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Siamo fatti per essere guardati: spettacolo costante dell’amore di Dio

SUN LIGHIT

Di I_B - Shutterstock

Don Antonello Iapicca - pubblicato il 10/02/20

Quando il Signore ci chiama diventiamo spettacolo per il mondo. Che ha fame di martiri, cioè testimoni.

Siamo fatti per essere guardati. La vita di un cristiano è oggetto di un gossip senza freni. Ci piaccia o no, la nostra vita è come dentro la scena di un reality realissimo e senza finzioni; e tutti sono lì a guardare.

Se il Signore chiama, si diventa spettacolo per il mondo che cerca martiri. Testimoni. Ne ha fame, sono la sua unica speranza. Per questo il loro sangue scorre ininterrottamente da due millenni. La Chiesa è solo se è martire, testimone e annunciatrice dell’amore di Dio, sale e luce per ogni uomo. Per questo la nostra vita non può essere che un martirio, ogni istante e ovunque. Tutto in onda. Tutto in diretta. Non stop. Sino al giorno in cui il Padre ci chiamerà a sé. Che bella la nostra vita allora, meraviglioso perderla per amore, perché il mondo creda e si salvi, compiendo così la volontà di Dio.

Ogni istante è prezioso, un fotogramma dell’amore di Dio donato al mondo intero. La nostra vita per il mondo. Non dobbiamo preoccuparci di fare chissà quali cose. E’ una questione di sale, di essere sale che sala. Il sale infatti è la capacità di soffrire, il segno dell’Alleanza che mostra una fede adulta che non fugge davanti alla croce, che ha pazienza nelle sofferenze, che ne intuisce il senso e vede, trasfigurata nella morte, la risurrezione e la vita. Essere sale e luce significa quindi essere collocati sul monte crocifissi con Cristo, che sulla Croce si è sciolto nella morte di tutti per perdonare ogni peccato; e, risuscitato, ci attira nella sua luce di Pasqua trasformando la nostra vita in un frammento di eternità. Nessuno sforzo moralistico, basta solo camminare nella Chiesa per crescere e nutrire la fede nella quale abbandonarci a Dio perché operi in noi per accendere, tra le nostre ferite, la luce per il mondo.

La storia di ogni giorno, illuminata dalla Parola e della predicazione, provvede a limare, potare, tagliare quanto in noi sia di ostacolo a Lui. Proprio nelle debolezze, nelle difficoltà, nei fallimenti si adempie in noi la missione per la quale siamo nati e chiamati alla Chiesa, perché quando siamo nulla esplode in noi la potenza di Dio che ci fa sale e luce per il mondo mettendoci sul candelabro. L’incontro con un malato in una corsia di ospedale, sereno, anche con un cancro terminale; l’incontro con una mamma che, senza dir parola, fa la spesa con tre, quattro, sette bambini; l’incontro con un collega che fa sempre il lavoro che nessuno vuol fare; l’incontro con un volto radioso, splendente dell’amore di Dio rompe la barriera che difende le proprie convinzioni, a volte originando per questo la persecuzione. L’incontro con la Chiesa e con i cristiani, è come un santo tarlo che si conficca nel cuore.

E’ una luce che irradia speranza, è il sale sparso su una vita che ha perduto il senso. E vedere scricchiolare le proprie certezze è già rendere gloria a Dio, ad un Altro che forse esiste, che potrebbe colmare il vuoto, e dare sapore al grigio dell’esistenza. Per questo il Signore oggi (ieri, NdR) ci mette in guardia dall’unico vero pericolo che corriamo: quello di perdere il sapore, letteralmente che il sale diventi “stolto”. Che i nostri pensieri e gesti si adeguino a quelli idolatri del mondo, stolti davanti a Dio perché lanciati verso il nulla dell’inferno. E ciò accade perché, attratti dai sofismi del nemico cadiamo nelle tentazioni e perdiamo la Grazia, e con essa la forza per scioglierci nell’amore. Per paura di morire infatti nascondiamo la luce che, nella Chiesa, ha illuminato la nostra vita con la vittoria di Cristo. Convertiamoci allora, e, stretti allo Sposo nella comunità cristiana, prendiamo le armi della luce che essa ci offre, e combattiamo con Lui ogni giorno la buona battaglia della fede. Ne va della salvezza di chi ci è accanto, di chi ci è a cuore come di coloro che ci rifiutano.

QUI IL LINK AL POST ORIGINALE PUBBLICATO DA DON ANTONELLO IAPICCA SACERDOTE MISSIONARIO IN GIAPPONE

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