La storia della Chiesa è costellata di dispute intellettuali talvolta molto lunghe e violente. Il Magistero ha sempre incoraggiato il dibattito. Converrebbe alle giovani generazioni ritrovare la forza purificatrice del dibattito, senza alimentare la polemica e gli argomenti ad hominem.
I dibattiti nel mondo cattolico non sfuggono alla maledizione per cui devono sempre uscirne un vincitore e un vinto, anche a discapito della verità oggettiva emergente dai dati. Da Oltreoceano lo schema binario “asse del bene” (cioè dei vincitori) Vs “asse del male” (vale a dire dei vinti) penetra impercettibilmente gli spiriti, anche se è stato giustamente criticato. A ogni livello, la corsa all’informazione più rapida economizza sulla verità oggettiva. Camaleontici rispetto alle circostanze, gli attori mediatici trasformano il dibattito in rapporto di forza o in lotta di potere.
Il dibattito nella storia della Chiesa
Il cuore dell’uomo è di fatto diviso: l’asse del bene e l’asse del male si mescolano e si confondono. La ricerca della verità ne risulta oscurata e resa difficile. La Chiesa, “madre e maestra” di vita spirituale e di ricerca della verità, avvertita dalle dolorose esperienze dei primi secoli, ha osservato la necessità di mantenere il dibattito sia sulle realtà pratiche sia su quelle teoriche. La formula latina, antica, “quod omnes tangit ab omnibus tractari et approbari debet” («Quanto riguarda tutti dev’essere da tutti discusso e approvato») non è stata ricusata dal medioevo cristiano, ma anzi arricchito. Il Magistero della Chiesa ha considerato l’importanza di mantenere una diversità di scuole teologiche – fors’anche solo per preservare la qualità del dibattito teorico e pratico. Cosa ritenere alla fine? Solo il Magistero autentico, per quanto fallibili siano gli uomini che lo compongono, ha il «carisma certo» dell’interpretazione delle Scritture (Dei Verbum 8). I dibattiti hanno talvolta toccato una tale ampiezza – come anticamente per la predestinazione o modernamente per la grazia – che è stato necessario chiudere d’autorità il dibattito tra gli opposti partiti.
Duelli talvolta parossistici
Lo scontro dottrinale tra la Compagnia di Gesù e l’Ordine dei Predicatori ha toccato apici di parossismo in occasione delle dispute organizzate passate alla storia come “De auxiliis” (2 gennaio 1598), inizialmente volute da Papa Clemente VIII: un suo successore, Paolo V, avrebbe chiesto che si mettesse fine alle discussioni (28 agosto 1607) lasciando intatta a ogni partito la libertà di esprimersi – a condizione che si astenessero da offendere i concorrenti. Paolo V finì del resto per proibire le pubblicazioni, il 1o dicembre 1611; posizione difficile da sostenere, al punto che uno dei suoi successori dovette richiamare il principio da lui espresso (22 maggio 1625). Allo stesso modo, si dovettero attendere alcuni decenni perché la Santa Sede interrompesse un’altra controversia, relativa a quella sulla predestinazione, e rigettasse alcune tesi gianseniste sulla grazia (bolla Unigenitus dell’8 settembre 1713), senza il dibattito iniziale fosse mai stato interrotto. Per il dibattito sul celibato sacerdotale, non sarebbe auspicabile un’analoga tregua al fine di giungere a un’espressione definitiva per il bene di tutti?
Ogni verità viene dallo Spirito Santo
Ci saranno sempre questioni difficili. La sapienza ecclesiale ha promulgato testi su molti argomenti. Talvolta è stancante veder tornare alla ribalta dell’opinione pubblica vecchi argomenti già sviscerati e respinti dal Magistero. Ogni generazione deve appropriarsi dei dibattiti trascorsi senza avere la presunzione di credersi capaci di reinventare tutto. Ciò non toglie che la cultura del dibattito, rispettosa del Magistero, resti capitale per il dischiudersi di una buona espressione della verità, sia essa teoretica (come la grazia) o pratica (il celibato sacerdotale). Conviene alle generazioni in cammino ritrovare la forza purificatrice del dibattito, senza alimentare la polemica e gli argomenti ad hominem.
Sono più forti infatti le cose che uniscono i fedeli che quelle che li dividono; ci sia unità nelle cose necessarie, libertà nelle cose dubbie e in tutto carità (171).
Benché questa citazione di san Giovanni XXIII (29 giugno 1959) origini da un apoftegma protestante (cf. Pierre Meiderlin [Meuderlinus, alias Rupert Meldenius], Paraenesis votiva pro pace Ecclesiæ, 1626), la sapienza ecclesiale pensa che «ogni verità, chiunque la dica, venga dallo Spirito Santo» (Ambrosiaster, ripreso da san Tommaso d’Aquino In 1Cor. Comm 12,3). Bisogna avere la pazienza di ascoltare quel che Egli ha detto alla Chiesa.
Il buon ordine del dibattito
Benedetto XVI, nella sua Esortazione apostolica Sacramentum caritatis (22 febbraio 2007), ricordava il rapporto che dev’essere mantenuto tra il dogma, l’aspetto normativo che ne deriva e la giusta attitudine pastorale:
È necessario […] evitare di intendere la preoccupazione pastorale come se fosse in contrapposizione col diritto. Si deve piuttosto partire dal presupposto che fondamentale punto d’incontro tra diritto e pastorale è l’amore per la verità: questa infatti non è mai astratta, ma « si integra nell’itinerario umano e cristiano di ogni fedele ».
Ciò contiene il dibattito in buon ordine.
[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]