Un’associazione medica adduce il rischio di trasmissione del virus, ma la Giustizia respinge la richiestaLa Qualified Private Medical Practitioners Association, un’associazione di medici del sud dell’India, ha chiesto alla Giustizia del Paese di proibire la distribuzione della Comunione durante le Messe, sostenendo che la forma di distribuzione configurerebbe un rischio di trasmissione del coronavirus e metterebbe “in pericolo la salute della gente in generale”.
La richiesta presentata al tribunale sottolineava che nella maggior parte delle chiese cristiane dell’India il vino viene distribuito dai sacerdoti in un unico calice, che passa di bocca in bocca alle persone che si comunicano.
Secondo l’associazione, la pratica “genera un possibilità molto alta di contaminazione per saliva”. Oltre a questo, i medici hanno indicato che il sacerdote distribuisce l’Eucaristia sulla lingua, azione che permette la contaminazione mediante la saliva e dovrebbe essere limitata per evitare la trasmissione di malattie.
La Giustizia ha però respinto la richiesta dei medici, sostenendo che non è mai accaduto che il fatto di ricevere la Santa Eucaristia abbia provocato la diffusione di una malattia e dicendo che non spetta ai medici di interferire nella “pratica centenaria”. Il tribunale ha anche segnalato che le denominazioni cristiane hanno “approcci diversi per l’amministrazione e la recezione del Santo Sacramento”.
La sua recezione, ad ogni modo, non è mai obbligatoria, e ogni fedele deve decidere in base alla propria “fede assoluta come seguace del cristianesimo”.