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Gesù non vuole solo guarirci, ma guardarci negli occhi, entrare nella nostra sofferenza

SUFFERING

Lamppost Collective|Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 04/02/20

Due miracoli che hanno qualcosa in comune: Gesù va a casa di Giairo, Gesù vuole guardare l'emorroissa negli occhi. A Dio non basta guarirci: vuole venire con noi, a casa nostra, nella nostra vita, nella nostra sofferenza, entrare in relazione con noi, non solo risolverci un problema.

In quel tempo, essendo passato di nuovo Gesù all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare. Si recò da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi e lo pregava con insistenza: «La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva».
Gesù andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno. Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia
e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello. Diceva infatti:
«Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita». E subito le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male. Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi mi ha toccato il mantello?».
I discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?». Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità.
Gesù rispose: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Và in pace e sii guarita dal tuo male». Mentre ancora parlava, dalla casa del capo della sinagoga vennero a dirgli: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, continua solo ad aver fede!». E non permise a nessuno di seguirlo fuorchè a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava. Entrato, disse loro: «Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». Ed essi lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della fanciulla e quelli che erano con lui, ed entrò dove era la bambina. Presa la mano della bambina, le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico, alzati!». Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare; aveva dodici anni. Essi furono presi da grande stupore.
Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e ordinò di darle da mangiare.

Marco 5,21-43

L’umiltà a volte ce la insegna la vita, e lo fa soprattutto quando ci fa soffrire. Infatti a cosa importa a un padre della posizione sociale che ha nel mondo se la propria figlia sta morendo? Penso nulla. È questo il caso di Giairo, uno dei capi della sinagoga, che vivendo la disperazione per la morte ormai imminente della figlia non ha paura di fare questo:

Vedutolo, gli si gettò ai piedi e lo pregava con insistenza: «La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva».

Essere umili significa non avere più paura di quello che possono pensare gli altri. Essere umile è avere chiaro che noi non possiamo tutto, e che molto spesso bisogna chiedere che qualcuno ci aiuti. Essere umili significa imparare l’insistenza di ciò che conta davvero. Gesù ascolta gli umili, gli uomini come Giairo, e lo fa perché i miracoli non sono innanzitutto la realizzazione delle nostre richieste, ma l’esperienza di sapere che Gesù viene con te in quello che stai vivendo:

Gesù andò con lui.

Ma c’è un’altra esperienza di umiltà che ci riserva la pagina del Vangelo di oggi, ed è quello di una donna, anch’essa disperata, malata fino ad avere speso tutti i suoi averi in cure che non l’hanno guarita. Questa donna che ha toccato il fondo ragiona così:

«Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita». E subito le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male.

Intuisce nel profondo del cuore che Gesù può arrivare lì dove nessun medico è riuscito ad arrivare. Ma ella stessa non sa ancora in che senso. Infatti pensa che basti toccare Gesù per risolvere il proprio problema, mentre invece Gesù non si accontenta di guarirla, vuole guardarla negli occhi. È il chiaro segno di come la guarigione consista nella scoperta di una relazione più che nell’isolata esperienza della risoluzione di un problema.

Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo (…)«Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».

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