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Da tossicodipendente a “recuperapersone”

EINES

Associació Eines

Dolors Massot - pubblicato il 27/01/20

Oggi Álex è terapeuta e dirige un centro di assistenza ai tossicodipendenti, per evitare agli altri la sofferenza che ha provato e ha fatto provare

“Mio papà è un recuperapersone”. È quello che ha detto Pedro quando gli hanno chiesto quale fosse la professione del padre. Álex Florensa dirige oggi il centro di assistenza ai tossicodipendenti Eines a Sant Cugat del Vallès (Barcellona, Spagna).

“Non voglio che i miei genitori soffrano di nuovo”

È arrivato fin qui perché conosce bene quella situazione: “Sono un ex tossicodipendente, perché anche l’alcool è una dipendenza, e penso che ora la mia missione sia quella di aiutare a far sì che altre persone non soffrano per le dipendenze – né loro, né le loro famiglie”. Álex ripete come un mantra “Non voglio che i miei genitori soffrano di nuovo tutto quello che ho fatto soffrire loro”.

“Se anche solo una persona sarà uscita dalla droga, il mio lavoro sarà valso la pena”, dice. Finora sono ben 13 le persone che si sono riabilitate da quando ha iniziato il suo lavoro, e quest’anno, “se tutto va bene, ce ne saranno altre 7”.

Un ragazzo della “Barcellona bene”

La storia della dipendenza di Álex è iniziata in modo quasi impercettibile. Originario del quartiere benestante di Sarriá, i suoi genitori possedevano un ristorante molto noto, El Vell Sarrià, lui frequentava una scuola privata religiosa e partecipava alle attività di un gruppo giovanile. Aveva due sorelle.

“Sono diventato un alcolista del fine settimana”

“Ho iniziato a 15 anni. Mi rendevo conto che uscivo con gli amici e loro bevevano un paio di birre e si fermavano, mentre io andavo avanti e me ne scolavo un litro”. Lavorava nell’attività familiare “e mi presentavo ubriaco. Non avevo controllo. Sono diventato un alcolista del fine settimana senza ovviamente definirmi alcolista”.

Al servizio militare, a 18 anni, ha provato la cocaina. “Ero alpinista a Jaca, sui Pirinei dell’Aragona, e un giorno che avevo bevuto qualcuno mi ha offerto della cocaina per rimanere sveglio quando fossero passati in rassegna. La cocaina ha funzionato, e anziché pensare che era mille volte più potente e mi faceva male, il mio cervello si è detto che aveva trovato un alleato per tirarmi fuori dai guai”.

“Diventi un malato mentale”

“Questa”, spiega oggi Álex, “è la grande bugia della dipendenza: diventi un malato mentale, e il tuo cervello non ragiona bene. Ti inganna e ti offre false argomentazioni per giustificarti”.

“Non accettavo il fatto di avere un problema. La dipendenza è una malattia mentale, per quanto faccia male dirlo”.

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Finito il servizio militare studiava e lavorava, ed era capace di bersi 4 superalcolici di seguito. “Mi sentivo orgoglioso di questo”.

Un casino nel sud della Francia

Il padre gli ha poi offerto la possibilità di andare a vivere nel sud della Francia, dove avrebbero aperto un casino ad Aix-les-Thermes, vicino Pas de la Casa. Tra i 23 e i 28 anni ha lavorato lì come riparatore di slot machines. L’ambiente lo ha ancora una volta fagocitato. Beveva senza controllo. “In Francia, poi, era comune l’aperitivo con un Pastis, e io ero pieno già al mattino”.

Ha fatto il barman, il croupier, l’addetto alle pubbliche relazioni, l’insegnante di ballo… Era simpatico.

“A 25 anni avevo molte cose, ma ero un idiota. Ho perso i valori dei miei genitori. Guadagnavo denaro e basta. Ho perso la fidanzata”.

“Tornato di corsa a Barcellona”

A 28 anni, ricorda, “non ero felice, e volevo fuggire da tutto, e quindi sono tornato di corsa a Barcellona”. Era già un alcolista, ma credeva di “controllare” la situazione: “Il primo mese non ho bevuto, mi sono iscritto a una squadra di calcio, ho trovato un’altra fidanzata… tutto sembrava avviato, ma 9 mesi dopo mi hanno offerto un lavoro alla radio”.

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“Il programma si chiamava Más se perdió en Cuba, ed era umoristico. Mi divertivo un sacco, ma questo mi ha portato di nuovo a fare molta vita sociale, soprattutto di notte. Mi sono dato alla birra”.

Il ritorno a Barcellona è stato per la famiglia e gli amici più amaro della tappa precedente.

L’aspetto peggiore dell’abbandonare una dipendenza

“Sai qual è l’aspetto peggiore del fatto di abbandonare una dipendenza?”, mi ha chiesto Álex a un certo punto dell’intervista. “Il ricordo di tutte le cose sbagliate che hai fatto”.

“Non mi si poteva dire niente. La mia fidanzata mi ha lasciato. Con la famiglia cercavo scuse per uscire di casa e andare a bere. Ho fatto passare un momento molto brutto ai miei genitori e alle mie sorelle”.

“Nessuno mi dice cosa devo fare”

Il cammino verso l’inferno della dipendenza è diventato sempre più veloce: “Avevo denaro ma rubavo bottiglie nel ristorante dei miei genitori, dovevo dei soldi alle banche, mentivo, manipolavo. Ho smesso di uscire con le ragazze, o uscivo solo con quelle che bevevano. Pensavo ‘Nessuno mi dice cose devo fare’”.

“Non ero davvero più io. La dipendenza altera la condotta, e fa sì che il dipendente si muova per impulsi. Ero un malato mentale, perché la dipendenza è una malattia mentale”:

È arrivato a un punto in cui il deterioramento fisico e mentale era ormai assoluto: “Bevevo 20 birre, bevevo, dormivo, vomitavo sangue… Non controllavo più la mia vita”.

Gli hanno tolto due volte la patente, è stato arrestato ma usciva e ricadeva subito. “Mi sono fatto scadere la patente, i vestiti imputridivano dentro la lavatrice, ho bucato il cavo dell’elettricità a un vicino, sono stato 4 mesi senza farmi una doccia… e ho smesso di mangiare”.

Sull’orlo della morte

Secondo quanto ha detto in seguito un medico, lo stato di Álex in quel momento era così deplorevole che se non avesse fatto niente per rimediare sarebbe morto nell’arco di due settimane. “La dipendenza è capace di farti perdere tutto, anche la vita”, commenta lui.

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“Lasciati aiutare”

“Un giorno, però, si sono presentati a casa mia i miei genitori e due amici. Mi hanno supplicato: ‘Lasciati aiutare’. Ero in trappola, e allora ho detto di sì”.

Tre mesi e mezzo di reclusione

Sono stati necessari 4 anni di trattamento, cominciando al centro Hipócrates di Seva. Lontano da tutto. “Sono stato tre mesi e mezzo in reclusione, e ho dovuto imparare a scrivere, a esercitarmi in calligrafia, a leggere ogni giorno, a reimparare tutto. Lo sport mi ha aiutato molto”.

È tornato a casa consapevole della malattia mentale di cui soffriva. “Ho dovuto dedicarmi a capire chi fossi”.

Álex, figlio di un imprenditore, che aveva avuto tutto, doveva comincare da zero, e in più soffriva di una malattia mentale che lo avrebbe minacciato per tutta la vita. Bisogna essere molto forti e coraggiosi per ricostruirsi, e bisogna lasciarsi aiutare e lasciarsi amare: “La chiamata del veterano è importante quando ti viene voglia di bere, ad esempio”.

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La seconda vita di Álex

Il 25 gennaio 2011 Álex è stato dimesso, e da allora “sono un tossicodipendente riabilitato”, dice. Ormai sono passati 9 anni.

Quanto all’amore, non si sentiva degno di essere amato, né di amare nessuno. “Cosa potevo dare a una donna? Che famiglia avrei potuto sostenere?” Si è messo a lavorare come vigilante della mensa in una scuola del suo quartiere di sempre, e lì è apparsa Marta, un’insegnante dei cicli formativi per gli adulti. Si conoscevano già da anni. “Marta ha avuto fiducia in me, e ha rifiutato di prendere in considerazione le mie paure”.

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Álex ha allora deciso di studiare per diventare formatore, e poi ha conseguito un master in Tossicodipendenze e un altro in Psicologia Clinica.

Del suo processo di riabilitazione ricorda una frase che gli è rimasta impressa: “Florensa, usa gli strumenti”. Per questo ha avviato un centro di aiuto ai tossicodipendenti che si chiama Eines, “strumenti” in catalano.

Applica il metodo della terapia cognitivo-condottuale e lo sport per tirar fuori i dipendenti da droghe e alcool (anche questo è una droga). A Eines oggi ci sono 25 pazienti, 10 dei quali frequentano il centro di giorno e vivono nelle rispettive abitazioni.

Eines è accanto al monte di Collserola, e lo sport si può praticare sia nella palestra del centro che all’aria aperta in quell’ambiente naturale a pochi chilometri da Barcellona.

I pazienti frequentano una terapia di gruppo, fanno puzzle, giocano a scacchi, leggono… e sanno di essere assistiti da professionisti e da qualcuno che conosce bene la loro situazione perché l’ha vissuta in prima persona. L’esempio di Álex dà loro la forza per lottare.

Un percorso a piedi con i suoi pazienti

Álex vuole che la sua esperienza di superamento possa dare speranza a persone e famiglie che affrontano la dipendenza. Dal 2018, ogni estate avvia l’esperienza Transeines, con cui per un mese i pazienti percorrono ogni giorno a piedi un tratto della geografia catalana. In molti paesi in cui passano, offre conferenze sulle dipendenze. Ci sono già le date per la Transeines 2020: dal 21 agosto al 21 settembre.

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Per Álex è un modo di contribuire efficacemente alla lotta contro le droghe e l’alcolismo, “senza dimenticare i paesini, dove non ci sono fonti di divertimento e i giovani possono farsi irretire dall’alcool e dal consumo di droghe. L’ho visto vivendo in Francia, e l’ho ben presente”.

La riabilitazione ha restituito la felicità ad Álex, che oggi ha formato una famiglia con Marta e i piccoli Jana e Pedro.

“Sono ricco”, si dice ogni mattina. “Quando esco di casa, quando giro per strada, penso che abbiano abbellito le strade per me”. Essere un “recuperapersone” lo rende felice e realizzato.

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