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Ciclo femminile: meravigliarsi per l’opera di Dio

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Gabrielle Vialla - pubblicato il 14/01/20

Un invito fatto alle donne perché vivano il loro ciclo come una lode al creatore, un’occasione per stupirsi di quanto Dio fa per loro mediante il femminino.

La creazione ci parla del Creatore, cosí come l’opera di un artista ci istruisce sul suo artefice. Dio ha collocato dei cicli, nella natura: la rivoluzione solare, le stagioni ad essa connesse, il ritmo circadiano dei viventi, la respirazione… E ce n’è uno più nascosto perché più intimo degli altri: il ciclo femminile. Esso s’iscrive nella donna a partire dalla pubertà e vi resta fino alla menopausa. Certo, la femminilità è cosa ben più vasta del ciclo e non scompare con la menopausa, ma il ciclo mestruale è una realtà cardinale e imprescindibile, che testimonia la differenza e la complementarietà dell’uomo e della donna.




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Invito le donne, ma anche gli uomini, a contemplare il magnifico dono dell’Incarnazione: il Verbo si è fatto carne fin dal concepimento, innestandosi nel ciclo della Vergine Maria. Quello zigote teandrico, già vero uomo come vero Dio, viene a salvarci passando da quella realtà pragmatica, ignorata, che è il ciclo femminile. Questo è l’oggetto della nostra fede, ed essa versa un nuovo lume sulla vocazione della donna ma pure su quella dell’uomo. Invito tutti a darsi il tempo di meditarne le implicazioni umane e spirituali.


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Ogni donna può vivere il suo ciclo non come un peso o come un luogo di potere (alla maniera delle femministe, che seguono Simone de Beauvoir), ma come una lode al Creatore nel proprio corpo. Le stagioni del ciclo sono una ricchezza per la fede, se la donna sceglie di riconoscerle e di lasciarsene orientare. L’abbiamo detto, ma consideriamo anche le conseguenze di questo assunto: la Vergine Maria ha vissuto il ciclo in tutte le sue dimensioni, dalla pubertà alla menopausa, passando per la gravidanza e l’allattamento.




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A volte il ciclo è malato. Bisogna cercare di curarlo. Alcune donne comunque possono essere dolorosamente private del loro ciclo, e non si tratta certo di un rifiuto da parte loro, ma di una chiamata a una partecipazione al mistero della Croce, che ha una sua propria e misteriosa fecondità.




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Ricevere il femminino significa ricevere il carattere mariano della nostra fede: significa imparare ad amare d’amore filiale quella madre che Gesù ci lascia dalla Croce, imitarla nelle sue virtù. L’imitazione passa anzitutto per un vero sì a quel che Dio ha fatto e che è buono – anzi, «molto buono». Dio ha messo nella donna un ciclo per il suo bene naturale e spirituale. Esso è chiamato a irradiarsi a partire dalla donna tutt’intorno a lei – per alcune anche nella fecondità biologica, per tutte in una fecondità spirituale.

[traduzione dal francese a cura di Giovanni Marcotullio]

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