla mia capacità di vivere in silenzio vicino a Dio. È quello che desidero di più. La sua luce mi dà luce, e l’oscurità del mio peccato mi allontana da Dio.

Oggi chiedo a Gesù di aiutarmi a mettere la mia luce in cima al candelabro perché illumini
molti. Non ho bisogno di luce solo per me. Voglio che la mia luce si diffonda in questo mondo oscuro e lo riempia di vita e di speranza.

[1] Franz Jalics, Ejercicios de contemplación, 52
[2] Franz Jalics, Ejercicios de contemplación, 52

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