Dalla sala travaglio, e pronta a far nascere il suo quinto figlio, la modella cattolica Leah Darrow ha voluto condividere un pensiero per le donne: “Sono pronta a far nascere mio figlio, che non sarà un impedimento alla mia crescita professionale ma un miglioramento”.Sono molte le reazioni al discorso di Michelle Williams alla cerimonia dei Golden Globes, e non sono solo applausi ma fiere contestazioni. Come sempre in questi casi l’inquadratura mediatica si stringe sulle ovazioni ed evita di documentare che in molte – donne reali, impegnate, stanche e felici – dissentono da quelle parole. Giù dal palcoscenico, senza trucco e parrucco perfetti e senza un copione preparato in ogni sillaba, c’è la vita vera che scuote e sorprende.
Le parole di una diva sul palco
La realtà è il campo aperto dove si misura il valore delle parole. E, ricordiamoci, un discorso può essere formulato senza essere incarnato. Grammaticalmente nessuno può corregere con la biro rossa la frase: «Ho rubato delle caramelle al supermercato». E, ricordiamoci anche, un uso fraudolento della retorica può cammuffare il dato della realtà e forzare la frase di prima, rendendola quasi astrattamente buona e giusta: «Un’iniqua politica economica mi ha messo in condizioni di disagio e mi ha costretto a un gesto estremo per dare ai miei figli delle caramelle». In molti formuliamo frasi astratte senza rendercene conto, difendiamo un’idea senza metterla nella fucina incandescente del vissuto e della coscienza, tacendo dei pezzi scomodi.
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Davvero Michelle Williams ha vissuto l’aborto come qualcosa di assolutamente positivo e senza contraccolpi emotivi? Questo mi sono chiesta. La parte più importante delle sue scelte non ce l’ha raccontata davvero. Perché non credo che sia stato tutto così liscio, semplice e composto come la sua voce pacata; Hollywood è un regno impietoso che ha molta polvere intrisa di lacrime sotto i suoi lussuosi red carpet. A ben vedere il discorso della Williams così appassionato non è stato molto personale, è stato più retorico che incarnato.
La storia di una modella in travaglio
Una delle reazioni più significative a questa visione della donna libera di scrivere di suo pugno la propria vita, cancellando senza remore le presenze sgradite alla carriera, è arrivata da Leah Darrow, modella statunitense che partecipò al programma America’s Next Top Model e oggi autrice cattolica di contenuti sulla bellezza alla luce della fede. Leah ha pubblicato un video su Instagram dalla sala travaglio dove stava dando alla luce il suo quinto figlio. Si tratta di un contenuto molto breve e non pianificato, nato dall’istinto di voler dare una versione della maternità agli antipodi di quella della Williams; ecco le sue parole:
Ciao amici, sono all’inizio del travaglio. Vi chiedo assolutamente di pregare. Quello che sto per dire non era in programma, viene dal cuore e lo dico spontaneamente alla luce di quello che ha detto Michelle Williams ai Golden Globes. Sono qui in attesa di partorire il mio quinto figlio. E voglio dire qualcosa alle donne e anche alle giovani ragazze che ancora non hanno figli e sentono solo quello che la cultura dominante dice riguardo a donne e nascita, bambini e scelte. I bambini non ci sottraggono i nostri sogni. Sto per partorire un figlio che non mi allontanerà dalla mia crescita personale ma che la renderà migliore, proprio grazie alla sua presenza. E sono così emozionata e onorata di questa nascita. Ci sarebbe bisogno di più discorsi come questo.
Ho ascoltato le parole di Leah identificandomi perfettamente nel suo percorso. Anche per me (e siamo la maggior parte là fuori… ) la maternità ha significato un allontanamento dai miei progetti e, oltre alla pienezza di vita che portano in dote i figli, anche un guadagno professionale enorme. Le qualità migliori che oggi avrei da mettere sul curriculum le ho addestrate e ricavate dalla costruzione del rapporto coi miei bambini. Non ero paziente, lo sono molto di più. Non davo credito alla voce altrui, ora non bramo di avere l’ultima parola. Mi spaventavano gli imprevisti, oggi ho imparato a godere delle loro potenzialità. Dove sarei finita se avessi messo solo me stessa al centro di tutto? – è questa la domanda che mi fa tremare.
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Lontano dai riflettori, accanto alla donne
Ma mettiamo sul tavolo la parola più applaudita di tutte: la scelta, che la retorica sull’aborto ha reclamato per sé. Anche quella di Leah Darrow è una scelta, che ha il volto di 5 figli e una vita evidentemente soddisfatta ma parecchio impegnativa. Il bello della scelta è proprio che prevede più direzioni, eppure quando si parla ideologicamente di donne e gravidanza sembra che scegliere sia sinonimo di abortire. Perché? La risposta è facile: scelta suona meglio di interruzione. Tutto il contesto reale dell’aborto è negativo, procede per sottrazione e respingimento, inevitabilmente il mondo astratto dell’ideologia deve aggrapparsi a un appiglio retorico che annulli tutta questa negatività, e «scelta» è perfetto … ma incompleto perché sarebbe giusto dire «la scelta del no».
La scelta del sì apre scenari diversi da quelli che ogni donna può aver abbozzato a tavolino. La scelta del sì alla vita può catapultare una famiglia a mille miglia dal successo dorato di Hollywood … eppure, care dive bellissime, la felicità esiste ed è pazzesca anche nei quartieri di periferia o nelle semplici case di un paese di provincia. Ci sono donne che si sentono pienamente realizzate anche quando sudano sette camincie non firmate per arrivare a sera; piangono e danno anche alle lacrime il nome di gioia vera. Hanno una laurea nel cassetto, ma fanno altro e non rimpiangono nulla anche quando brontolano con i figli a tavola. Non verranno mai citate neppure in un quotidiano di provincia ma cambiano il mondo più di Greta. Lontano dai riflettori ci sono storie di scelte non pianificate che hanno trame ben più avvicenti delle serie di Netflix. Ed è molto suadente e sleale da parte dei media generare questa associazione di pensieri: donna bellissima-famosa-ricca-aborto-felicità. Detto senza metafore non credo nella spontaneità dell’uscita della Williams.
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Davvero una donna reale sarebbe pronta a giurare che, sempre e comunque, le proprie smanie di progettualità e le ansie di affermazione le hanno portato traguardi gratificanti? Davvero la nostra agenda mentale, dettata dalle regole di una società arrivista che conosce solo il miraggio del successo, è la migliore consigliera che giureremmo di avere? Il femminile è così predisposto all’avventura, a ciò che esula dagli assi ortogonali, ai discorsi sovraffollati e non per forza razionali. Ed è un punto di forza, che dà valore al significato più vero della speranza: aprirsi al buono che può arrivare da fuori, dall’aria fresca di un mondo più grande e imprevedibile degli schemi mentali e dei curriculum strepitosi.
Ha ragione Leah Darrow, avremmo bisogno di più discorsi che aprano finestre sulle occasioni inaspettate che la vita sa portare, perché sappiamo che possono esserci situazioni davvero difficili in cui accogliere il dono della maternità. E poi, forse, a ben vedere questi discorsi ci sono già e non sono monologhi dall’alto di un palco ma chiacchierate intime e sincere. Quando ospitiamo su For Her le testimonianze che arrivano dai CAV, il senso è proprio quello di condividere esperienze e non indottrinamenti. Nel vivo delle ferite della vita, nel pieno di situazioni burrascose e drammatiche è un dono trovare un paio di occhi umani a cui affidare i propri dubbi, perché la maggior parte delle persone reali non ha in mente un Golden Globe da vincere ma dei figli da riuscire a sfamare. Appuntiamoci pure questa medaglia al petto con orgoglio: la voce dell’ideologia dell’aborto è sempre sotto i riflettori e si guadagna le platee più in vista … e resta inesorabilmente lontana dal bisogno reale, dove invece la presenza di chi si cura della vita compie miracoli invisibili ai grandi schermi – e va benissimo così.
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