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“L’ospedale ha gettato il cadavere di nostra figlia nella spazzatura”

BABY

Kenkuza - Shutterstock

Dolors Massot - pubblicato il 08/02/20

La bambina è nata a 23 settimane di gestazione e ha ricevuto un nome, ma quando è morta l'ospedale non ha consegnato il corpo ai genitori

Si chiamava Ana María, ed è nata a 23 settimane di gravidanza. Radu, il padre, era in sala operatoria, separato dalla moglie solo da un paravento. Dopo il parto, però, non ha sentito piangere la bambina. È rimasto stupito, ma ha aspettato che qualche infermiera gli dicesse com’era andata la nascita.

Valentina aveva avuto una gravidanza difficile a causa dell’ipertensione, il che l’ha portata a prendere un farmaco specifico che avrebbe potuto provocare un parto anticipato. “Per non mettere a rischio la salute della madre” è stata la ragione addotta dall’ospedale, ha spiegato Radu, perché l’8 novembre Valentina entrasse nell’ospedale di Torrejón.

Un’infermiera si è avvicinata a Radu e gli ha chiesto come si sarebbe chiamata sua figlia. “Ana María”, ha risposto. Alla bambina sono state anche prese le impronte digitali, ed è stata aperta una cartella.

Qualche minuto dopo il parto è arrivata la notizia che ha spezzato il cuore di Valentina e Radu: la figlia era nata morta.

I medici hanno mostrato loro il cadavere della bambina. Le avevano messo un cappellino sulla testolina. Per Valentina e Radu è stato un colpo durissimo. Radu ha avuto il coraggio di scattare una foto alla piccola in quella situazione. In fondo era sua figlia, Ana María.

Valentina è stata trasferita in terapia intensiva, e dopo qualche ora la coppia ha parlato di nuovo con i sanitari, chiedendo il cadavere della figlia per seppellirla.

La risposta, secondo quanto ha riferito il padre, è stata questa: “Ah, perché, lo volevate? Per farci cosa?” Quel “lo” si riferiva alla piccola, la bambina col cappellino, quella che si chiamava Ana María e della quale erano state prese anche le impronte digitali.

“Mi hanno chiesto perché lo volevo, non capivano… Sono rimasto allucinato. Come potevo non volere il cadavere di mia figlia?”, ha spiegato Radu a El Mundo.

Come un residuo organico

L’ospedale ha deciso di trattare Ana María come un residuo organico, e il corpo della piccola è scomparso tra la spazzatura di quella giornata.

TORREJON
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Valentina e Radu non hanno più visto la figlia.

Il tutto si è svolto nel 2017, e la coppia continua a reclamare all’ospedale il suo diritto di seppellire Ana María.

I genitori hanno anche presentato un reclamo al Servizio Sanitaro Madrileno (Sermas), che ancora non ha chiarito i fatti.

Gli avvocati Javier de la Peña e Adrián Carriedo, esperti in negligenze mediche, difendono il caso di Valentina e Radu, accusando l’ospedale di danni morali.

“Non si può trattare come residuo organico un feto di 23 settimane a cui si è dato un nome, è stato messo un cappellino, che si è fatto vedere ai genitori, di cui sono state prese le impronte digitali e per il quale è stata aperta una cartella”.

Radu, che lavora nel campo delle costruzioni, non si riprende da due anni. Si sottopone a un trattamento, ma ancora non riesce a superare il dolore che gli provoca il fatto di non poter seppellire la figlia.

Adrián Carriedo ha spiegato ad Aleteia che in Spagna esiste il Decreto di Manipolazione di Cadaveri e Resti Umani (132/2014), in cui non è inserito alcun limite che dia diritto all’ospedale di trattare il corpo di Ana María come un “residuo organico” e non come una persona degna di sepoltura.

A seguito di un primo reclamo, il Reparto di Ginecologia dell’ospedale di Torrejón ha giustificato l’operato dell’équipe medica dicendo che il feto non arrivava a 23 settimane, ma che era di 22 settimane e 6 giorni, ma Carriedo fa osservare che questa argomentazione è tratta da un protocollo medico della sanità privata e che quindi non si applica al caso, visto che l’ospedale di Torrejón è pubblico, e insiste sul fatto che “la legge spagnola non stabilisce alcun limite temporale”.

A suo avviso, inoltre, “in alcuni resoconti della storia clinica appare chiaramente la data delle 23 settimane”.

“Voglio avere un posto in cui piangere mia figlia”

Valentina e Radu continuano a provare un dolore immenso per il fatto di non aver potuto seppellire la loro bambina. Radu vuole sapere “cos’hanno fatto con nostra figlia. Ci hanno solo detto che per loro era ormai un residuo organico”.

“Non avevano il diritto di fare quello che hanno fatto. Voglio avere un posto in cui poter piangere mia figlia. Voglio che sia viva, anche così, in un cimitero”.

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