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Hanno potuto uccidere il suo corpo, ma non la sua anima

JOSE MARIA GRAN CIRERA

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Jaime Septién - pubblicato il 29/01/20

Missionari martiri dediti ai poveri e assassinati in odio alla fede in Guatemala sulla via degli altari

Solo 40 anni fa i catechisti della località di Quiché, in Guatemala, dovevano nascondere le Bibbie, sotterrarle insieme a rosari e catechismi se volevano sfuggire alla morte. Parliamo di una persecuzione religiosa nel contesto di una guerra civile disumana.

In piena Guerra Fredda, anche l’America Latina si divise a livello ideologico. In quel contesto, ogni azione di accompagnamento dei poveri e di ricerca del loro progresso, e a volte ogni azione pastorale nei loro confronti in cui l’obiettivo fosse ad esempio condividere la Parola di Dio, leggere la Bibbia, annunciare il Vangelo tra gli indigeni, ecc., poteva essere sospettata di organizzazione armata.

José María Gran Cirera

José María Gran Cirera era un sacerdote spagnolo che si era trasferito in Guatemala nel 1975 come missionario volontario per lavorare pastoralmente nella diocesi di Quiché, concretamente nelle parrocchie di Santa Cruz del Quiché, Zacualpa e San Gaspar Chajul.

In quest’ultima le condizioni di vita della gente erano molto difficili, soprattutto per la repressione costante da parte di forze armate, gruppi paramilitari e guardie bianche. In una lettera diceva che la gente di Quiché lo aveva “aiutato a vivere la speranza e la gioia che ci porta Gesù”.

Era impegnato con i più poveri e i perseguitati. Sapeva che girando per montagne e foreste avrebbe potuto perdere facilmente la vita, ma non ha mai avuto paura, e diceva che “con tanti soldati la gente è inquieta, e la presenza del sacerdote, anche se può fare poco, dà sempre un po’ di tranquillità”.

La presenza militare nella zona settentrionale del Guatemala, la regione del Quiché, è stata particolarmente dura. I contadini e i poveri rappresentavano un “ostacolo” agli interessi dell’oligarchia del Paese centroamericano, e chiunque difendesse i poveri era considerato comunista e suscettibile di essere assassinato.

Dopo un comunicato diocesano i cui si sottolineava l’opzione per i poveri della Chiesa guatemalteca e la struttura di peccato che prevaleva nella regione del Quiché, padre Gran Cirera venne citato un giorno dal comandante militare del paese di Chajul e minacciato per la sua condizione di straniero e sovversivo.

Morì come era vissuto: in cammino

Nonostante le minacce e le continue molestie nei confronti dei religiosi, delle religiose e dei catechisti della regione, padre José María esortava la gente a mantenersi salda sulle orme di Gesù.

Il 4 giugno 1980, il missionario spagnolo tornava nella sua parrocchia di Chajul insieme al suo sagrestano Domingo del Barrio Batz quando vennero intercettati da un battaglione dell’esercito e assassinati a colpi di arma da fuoco. Venne poi messo nei loro zaini materiale propagandistico della guerriglia per poterli accusare di essere sovversivi di fronte alla stampa nazionale e internazionale.

Ad appena 35 anni, padre Gran Cirera offrì la vita per il Vangelo, accanto ai più poveri. Morì come era vissuto: in cammino, testimoniando la sua fede in Gesù accanto ai più bisognosi.

Il 23 gennaio, Papa Francesco ha approvato il suo martirio insieme a quello di altri due missionari spagnoli assassinati tra il 1980 e il 1981 in odio alla fede durante la Guerra Civile guatemalteca. Il sacerdote Faustino Villanueva venne ucciso nel luglio 1980. Era missionario da 21 anni nel Quiché. La vita di Juan Alonso Fernández terminò un anno dopo, il che significa che avrebbe potuto andare via, ma decise di rimanere con il suo popolo adottivo.

Quelli che uccidono solo il corpo

“Non ascoltate chi vuole infangare questa testimonianza!”, ha chiesto il vescovo Juan Gerardi in una celebrazione svoltasi il 15 giugno nella cattedrale della diocesi del Quiché. “Non date ascolto a chi dice che i preti e le suore vanno uccisi perché sono comunisti!”

“Per noi la morte di padre José María Gran Cirera, MSC, parroco di Chajul, assassinato alle spalle mentre tornava a cavallo dopo aver portato la consolazione della religione a numerosi fedeli di villaggi lontani della sua parrocchia accompagnato solo dal sagrestano Domingo Batz, anche lui assassinato, è particolarmente significativa per le circostanze in cui è avvenuta”.

Felipe Galindo, catechista, ricorda che nelle ultime visite, qualche giorno prima del suo martirio, a Santa Clara, “padre José María ha detto al suo sagrestano Domingo: «Lì girano quelli dell’esercito, ma non importa, perché possono uccidere solo il corpo, non l’anima»”.

Riposa in pace a Chajul

I suoi resti mortali sono stati deposti nella chiesa parrocchiale di San Gaspar Chajul perché tutto il popolo potesse rendergli il tributo che merita. In mezzo a una grande tensione sono stati poi trasferiti a Chichicastenango, dove hanno ricevuto una sepoltura cristiana nella tomba prestata da un abitante della zona.

Tredici anni dopo, la parrocchia di Chajul ha reclamato le sue spoglie, esumate nel giugno 1993. Con grande devozione e venerazione, sono state riportate alla parrocchia di San Gaspar Chajul, dove sono state deposte sotto l’altar maggiore.

Con informazioni dell’Osservatorio Pastorale del CELAM

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