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Spiritualità
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Ciò in cui crediamo ci unisce, il modo diverso in cui lo viviamo è ricchezza

FRIEND PRAYER

Jantanee Runpranomkorn|Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 20/01/20

Preoccupiamoci più di non essere in grado di farci rinnovare nella fede dallo Spirito che da come Egli parla ad ognuno di noi e si manifesta nei nostri carismi: chi nella povertà, chi nello studio. Ciò che unisce è ciò in cui crediamo, il resto è intolleranza.

In quel tempo, i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Si recarono allora da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». Gesù disse loro: «Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Ma verranno i giorni in cui sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno. Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri e si perdono vino e otri, ma vino nuovo in otri nuovi».

Marco 2,18-22

Ora i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Si recarono allora da Gesù e gli dissero: “Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?”.

Sembra quasi irrefrenabile in noi la tentazione di volere sempre giudicare e pontificare sull’esperienza degli altri. Viviamo molto spesso nella posizione di chi spia l’erba del vicino e ne misura l’intensità del verde. È quello che emerge dalle battute iniziali del Vangelo di oggi. Infatti sia i discepoli di Giovanni che quelli dei farisei trovano insopportabile che qualcuno possa vivere la religiosità in una maniera differente. Capita anche questo nella Chiesa. Motivo per cui possiamo sentire alcuni che apostrofano i carismatici dicendo che sono degli esaltati, e carismatici che dicono che gli altri sono morti che camminano. Sembra difficile accettare la diversità, la sensibilità diversa, l’alfabeto altro attraverso cui ognuno esprime il proprio percorso. Ciò che ci unisce è quello che crediamo, ma il modo con cui cerchiamo di credere segue a volte percorsi differenti. Ogni movimento ecclesiale, ad esempio, corre la tentazione di sentirsi il migliore mai suscitato in tutta la storia della Chiesa. Sembra di assistere alle diatribe tra francescani, domenicani e gesuiti di qualche secolo fa. La Chiesa è una barca in cui c’è spazio per tutti. Ciò che non è mai negoziabile è la fede. Lì si costruisce la nostra comunione. Tutti diciamo che Gesù è il Signore, ma se uno lo dice inginocchiato su di un banco e l’altro tenendo le mani alzate, che cosa c’è di così scandaloso? Pensare che il “nostro” modo è l’unico modo possibile ci trasforma tutti in intolleranti. Se uno professa il Signore con la povertà e l’altro con lo studio che cosa c’è di scandaloso? Dio agisce tanto nella povertà quanto nello studio. La cosa da non dimenticare è quella di non far diventare mai vecchia la novità dello Spirito.

Nessuno versa vino nuovo in otri vecchi.

Quando i nostri schemi diventano vecchi, non riescono più a cogliere la novità del Vangelo.
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