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In Cristo non siamo mai condannati alla tristezza

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C_Atta|Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 07/01/20

La tristezza, l'ingiustizia non sono scuse, ma motivo di liberazione. Cristo ci libera della paura della fine, della sofferenza, della solitudine: da ciò che ci condanna all'infelicità possiamo trarre qualcosa di grande e nuovo!

In quel tempo, avendo saputo che Giovanni era stato arrestato, Gesù si ritirò nella Galilea e, lasciata Nazaret, venne ad abitare a Cafarnao, presso il mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: il paese di Zàbulon e il paese di Nèftali, sulla via del mare, al di là del Giordano, Galilea delle genti;il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce; su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte una luce si è levata.
Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino». Gesù andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando la buona novella del regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.
La sua fama si sparse per tutta la Siria e così condussero a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guariva. E grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano.

(Matteo 4,12-17; 23-25)

Avendo intanto saputo che Giovanni era stato arrestato, Gesù si ritirò nella Galilea e, lasciata Nazaret, venne ad abitare a Cafarnao, presso il mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali (…) Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».

È interessante come l’uscita di scena di Giovanni Battista spinga Gesù a prendere la decisione di iniziare qualcosa. È la grande lezione che il Vangelo ci dà nel mostrarci come a volte gli eventi ingiusti della vita, come l’arresto di Giovanni Battista, invece di lasciarci inchiodati nella disperazione devono spingerci a prendere ancor più sul serio la vita. Gesù a partire proprio dall’incarcerazione di Giovanni prende la decisione di annunciare il Regno. Sarebbe bello poter rileggere la nostra vita e accorgerci se gli eventi tristi, ingiusti e faticosi ci hanno spinto a prendere delle grandi decisioni o se invece hanno semplicemente bloccato la nostra vita. E’ da qui che dobbiamo ripartire: da questa consapevolezza. Se ci accorgiamo di essere fermi non dobbiamo dimenticare che il passaggio di Gesù ha come scopo proprio la nostra liberazione. Lo dice bene il Vangelo:

Gesù andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando la buona novella del regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. La sua fama si sparse per tutta la Siria e così condussero a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guariva.

Che cos’è la guarigione se non la vita che riparte? Che cosa significa incontrare la buona novella del Vangelo se non incontrare un modo nuovo di vivere ciò che invece ci ha condannato? Penso a cose molto concrete: una ferita, la perdita di una persona cara, una mancanza, un’ingiustizia. Tutte queste cose solitamente bloccano la nostra vita. Il Vangelo deve poter incontrare ciascuno di questi eventi e trasformarli nel motivo fondamentale per cui decidiamo qualcosa di diverso, di grande, di nuovo.
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