Aleteia logoAleteia logoAleteia
venerdì 19 Aprile |
Aleteia logo
For Her
separateurCreated with Sketch.

Migliaia di spose bambine anche negli USA: un dramma senza una chiara soluzione

GIRL, CHILD, BRIDE

Dmytro Karpenko | Shutterstock

Annalisa Teggi - pubblicato il 21/01/20

Dal 2007 al 2017, negli anni dell'amministrazione Obama, l'Ufficio dell'Immigrazione ha registrato più di 8 mila matrimoni che coinvolgevano minorenni, soprattutto straniere vittime di abusi. Tuttora, nonostante un impegno più marcato del governo, ci sono Stati come l'Idaho in cui è legale sposare una ragazza di 13 anni.

Siamo inconsapevolmente abituati a collocare certi drammi umanitari in zone geografiche disagiate: quando pensiamo alla tragedia delle spose bambine (che però include in percentuale inferiore anche casi di sposi bambini) il pensiero va al continente africano e alle zone più rurali dell’Asia. Eppure – sconcertanti dati alla mano – gli Stati Uniti vanno annoverati tra i paesi in cui questo atto di violenza sui minori si può perpetrare legalmente, cioé sfruttando cavilli legali basati sul ricongiungimento familiare. Li si usa sia per avvallare il matrimonio di un adulto americano con una minorenne proveniente da stati esteri in cui è lecita la pratica del matrimonio con bambine, sia per ottenere il visto di ingresso in America da parte di adulti stranieri che si legano a giovani ragazzine residenti negli Stati Uniti.


ONUR ALBAYRAK

Leggi anche:
Fotografo eroe in Turchia: scopre che la sposa ha 15 anni e impedisce il matrimonio

Proviamo a tratteggiare un panorama della questione.

Quasi 9 mila matrimoni con minori in 10 anni

Quando aveva solo 13 anni Naila Amin, una giovane di origine pakistana e cresciuta a New York, è stata costretta a sposare un uomo di 26 anni. Ha dovuto ritornare in Pakistan, dove è stato celebrato il matrimonio combinato dalla famiglia, seguito da abusi sessuali e violenze. “Mi hanno obbligato a vivere con l’uomo che mi picchiava”, racconta Naila, che oggi ha 29 anni ed è tornata a vivere negli Stati Uniti per volontà dei genitori con l’obbiettivo di ottenere il ricongiungimento del marito. “Ogni giorno le persone muoiono per venire negli Usa -spiega-. La mia famiglia voleva che lui venisse negli Stati Uniti e il matrimonio era l’unico modo per farlo. Io ero un passaporto per lui”
. (da Terres Des Hommes)

È una delle storie che squarciano un’enorme ferita nel cuore degli USA, paese simbolo della libertà e del diritto alla felicità di ogni essere umano. Dal gennaio 2019 su molti siti di informazione internazionale fu rilanciato con urgenza il caso delle spose bambine negli Stati Uniti, perché? In effetti, non è facile capirlo subito perché taluni giornali omettono il dato all’origine del rinnovato interesse verso un tema così tragico. Suppongo che le implicazioni politiche inevitabilmente connesse ne siano la causa. In ogni caso ecco il documento grazie a cui si è alzato nuovamente il sipario sul caso: il senatore Repubblicano Ron Johnson è a capo di una Commissione che ha stilato un rapportochiedendo dei dati precisi al Dipartimento dell’Immigrazione, in cui si legge

Negli ultimi 11 anni (2007-2017) il Dipartimento dell’Immigrazione degli Stati uniti ha approvato 3.595.447 richieste di ingresso negli Stati Uniti per il ricongiungimento con un coniuge. Tra questi 8686 coinvolgevano un minore. Due minori le cui richieste sono state approvate avevano 13 anni; in 38 casi avevano 14 anni; in 269 avevano 15 anni; in 1.768 avevano 16 anni; e nei rimanenti 6,609 avevano 17 anni. Nel 95% dei casi approvati le femmine erano la parte più giovane della coppia.

MAURITANIAN WOMEN

Leggi anche:
Se ingrassi ti sposo. L’orribile pratica del gavage, tornata in auge in Mauritania

Dati asciutti, che però lasciano intuire uno scenario grave, soprattutto perché l’avvallo di matrimoni evidentemente forzati si svolge alla luce del sole, sotto l’egida della legalità, nella maggior parte dei casi. Possibile? Sì. Perché la legge è la legge, cioè è un documento … non ha una coscienza e – soprattutto – tollera interpretazioni anche deviate (finché il legislatore non mette chiare indicazioni contro alcune pratiche). Nel caso statunitense esiste l’ Immigration and Nationality Act del 1952 in cui non è vietato il ricongiungimento familiare di soggetti uniti in virtù di un matrimonio forzato, perché si rispetta la legislazione del paese di origine in cui il matrimonio è stato contratto (tradotto semplice: se ti sposi in un paese in cui il matrimonio forzato è legale, la legge statunitense si allinea a ciò). Il grande ombrello dell’accoglienza può sottendere trappole di questo tipo.

Il governo di Washington non ha fatto nulla in merito? Questa domanda fu posta, a dire il vero senza troppo clamore mediatico, all’ex presidente Barack Obama, essendo i dati diffusi relativi al suo mandato:

Negli Stati Uniti, l’ex presidente Obama è stato accusato in questi giorni da diversi media nazionali di avere fatto entrare nel Paese, durante la sua permanenza alla Casa Bianca, un “numero record di spose bambine”. Numerosi network Usa hanno infatti attaccato l’esponente democratico traendo spunto dall’ultimo dossier sull’immigrazione redatto dalla Commissione del Senato per la Sicurezza nazionale. Secondo la legislazione americana vigente, infatti, le autorità non possono impedire a un individuo residente all’estero di raggiungere in territorio americano il coniuge ivi stanziato. Le istituzioni federali, una volta sollecitate da uno dei componenti della coppia affinché venga autorizzato l’ingresso del partner nel territorio nazionale, sono tenute esclusivamente ad appurare che tra i due soggetti in questione esista un legame matrimoniale “regolarmente costituito” in base alla normativa in vigore nel “Paese di origine” di costoro. L’ordinamento federale non considera quindi la “significativa differenza d’età” esistente tra gli sposi come un motivo valido a negare il nullaosta al ricongiungimento familiare. La tesi sostenuta dallo staff di Obama a difesa dell’operato dell’ex presidente, imperniata sulla messa in evidenza delle numerose “lacune” della legislazione statunitense, non ha però affatto convinto i parlamentari repubblicani.  (Il Giornale 12/01/2019)
web3-gavel-scales-american-flag-supreme-court-andrey_popov-shutterstock.jpg
Andrey_Popov - Shutterstock

Una battaglia da combattere Stato per Stato

Non è e non dovrebbe essere una battaglia Democratica o Repubblicana, bensì – come auspicano molti – bipartisan. Ma questo dramma purtroppo mette gli esponenti di ogni colore politico sul banco degli imputati; quello che in altri contesti è un punto di forza per gli USA in questo caso è un ulteriore elemento negativo: l’autonomia legislativa di ogni singolo stato.


THERESA, KACHINDAMOTO, MALAWI

Leggi anche:
Malawi: Theresa Kachindamoto ha impedito più di 850 matrimoni con sposi bambini

Di fatto la situazione si frammenta in casi specifici assai diversi:

In 25 Stati non sono esplicitati limiti d’età per le nozze. In quasi tutti gli altri è possibile a 13-14 anni e sono previste alcune condizioni, come il consenso dei genitori o in caso di gravidanza. Solo l’anno scorso la Virginia – dove era possibile sposarsi anche a meno di 13 anni – ha alzato il limite a 16 e prevede il consenso del minore, verificato da un giudice. Anche il Connecticut, il Texas e lo stato di New York hanno introdotto norme più restrittive. Ma ci sono ancora grandi resistenze. In New Jersey, il governatore Chris Christie ha respinto una legge che avrebbe bandito il matrimonio di minori sostenendo che sarebbe andato contro le consuetudini religiose. In New Hampshire è accaduto lo stesso, quando su iniziativa di una ragazzina degli scout è stata avanzata una proposta analoga. (da Repubblica ottobre 2017)

Entrando nel dettaglio delle battaglie legislative portate avanti di Stato in Stato ne emerge un quadro dalle tinte molto variegate; se a livello nazionale è stato un esponente repubblicano a sollevare la piaga di questi matrimoni, ci sono stati come l’Idaho in cui proprio gli esponenti repubblicani si sono opposti a una legge per alzare l’età minima per contrarre matrimonio. Difficile discernere fino in fondo le ragioni degli uni e degli altri; di sicuro il richiamo forte da fare è alla coscienza di ciascuno, perché lo sfruttamento dell’infanzia è un crimine che esige una risposta forte e chiara.

Da mettere a verbale che nello Stato della California la celeberrima Planned Parenthood è stata parte di quei gruppi che si sono opposti alla legge che voleva alzare a 18 anni l’età minima per sposarsi (fonte NBC News); ad oggi in California non c’è un’età minima per sposarsi e i dati sui matrimoni di minorenni non sono conservati con rigore.

L’associazione americana che si batte per liberare le spose bambine e impedire la pratica di matrimoni forzati si chiama Unchained at last: il sito mette a disposizione statistiche che aiutano ad aprire gli occhi sulla gravità della situazione attuale. Il team di avvocati dell’Associazione si sta battendo per far passare in tutti gli Stati una legge che metta fine ai matrimoni che coinvolgono bambini, qui sotto in giallo gli Stati in cui è stata approvata. In nero, invece, gli Stati che non hanno preso provvedimento alcuno.

CHILD, MARRIAGE, USA
Unchained at last

La maggioranza del paese è ancora lontana dall’aver preso chiara posizione contro questo tipo di sfruttamento dell’infanzia. Teniamolo a mente quando il tema caldo dell’immigrazione ci scalda gli animi: il vero abbraccio dell’accoglienza deve anche saper erigere muri invalicabili di fronte a chi usa la legge per trattare delle bambine come merce da abusare e per estorcere furbescamente la cittadinanza.

Tags:
bambinidiritti umaniusa
Top 10
See More