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I “Manfreda Brothers”: colorare un rapporto fraterno spento dalla disabilità (VIDEO)

manfreda brothers

Simone Manfreda

Giovanna Binci - pubblicato il 05/02/20

Restituire colore a un rapporto grigio e vuoto: la storia di Simone e Leonardo, due fratelli di Milano cresciuti come estranei a causa dai chilometri, ma anche dalla malattia. Una relazione a cui l'arte ha ridonato colore!

“Manfreda Brothers” potrebbe sembrare il nome dell’ennesima tribute band a Belushi e co. E’ un duo tutto italiano, in effetti, che si occupa però di un’altra forma d’arte: la pittura. Un duo davvero stranamente assortito (che se non avesse scelto un nome ripreso dal mondo della musica anni settanta avrebbe potuto tranquillamente chiamarsi “La strana coppia”): Leonardo e Simone, fratelli originari di Milano che, senza iconici abiti neri, ma piuttosto armati di colori sfavillanti, tentano di salvare non l’orfanotrofio di turno, ma il loro rapporto di fratellanza. Sì, perché tutta la storia nasce proprio dalla voglia di Simone, venticinque anni e tanti di lavoro all’estero tra Spagna e Inghilterra, di creare un rapporto con quel fratello di sedici che ha sempre sentito di conoscere appena. Può capitare, quando tuo fratello è affetto da una malattia genetica con gravi disturbi dello spettro autistico e vive in un mondo in cui tu, nonostante i tentativi, non sei mai riuscito a entrare. E credo che questa sia purtroppo una storia comune a molte famiglie dove i fratelli “sani” troppo spesso restano solo “i fratelli del disabile”, quelli che se la cavano da soli, che purtroppo, non per cattiveria, ma spesso per necessità, crescono più in fretta, imparano ad accontentarsi, a fare dei bisogni del fratello o della sorella malata anche la loro priorità. Spesso è una scelta di amore, a volte più vissuta come un peso e questo, di certo, non incoraggia l’amore fraterno. Non è sempre così, per fortuna, ma sono molte le storie che parlano di questa situazione difficile, del senso di colpa e responsabilità con cui ci si trova a convivere, del rapporto di amore e odio che lega un fratello “normale” a uno disabile.


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Simone lo ammette senza vergogna che forse, quel lavoro all’estero, era stato anche un modo “per scappare dalla situazione difficile in casa”, come riporta un articolo dell’ edizione milanese del Corriere e che però, quella storia che aveva lasciato in Italia, quel fratello sconosciuto, non potevano essere accantonati solo con tanti chilometri di mezzo.

Tra noi c’erano silenzi. E non parlo di silenzi carichi di senso, parlo di silenzi vuoti, dove entrambi ci sentivamo smarriti, incapaci di trovarci.

Succede allora che dopo molti tentativi andati a vuoto, Simone decide di provare col disegno: un sorriso, un’interazione, una svolta che il ragazzo non si lascia sfuggire e che lo porta a impacchettare con cellophane ed entusiasmo tutto il salotto di casa! Da allora, in quel salotto volano pennelli, si accumulano tele e insieme ai quadri astratti, anche la relazione grigia di questi due fratelli ha riacquistato i suoi colori. Un’arte davvero moderna, fatta di pazzia, energia, dove tutte le performance artistiche sono lecite: Leonardo può sdraiarsi sulle tele, sporcarsi e finalmente abbattere quel muro sul suo mondo che suo fratello non riusciva a superare.

Si usano gli specchi per guardarsi il viso, e si usa l’arte per guardarsi l’anima,

diceva George Bernard Shaw. E finalmente questi due fratelli si vedono davvero, riempiendo i silenzi vuoti di colore. Il primo che hanno scelto insieme per un’opera è stato “Leone” perché, spiega Simone,

È così che ci sentiamo noi coi colori in mano. Somiglia ad una terapia di coppia!

E se per loro questa terapia ha funzionato perché non farla conoscere ad altri? Simone vorrebbe portare l’esperienza casalinga che sta riscuotendo interesse e successo presso tante famiglie che affrontano gli stessi problemi, fuori dalle mura domestiche. Vorrebbero chiamare questo angolo per le mostre e le performance “Emotional color”. Un luogo per aiutare i ragazzi come Leonardo

a socializzare come non hanno mai fatto, in un ambiente che per qualche ora possa sciogliere le emozioni che restano imprigionate,



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spiega Simone che spera anche che quello che è per ora solo un divertimento, un appuntamento fisso quotidiano tanto atteso dopo il centro diurno, diventi qualcosa di più per suo fratello. Un modo per esprimersi in autonomia, per avere qualcosa di “suo”, che in qualche modo lo renda indipendente, gli dia uno scopo, un interesse:

È importante che questi ragazzi conquistino una autonomia almeno parziale. Si tratta della loro vita ma anche di quella delle famiglie che hanno bisogno di un grande e meritato sostegno.

Ci sono volute tempere e pennelli per riconquistare un rapporto grigio, per passare da “fratello del disabile” a essere “fratello dell’artista” (come Simone chiama affettuosamente Leonardo). C’è voluta quell’arte che, come diceva Picasso “non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è”, come quel legame fraterno da cui non puoi scappare o nasconderti, lo stesso che adesso fa dire a Simone:

non cambierei la mia vita di prima con quella di oggi.
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