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Se Gesù pregava, come possiamo noi pensare di vivere senza farlo?

PRAYER

Suzanne Tucker|Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 09/01/20

Gesù non è mai indifferente ai venti avversi che soffiano sulla nostra vita. Non è indifferente al bisogno, né alle paure, ma se non entriamo in relazione con Lui con la preghiera, se ci ostiniamo a poggiare tutto sulle nostre forze e la nostra volontà saremo sempre angosciati, preoccupati, esausti.

Dopo che furono saziati i cinquemila uomini, Gesù ordinò ai discepoli di salire sulla barca e precederlo sull’altra riva, verso Betsàida, mentre egli avrebbe licenziato la folla. Appena li ebbe congedati, salì sul monte a pregare. Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli solo a terra. Vedendoli però tutti affaticati nel remare, poiché avevano il vento contrario, già verso l’ultima parte della notte andò verso di loro camminando sul mare, e voleva oltrepassarli. Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: «E’ un fantasma», e cominciarono a gridare,
perché tutti lo avevano visto ed erano rimasti turbati. Ma egli subito rivolse loro la parola e disse: «Coraggio, sono io, non temete!». Quindi salì con loro sulla barca e il vento cessò. Ed erano enormemente stupiti in se stessi, perché non avevano capito il fatto dei pani, essendo il loro cuore indurito.

Marco 6,45-52

Appena li ebbe congedati, salì sul monte a pregare.

Come può lasciarci indifferenti una simile annotazione del Vangelo? Se Gesù stesso prega, chi siamo noi per pensare di poter vivere la nostra vita senza pregare? Privarsi della preghiera è come privarsi dell’ossigeno. Chi non prega poggia tutta la vita sulle proprie gambe, sulla propria forza, sulla propria volontà. Ed è per questo che non di rado ci sentiamo esausti, esauriti, ansiosi, angosciati, preoccupati. Pregare è capire che il punto di appoggio più affidabile per vivere non è ciò di cui siamo capaci noi, ma è nella relazione con Dio. È facile comprendere questo se almeno una volta nella vita abbiamo fatto un’esperienza, seppur breve, di relazione affidabile. Lo vedo spesso, ad esempio, con gli universitari: chi tra di loro fa più fatica a studiare molto spesso capisce che solo se ha l’umiltà di studiare con qualche amico riesce ad essere più costante, più capace. È la presenza dell’amico che fa la differenza. Qualcosa di simile è la preghiera: è la relazione con Cristo che ci rende capaci di ciò di cui da soli non siamo capaci. Ecco perché subito dopo questa annotazione il Vangelo ci racconta di una tempesta e di Gesù che va incontro ai suoi discepoli proprio nella tempesta:

Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli solo a terra. Vedendoli però tutti affaticati nel remare, poiché avevano il vento contrario, già verso l’ultima parte della notte andò verso di loro camminando sul mare, e voleva oltrepassarli.

Gesù non è mai indifferente ai venti contrari che ostacolano la nostra vita. Egli ci viene incontro soprattutto quando abbiamo più bisogno. Mi colpirono una volta le parole di una donna famosa dello spettacolo che si ritrovò a combattere con un cancro. In una intervista disse:

quando scoprii la mia malattia l’unica cosa che mi venne in mente in quel momento furono le preghiere che avevo imparato da bambina. Voi mi direte che pregavo per paura. Forse si, ma so solo che per me furono come un abbraccio. Mi diedero forza.


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