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FacciamoLo entrare a casa nostra e parliamoGli di chi amiamo

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Jack Frog|Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 15/01/20

Parlare a Dio di chi amiamo è la prima forma di preghiera, lasciarlo entrare in casa nostra e non relegarlo a una chiesa, è l'unico modo per fargli trasformare la nostra quotidianità.

In quel tempo, Gesù uscito dalla sinagoga, si recò subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni.
La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli. Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati.
Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano. Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava.
Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce e, trovatolo, gli dissero: «Tutti ti cercano!».
Egli disse loro: «Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».
E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

Marco 1,29-39

E, usciti dalla sinagoga, si recarono subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli.

In questi primi versetti del Vangelo di oggi troviamo alcuni dettagli che possono diventare illuminanti per ognuno di noi. Il primo è nell’accogliere Gesù in casa. È Simone a portarlo tra le pareti domestiche, e sembra quasi suggerirci che fintanto che lasceremo la fede tra le mura delle nostre chiese, non capiremo fino in fondo il potenziale del Vangelo. Infatti se ciò che crediamo non è assolutamente valido e vivibile nelle cose di ogni giorno, nelle nostre relazioni quotidiane, nella normalità della vita, allora una fede così non ci serve a nulla. Cristo deve permeare la nostra normalità, la nostra quotidianità, la nostra casa, ma non nel senso che deve trasformarla in un prolungamento di sagrestia o di bigotteria, ma nel senso che ogni frammento della nostra vita deve avere a che fare con la Sua luce. Ed è proprio in questa casa che accade una modalità di preghiera che troppo spesso trascuriamo:

La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei.

Tante volte mi capita di ascoltare in confessione persone che mi dicono: “padre io non so pregare! Con Gesù ci parlo, gli raccomando i miei figli, la gente a cui voglio bene, le situazioni che vivo. Ma posso considerare questa preghiera?”. Essa non solo è preghiera ma è una potente modalità di preghiera perché è la preghiera di intercessione. Dovremmo sempre avere il coraggio e la semplicità di parlare a Gesù della gente che ci è accanto e che tante volte soffre. Dovremmo imparare sempre ad intercedere. E la risposta a questa intercessione non si fa attendere:

Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli.

Accostarsi, sollevarla, liberarla, cambiarla. È questa la sequenza del miracolo.
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