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“Gesù, questo sconosciuto”: il suo volto amico delle donne

Jesus and the Samaritan woman

Public Domain

Don Francesco Cosentino - pubblicato il 29/01/20

Uno dei tratti inediti e rivoluzionari di Gesù, che attraversa tutto il Vangelo, è la sua amicizia con le donne. Gesù semplicemente “vede” le donne del suo tempo e questa è già di per sé una rivoluzione, in una società che in genere rende le donne come presenze irrilevanti e anonime, all’interno di una tradizione patriarcale e maschilista.

Gesù contesta e supera, con assoluta libertà, la coscienza collettiva del tempo, che teneva la donna ai margini e non le conferiva nessun tipo di statuto umano, sociale e religioso. Riconosce dignità a ogni donna che incontra, si lascia interpellare e toccare. Cosa ancor più sconvolgente, Egli accetta che le donne si aggreghino al gruppo dei Dodici: “alcune donne lo seguivano”: Maria di Magdala, Giovanna moglie di Cusa, Susanna “e molte altre” (Lc 8,3). La scelta di Gesù rompe un tabù consolidato e sfida la ferrea pregiudiziale maschilista su cui si fondavano i rapporti sociali.

Nella Sua vita Gesù ha incontrato molte donne e i Vangeli ci mostrano la delicatezza, la tenerezza e il candore con cui Gesù le tratta, senza mai prevaricare, mai ferire, mai giudicare. Egli non ha paura delle donne, non è prigioniero di quella mentalità spesso tutt’ora presente e strisciante in certi ambienti ecclesiali e non, che le considera “pericolose” o “impure”.


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A casa delle due amiche del cuore, Marta e Maria, Gesù si sente accolto con familiarità. Egli può finalmente sentirsi libero, scrollarsi da dosso le fatiche del ministero, confidare la propria stanchezza, condividere la gioia dei suoi incontri e rifocillarsi con il cibo e con il riposo. Marta rimprovera Maria: era inconcepibile che, con un uomo in casa, una donna stesse semplicemente seduta ad ascoltarlo, invece che affaccendarsi per servirlo. Ma Gesù, senza ferire nessuna delle due, la istruisce: la parte migliore, quella dell’essere discepolo, è anche di Maria. E’ anche della donna. La donna non “serve solo per servire”, ma per essere anch’ella discepola e annunciatrice del vangelo. Nella nostra Chiesa, è davvero così?

In casa di Simone il fariseo va in scena una situazione imbarazzante che manifesta la dispregiativa superiorità maschilista; quando durante il banchetto si avvicina una peccatrice di quella città e cosparge i piedi di Gesù di profumo, lo sguardo di Simone è feroce: la giudica, la disprezza, la imprigiona dentro il pregiudizio popolare. Egli non vede una donna, ma “una poco di buono”. E allora Gesù cerca di correggere il suo sguardo: “Simone, vedi questa donna?”. La domanda è uno squarcio meraviglioso del Vangelo: tante volte noi, religiosi e pii come Simone, non vediamo le donne. Le giudichiamo con ipocrita moralismo. Gesù invece la vede, si lascia inebriare dal profumo, si commuove per le sue lacrime e ci svela che al centro della fede è il “tipicamente femminile”: profumo, lacrime, tenerezza, slancio, amore.

Un giorno mettono una donna colta in adulterio in mezzo a loro, per ucciderla con delle pietre. Questa scena mostra la ferocia maschilista, che usa le donne e poi le colpevolizza. Gli sguardi la umiliano, la spogliano, la fanno sentire sporca. Gesù, con la delicatezza che lo rende amico delle donne, si china per terra a scrivere. Prende tempo, perché si calmi la furia dei maschi. E quando si alza, rimanda ciascuno al proprio peccato, rialza la donna da terra e la rimanda a una vita nuova. Nessuno la condanna, neanche Dio. E’ una figlia amata, una donna che ha diritto di ricominciare.


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Gesù rompe lo schema culturale e religioso sulla purità sessuale, che considera una donna impura nel periodo della mestruazione. Proprio perché appesantita dall’onta dell’impurità, una donna che aveva perdite di sangue da 12 anni tocca il suo mantello di nascosto, approfittando della calca. Gesù, invece, volontariamente la fa uscire allo scoperto: Chi mi ha toccato? Lei trema, ma Gesù la guarisce. Il vero miracolo è che Gesù la mette al centro, la fa uscire dalla vergogna, le restituisce dignità e bellezza.

Anche l’incontro con la donna che proviene da Samaria e si ferma al pozzo a prendere l’acqua ha dei particolari straordinari. E’ sconvolgente che sia Gesù a prendere il discorso: è donna, ha avuto sette mariti, è samaritana, è un’eretica. Gesù le offre l’acqua che può dissetare il suo cuore e, così’, dissetata e inebriata, lei lascia la brocca e corre in città Entusiasmo e follia femminile, che difettano spesso negli uomini.

C’è una relazione intensa e intima, poi, tra Gesù e Maria Maddalena. Per una tradizione erronea viene spesso identificata con una peccatrice, ma, invece, ella è una donna liberata e guarita, che si mette al seguito di Gesù come discepola. Nel giorno della risurrezione, cerca l’amato del Suo cuore nel giardino del sepolcro ed è a lei che Gesù affida il primo annuncio della risurrezione, inviandola ai Dodici e chiamandola “Apostola”. Il Vangelo correi veloce sui piedi e sulla bocca delle donne.

Guardando la storia di Gesù e la sua relazione d’amicizia con le donne, possiamo imparare a integrare la dimensione femminile e quella maschile dentro di noi. Per gli uomini questo significa fare spazio all’intuito, alla perspicacia, alla tenacia e alla tenerezza delle donne. Significa anche imparare ad accogliere se stessi e gli altri con i tratti ospitali della maternità. L’amicizia reale e non ipocrita di Gesù con le donne può liberarsi da rigidità culturali e puritanesimi religiosi, e condurci a vivere una fede del corpo, una mistica dell’incontro che sa toccare, accarezzare, piangere.

Come Chiesa, possiamo incamminarci con più decisione verso il giusto riconoscimento dell’universo femminile, non con proclami o gesti straordinari, ma semplicemente riconoscendo alle donne ciò che le è proprio: sono discepole a postole come i maschi, chiamate a predicare il Vangelo, il cui contributo nella comunità è prezioso.

Ho bisogno di un Dio amico delle donne, che non giudica secondo le apparenze, non discrimina secondo il genere, non incasella le persone nello schema legalista della purezza e dell’impurità. Non voglio un Dio eccessivamente maschile, forte, potente e muscoloso. Ho anche bisogno di un Dio che emani bellezza, che irradi luce, che sappia prendermi in braccio come una madre, che sia esperto di tenerezze come le donne. E guardando a Gesù, scopriamo questo Dio amico delle donne, che ci insegna a guardarci con amore e a riconoscerci reciprocamente.

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Francesco Cosentino, sacerdote calabrese, è docente di Teologia fondamentale alla Pontificia Università Gregoriana e officiale della Congregazione per il clero. Tra le sue pubblicazioni recenti: Immaginare Dio. Provocazioni postmoderne al cristianesimo (Cittadella, 2010); Il Dio in cammino. La rivelazione di Dio tra dono e chiamata (Tau, 2011); Sui sentieri di Dio. Mappe della nuova evangelizzazione (San Paolo, 2012); Incredulità (Cittadella, 2017).

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