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9 santi che erano anche atleti

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Meg Hunter-Kilmer - pubblicato il 17/01/20
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Gli amanti dello sport possono trarre ispirazione da questi uomini e queste donnePer secoli, gli atleti cattolici hanno considerato San Sebastiano il loro patrono. Soldato romano colpito da numerose frecce, recuperò la salute e tornò a predicare il Vangelo, per essere poi martirizzato.

Nonostante la sua perseveranza per il fatto di essere stato “martirizzato due volte” lo renda un patrono adatto per chi si alza presto per fare esercizio o prepararsi alla maratona, non ci sono prove del fatto che San Sebastiano abbia preso parte a uno sport organizzato.

Fortunatamente per gli atleti cattolici, molti santi lo hanno invece fatto.

La beata Chiara Badano (1971-1990) sciava, nuotava e soprattutto giocava a tennis. Amava cantare e ballare ed era nota per il suo splendido sorriso, che non è venuto meno neanche quando le è stato diagnosticato un tumore alle ossa che l’ha confinata in un reparto oncologico per il resto della sua breve vita. Nella sua malattia, pregava dicendo “Se lo vuoi tu, Gesù, lo voglio anch’io”.

Il beato Benedict Daswa (1946-1990) è stato un sudafricano convertito al cristianesimo, insegnante, marito, padre di otto figli e calciatore. Era un deciso sostenitore dell’atletica come mezzo per tenere i giovani sulla retta via, e allenava altri professori perché insegnassero a loro volta calcio, pallavolo e hockey. Quando la squadra di calcio che aveva fondato iniziò a cercare di usare la stregoneria per vincere le partite si oppose. Alla fine lasciò la squadra e ne fondò un’altra, della quale era anche il manager. La sua posizione contro la magia nera portò poi al suo martirio ad opera di amici e vicini.

La venerabile Teresita Quevedo (1930-1950) era il capitano della squadra di basket del suo liceo e un’ottima tennista. Nonostante il suo talento sul campo da tennis, non riuscì mai a vincere un campionato. All’ultimo anno era la favorita per la vittoria, ma preoccupata che questa potesse gonfiare il suo orgoglio chiese alla Madonna non una vittoria, ma quello che fosse più gradito a Gesù. Quando perse, riuscì ad accettare il risultato con una gioia tale che la madre, vedendo la sua espression, pensò che la figlia avesse vinto.

Papa San Giovanni Paolo II (1920-2005) parlava spesso del potere dello sport per aiutare a sviluppare le giovani anime, e una volta ha detto che lo sport contribuisce “a far amare la vita” ed educa “al sacrificio, al rispetto ed alla responsabilità, portando alla piena valorizzazione di ogni persona umana”. Esperto sciatore, escursionista, amava scalare e pescare, e nella sua residenza estiva aveva fatto installare una piscina per poter fare esercizio. Quando alcuni cardinali misero in discussione questa decisione per via della spesa che comportava, disse che era più economica di un altro conclave.

Il beato Pier Giorgio Frassati (1901-1925) amava scalare le montagne – le fotografie lo mostrano in posizioni decisamente precarie –, andare a cavallo e sciare. Serviva i poveri, amava il teatro e sgattaiolava di casa per assistere ogni giorno alla Messa. Morì di poliomielite, contratta da coloro che serviva.

Santa Teresa de los Andes (1900-1920) era una ragazza cilena che amava nuotare, sia in piscina che nell’oceano, e andare a cavallo. Suo fratello diceva che il suo modo selvaggio di cavalcare la faceva sembrare una dea. Teresa giocava anche a tennis e a croquet, amava cantare e suonare la chitarra ed era un’ottima ballerina. Pur lottando contro il suo temperamento e la sua ostinazione, seguì la chiamata al Carmelo e divenne religiosa. Neanche un anno dopo morì di tifo.

San Philip Evans (1645-1679) era un gesuita gallese che venne ordinato in Belgio e rimandato in Galles per servire come sacerdote clandestino. Dopo essere stato arrestato per il fatto di essere presbitero, trascorse il suo tempo in prigione suonando l’arpa e giocando a tennis. Quando un carceriere venne mandato da lui per informarlo che la sua esecuzione era stata fissata per il giorno dopo, interrompendo la sua partita di tennis per riportarlo in prigione, padre Evans rispose: “Lasciatemi prima terminare la mia partita”. Gli venne permesso, e il giorno dopo fu ucciso.

Anche se non ci sono resoconti che indichino che San Jean de Brebeuf (1593-1649) praticasse qualche sport, è stato colui che ha dato al gioco del lacrosse il nome con cui è stato noto per secoli. Non è difficile immaginare questo sacerdote forte unirsi al gioco come modo per costruire un rapporto con la popolazione degli uroni nella sua opera di evangelizzazione in Canada. La sua gente lo soprannominò “Echon”, “Il forte”, ed era colpita dalla sua prestanza fisica che gli permetteva di portare notevoli pesi e di remare le sue canoe. Perfino gli irochesi che lo martirizzarono rimasero stupiti dal suo coraggio e dalla sua capacità di sopportazione durante la tortura, e dopo averlo ucciso ne mangiarono il cuore per cercare di assorbire la sua forza.