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Restituiamo ai nostri figli il diritto alla noia per aprire il cuore al “dono”

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Giovanna Binci - pubblicato il 03/01/20
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Diventare grandi è noioso: solo cose utili, agende piene, corse per ottimizzare il tempo. Anche essere bambini non è tanto facile oggi: se hai un passatempo che sia sensato o almeno che diventi un piccolo Mozart. Invece la noia ha senso per recuperare la dimensione dell’accoglienza: di una intuizione creativa, di noi stessi, degli altri e anche di Dio. Lasciamogliela.

“Una volta, un bambino mi ha messo in difficoltà perché mi ha fatto questa domanda: dimmi, padre, cosa faceva Dio prima di creare il mondo, si annoiava?” Sicuramente “…i bambini sanno fare le domande e fanno le domande giuste e ti mettono in difficoltà»

ha aggiunto Papa Francesco ricordando questo episodio.

Tralasciando la risposta teologica dietro a questa domandina da niente, quello che mi ha fatto sorridere è che solo un bambino poteva fare una domanda del genere, una che collega lo spirito creativo del nostro Dio alla noia.

Perché i bambini lo sanno bene, com’è che ci si annoia e che fissando un soffitto bianco ciondoloni sul pavimento si pensano le migliori marachelle e si fanno i migliori progetti, quindi, coi loro occhi, anche Dio stava sicuramente immaginando qualcosa su un soffitto bianco quando ha avuto quel guizzo per creare una cosa meravigliosa come il mondo. I bambini lo sanno che dal tempo lento e inutile vengono fuori le cose più belle, mentre oggi se non stiamo attenti, questo diritto alla noia glielo stiamo togliendo insieme a tutti i privilegi annessi. 

Le agende dei nostri figli

“non hanno nulla da invidiare a quelle di un top manager di multinazionale”

mi è capitato di leggere ultimamente sul numero di Gennaio 2019 di BenEssere, il periodico edito da San Paolo. A denunciarlo è il medico e psicanalista Luigi Ballerini rispondendo alla richiesta di aiuto di una mamma preoccupata per le continue scuse inventate dal figlio per saltare le attività extra scolastiche. E se a quanto pare anche Dio aveva diritto di annoiarsi, oggi né noi né i nostri bimbi sappiamo più come si fa. Oggi o il tempo è utile o non serve a nulla. Pazienza se poi facciamo corsi di mindfulness per tornare ad ascoltarci o sentiamo sempre che la nostra vita ci sfugga dalle mani nonostante l’agenda piena. Chi non si annoia non è più capace appunto di ascoltarsi, di fermarsi, di stupirsi, di immaginare, ma soprattutto di accogliere: un’intuizione creativa, la voce di Dio, sé stesso per quello che è in quel momento, la sue domande, la stanchezza persino, i doni immensi che ci circondano, come la bellezza ipnotica delle fronde degli alberi che si muovono al vento e che, solo se ti metti ciondoloni sotto a fare niente puoi apprezzare davvero.  La noia non è un contenitore vuoto e, dice Ballerini 

“Al giovane con un programma tanto definito (della giornata) non resta più il bello di…pensarci lui!”

Stare in stanby appunto, è un diritto che abbiamo perso quando siamo entrati nel mondo dell’utile, dove ogni cosa deve sempre e per forza avere uno scopo, portare un qualche guadagno, il tempo va ottimizzato e deve dimostrarsi produttivo, altrimenti non ne vale la pena. Ragioniamo così per il nostro, di tempo, ma stiamo pericolosamente iniziando ad estendere il criterio anche alle persone, alla vita e ai nostri figli


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Quelli che cataloghiamo come passatempi diventano cose sensate e approcciate in modo agonistico: fai inglese anche dai tre anni, così ti avvantaggi, fai potenziamento per la scuola e se per caso decidi per lo sport o lo strumento che sia per vincere, per farne un lavoro o diventare bravino come Mozart, altrimenti, che spendo i soldi a fare? Ecco, una frase basta per togliere la cosa più importante da quello che fanno i nostri figli: la passione, la bellezza di mettersi alla prova, di crescere senza prendere medaglie, ma per il gusto di farlo.

Vogliamo davvero rischiare che i nostri bimbi e adolescenti pensino che

“debbano avere tanti stimoli, come se la vita stessa non fosse già interessante e stimolante e come se solo attività strutturate e organizzate possano assolvere a questo compito”,

come incalza ancora Ballerini rispondendo a quella mamma?

Anche se pensandoci, forse dovremmo prenderci cinque minuti di sana noia anche noi, genitori, e chiederci se dietro alla scusa di stimolare i nostri figli e dargli il massimo per il loro bene e prepararli al futuro, non c’è invece una nostra mancanza e il tentativo di coprire la nostra assenza perché quell’agenda è sempre troppo piena di tutto, tranne che di loro. Allora stiamoci, dieci, venti minuti sul pavimento a guardare il soffitto come quando eravamo bambini: non è un lusso che non possiamo più permetterci, è l’unico modo per predisporci ad accogliere i doni della vita, la bellezza che rischia di passare inosservata nelle giornate piene, per ringraziare, per ritrovarci, per ascoltare le nostre domande, i problemi e anche la voce di Dio.

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