I politici americani di destra e sinistra, dati alla mano, ne sono convinti: il matrimonio non è ancora l’istituzione obsoleta che vogliono farci credere, ma una ricchezza per la nostra società, sia economica che sociale. Da campo di battaglia, il “sì” diventa terreno comune per guidare la ripresa e sanare le disuguaglianze.Il matrimonio divide: c’è chi lo vede come un’istituzione vuota e priva di senso, chi come una benedizione necessaria. C’è chi lo vuole in chiesa, chi laico, chi col cane che porta le fedi. Divide la scelta dei fiori, del gusto dei confetti (o nocciola sbucciata a mano da un autoctono di Sulmona di almeno tre generazioni certificate o non se ne fa nulla, caro mio) e questo è niente a confronto di quanto dividerà poi l’educazione dei figli, la contrattazione dei giorni alterni per la spazzatura da buttare, i difetti che da piccoli e sopportabili diventano l’unica cosa che vedi, neanche se dopo il “sì” ti avessero montato sugli occhi una di quelle ottiche che usano sui telescopi per ingrandire i crateri lunari. Il matrimonio divide la destra dalla sinistra: la politica ha sempre fatto della visione del sacramento motivo di propaganda, a ben dire, dato che questa istituzione retrò è ancora uno dei motori più forti dell’economia, un ammortizzatore sociale, il campo di battaglia su cui si giocano i valori e l’aspetto della società di domani. Spesso però, dove le ideologie non arrivano, quando è il tempo che mette le carte in tavola facendo parlare numeri, dati e case history, può succedere che una cosa vecchia e demodé come il matrimonio, il metter su famiglia, diventi l’unica certezza per far uscire un paese dalla crisi.
Combattere le disuguaglianze coi confetti
Non parlo solo di crisi demografica in senso stretto e del calo nascite con cui paesi come gli USA se la vedono da anni: per quella servirebbero anche politiche ad hoc a sostegno vero delle famiglie che fanno figli. Parlo proprio di una crisi di valori che, oltre ai numeri dell’anagrafe, ha impoverito il cuore, ma anche le tasche (cosa che sta sempre molto a cuore alla politica). Gli americani vorrebbero più figli rispetto a quelli che sentono di potersi permettere, la disoccupazione è bassissima, eppure il potere d’acquisto della classe media diminuisce e il divario sociale aumenta. Cosa c’entra il matrimonio con questo?
Pare che il classico “per la famiglia si fa tutto” abbia una valenza reale nello spingere l’economia.
Proprio gli economisti Robert Lerman e Bradford Wilcox quantificano i benefici concreti del matrimonio, stimando che il reddito medio delle famiglie americane con bambini sarebbe più alto del 44% se ci si sposasse allo stesso ritmo del 1980. Così, anche i sostenitori della rivoluzione sessuale, quelli che storicamente hanno dipinto il matrimonio come istituzione vuota, si trovano a dover rivedere le loro posizioni:
L’alto tasso di matrimoni nell’America della classe medio-alta rende chiaramente evidente il legame tra la struttura familiare e il benessere,
afferma Will Marshall, presidente del Progressive Policy Institute, citato su Avvenire.
Leggi anche:
La vera rivoluzione? Sposarsi, fare figli ed educarli nella fede
Se il matrimonio diventa radical chic
Il dato più interessante poi è che non parliamo di matrimoni tra bigotti cattolici nostalgici, perché sarebbero proprio le élite liberal, quelle di stampo socialdemocratico, affini al partito democratico statunitense, ben istruite e laiche, a sostenere la famiglia “tradizionale” con due genitori uniti e impegnati per il bene della prole.
E allora succede che il matrimonio diventa non solo l’unico elemento a unire i politici, il terreno su cui fare fronte comune e organizzare la ripresa, ma si scoprono gli altarini e, dati alla mano, questa istituzione si conferma un valido strumento per la lotta alle disuguaglianze. I dati della Federal Reserve, riportati da Avvenire, parlano di un calo di 2.2 punti percentuali delle unioni dal 1989 ad oggi proprio per quella classe storicamente immune alla rivoluzione sessuale: bianchi, senza titolo di studio superiore. Un dato a sostegno del fatto che, il calo dei matrimoni in una classe storicamente vocata e propensa al “sì”, dimostra quanto oggi,
Sempre più, il matrimonio sta diventando un indicatore del privilegio di classe in America. Se i progressisti vogliono affrontare il flagello della disuguaglianza, il calo dei matrimoni è un problema che non possono ignorare,
citando sempre Will Marshall.
E che il matrimonio è diventato radical chic, lo afferma anche l’opinionista Tom Edsall sul New York Times, come riportato sempre da Avvenire:
accanto ad azioni come aumentare il salario minimo, rafforzare i sindacati e tassare i ricchi per pagare nuovi benefici sociali per le famiglie con mezzi modesti, i progressisti parlano con sempre maggior frequenza del matrimonio, che non è più visto come una sgradita distrazione dalle questioni di potere economico. Molti, se non la maggior parte, dei liberal sono profondamente turbati dalla disfunzione familiare. E gli studiosi di sinistra ora riconoscono che la rivoluzione sessuale e il movimento dell’autonomia personale hanno avuto costi significativi, e non solo guadagni.
Sposate e felici, anche le donne
Strumento classista e oppressivo per le donne costrette dopo i confetti a sacrificare la carriera per figli e fornelli? Pare che invece proprio le donne più istruite, quindi con maggiore propensione alla carriera, siano anche le più feconde e impegnate in relazioni matrimoniali durature e stabili. Non esattamente il ritratto dell’infelicità o di chi non vorrebbe essere madre per inseguire il lavoro. 78% di probabilità di nozze di porcellana (venti anni di matrimonio) per donne laureate contro il 40% per le diplomate superiori.
Leggi anche:
Nuovo studio: i millennials hanno matrimoni più duraturi
Diciamoci la verità anche su figli e divorzio
La vera rivoluzione però, la leggiamo nelle posizioni sui figli e il divorzio, sulle quali mai democratici e repubblicani americani si sono trovati tanto vicini. Isabel Sawhill e Joanna Venator del gruppo progressista Brookings Institution affermano che
Il calo dei tassi di matrimonio è preoccupante. È vero che un alto numero di bambini viene allevato da coppie conviventi, ma negli Stati Uniti queste relazioni tendono ad essere instabili e di breve durata. (Ib.)
Mentre gli intellettuali di sinistra David Blankenhorn, William Galston e Jonathan Rauch hanno pubblicato un vero e proprio manifesto a favore del matrimonio sulla rivista Washington Monthly, riportato da Avvenire:
Crea famiglia e rafforza i legami sociali. È un’istituzione che produce ricchezza. Il matrimonio funziona chiaramente come fonte di felicità e benefici per i bambini. (Ib.)
Senza matrimonio, continuano, la vita familiare è
più fratturata e difficile, con più insicurezza economica, meno mobilità sociale, più stress infantile e un logoramento della nostra cultura comune. (Ib.)
Insomma, questa vicinanza su un tema storicamente dibattuto dalle forze politiche opposte dimostra quanto il matrimonio naturale (più che tradizionale!) sia tutt’altro che una istituzione vuota e obsoleta, superata in una società come la nostra. Per il resto, se son rose fioriranno, ma di sicuro, saranno fiori d’arancio!