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Cos’è vero tra quello che sono e ciò che mostro di essere?

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Baranq - Shutterstock

padre Carlos Padilla - pubblicato il 16/01/20

Diffondere una bugia sulle reti sociali o su altri mezzi non la trasforma in verità, anche se emoziona

Cos’è vero? Cos’è una bugia? Diffondere una bugia sulle reti sociali la trasforma in verità? La finzione crea la realtà? Nascondere una verità diventa una menzogna?

Vivo in un’epoca in cui tutto sembra relativo. Sia la verità che le menzogne. Si impongono l’emozione, il sentimento, quello che la realtà raccontata risveglia in me.

Mi colpisce il valore che ha l’emozione. Al di sopra della verità, della realtà com’è. In un film posso cambiare una cosa con un’altra. Posso far sì che la storia vera importi poco.

Nella mia vita può accadere lo stesso. Quello che gli altri dicono di me determina la mia vita. Sapranno davvero come sono? Lo sa solo Dio.

L’arte esprime esprime con simboli verità più profonde. Personaggi fittizi sembrano essere reali, storici, senza pretendere di esserlo. Comporta un pericolo.

Non sempre la storia vera conta. A contare sono le emozioni che si risvegliano ascoltando certi atteggiamenti. Certi di un lato, certi dell’altro. Emozioni contrarie. A favore o contro.

Io sono dalla tua parte, del tuo partito, o sono dell’altro. E per questo non ti posso vedere e mi allontano. Nascondo la verità, racconto la storia a modo mio. Tutto si assolutizza, si relativizza.

O sono del mondo o sono di Dio, quasi come se fosse qualcosa di antagonista. Sono cristiano o pagano. Mi starò lasciando trasportare dai venti del mondo?

Gesà si è fatto uomo, carne della mia carne, per assumere la mia storia com’è, la mia natura, uguale
in tutto fuorché nel peccato.

Gesù ha voluto assumere la mia verità perché non fosse mai una menzogna agli occhi di nessuno. Per Lui sono vero, sono buono, sono Suo. Ha assunto la mia carne perché imparassi ad amarla com’è. Nella sua fragilità, nel suo peccato.

Ho deciso di non soffermarmi all’apparenza delle cose. È la verità che conta. Gesù ha unito la verità e la carità nella sua anima umana e divina allo stesso tempo. Dio e uomo. Non mi ha lasciato estremi contrapposti. Ha unito quello che sembrava impossibile unire. Un Dio onnipotente legato alla carne impotente.

A volte sembra che se sono del mondo e lo amo, irrimediabilmente divento mondano e perdo Dio, lo allontano dal mio sguardo. E solo se rifiuto il mondo, con i suoi peccati e le sue tirannie, solo allora posso essere di Dio. Ma è una bugia.

Me lo ripeto per non dimenticarmelo mentre guardo un bambino nel presepe. Non è quello che ha fatto Gesù, me lo ripeto. La verità continua ad essere la stessa. Anche se io racconto altre cose, o parlo della mia verità, del mio punto di vista. Di quello che so o che ho ascoltato.

Sembra che valga ciò che è storico. Ciò che è accaduto davvero, quello che ho pensato in quel momento, quello che ho fatto in realtà. Ed è diverso da quello che posso inventarmi perché sia più interessante.

Esisterà sempre una tensione tra l’emozione e la realtà. Mi costa quando si pretende di presentare la vita come opposti che si scontrano. Sei di un lato o dell’altro. Sei di Paolo o di Apollo. Di Cristo o del demonio. Due modi diversi di vedere la vita. Di destra o di sinistra. Conservatore o progressista. Di una parte o dell’altra.

Hanno voluto incasellare anche Gesù. Era più facile. Costa credere alla via di mezzo. L’emozione è unita a ciascuno degli estremi. Tutto sembra irriconciliabile.

La carità e la verità non si possono separare. La verità senza carità non si sopporta. Vanno sempre unite. Mi colpiscono le persone che vedono tutto in bianco o nero. Notte o giorno. Freddo o caldo. Di Dio o del mondo.

Non voglio temporeggiare, né cedere in tutto. So che è facile lanciare al vento una menzogna. Diventa verità quasi senza volerlo. Quello che dico inizia ad essere creduto come vero. E sorge il sospetto.

È difficile spegnere l’eco di un diffamazione quando è pubblica. Che sia verità o menzogna. Ho la fama che mi hanno creato. Mi hanno incasellato e non riesco a uscire dal luogo in cui mi hanno posto.

È quello che faccio con le persone. Le incasello, le sottopongo al mio giudizio, le imprigiono nel mio modo di vederle. Einstein diceva:

“Preoccupati più della tua coscienza che della tua reputazione. La tua coscienza è quello che sei. La tua reputazione è quello che gli altri pensano che tu sia”.

La verità senza carità è un coltello affilato. La verità è quello che sono, non quello che sembra. Quello che c’è nel mio cuore lo sa solo Dio. L’uomo inventa. Pretende di sapere tutto e giudica. Si ferma agli estremi.

Mi aggrappo alla verità in cui credo. Non voglio che in me regni la menzogna. È facile caderci. Ricordo una vecchia canzone che intonavo da bambino:

“Ora che andiamo lentamente raccontiamo bugie. Nel mare corrono le lepri, sul monte le sardine. Ho trovato un susino pieno di mele. Ho iniziato a tirargli delle pietre e cadevano delle nocciole”.

Bugie da bambino, assurde. Ma bugie che poi diventano menzogne da adulto. Se mi abituo a mentire da bambino, finirò per essere un uomo bugiardo. E crederò alle mie stesse bugie. Non distinguerò la verità dalla menzogna. E l’emozione che suscita quello che credo sarà quello che mi farà optare per una strada o per l’altra.

Non voglio vivere agli estremi. Scontrandomi con gli altri. Con chi non la pensa come me. Guardo nel cuore di Gesù. Per vedermi nella mia verità guardando dentro di Lui. Lì riposo e sono me stesso.

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