Vi proponiamo alcune storie significative in cui abbiamo riconosciuto tratti femminili a noi più cari, dalla cura ai più fragili alla carità e creatività che si mettono a servizio di ciò che il mondo mette da parte.
Non stiliamo classifiche e non abbiamo premi da offrire. In questo ultimo giorno dell’anno vi presentiamo cinque volti, tra i tantissimi possibili, in cui riconosciamo tracce di quella femminilità a cui abbiamo voluto dar voce quotidianamente su For Her. Ne riassumiamo il valore associando a ciascuna donna un verbo che vorremmo portare con noi nel cammino del nuovo anno.
Viviane Lambert - curare
«No, Vincent non sarà il portabandiera dell’eutanasia, Vincent sarà il portabandiera della vita», lo disse alla Marcia per la vita del 2018. Lei, la mamma di Vincent, è stata presente e dolente come Maria nella via crucis del figlio. Dopo anni di battaglie, il ruggito del tribunale francese ha voluto imporre la sua sentenza di morte su un uomo che non era in fin di vita. Faceva comodo etichettarlo come “vegetale” per sedare la coscienza. Privato di cibo e acqua, Vincent Lambert è morto – è stato ucciso – lo scorso 11 luglio.
Ripercorrere questa vicenda tentando di osservarla con gli occhi di Viviane, la madre dolente e presente, fa venire i brividi. Dal 2008 ha dovuto fare i conti non solo col dolore di un figlio gravamente segnato da un incidente stradale, ma persino con la pena indicibile di implorare, esigere, chiedere di poterlo curare. Questo è il posto naturale di una madre: prendersi cura.
Le grinfie della legge, asservita colpevolmente a un pensiero brutale che vuole liberarsi degli «scarti» umani, hanno voluto togliere a Vincent l’attributo di figlio, per farne un mero capro espiatorio da immolare sull’altare dell’eutanasia. Viviane e suo marito sono scesi nell’arena dell’avversario; hanno frequentato tribunali accompagnati da avvocati per poter ribadire un’evidenza strappata loro senza pietà: siamo i suoi genitori, vogliamo prenderci cura di lui, non uccidetelo. Per anni hanno chiesto invano ai giudici di mezza Francia che il figlio venisse trasferito in un ospedale specializzato per ricevere cure riabilitative. Per anni sono entrati nella stanza d’ospedale dove il figlio malato rimaneva inchiodato al letto, come andassero a trovare un malfattore; hanno vissuto un momento intimo come la cura sentendosi quasi degli abusivi, sviliti e offesi. Per anni Viviane si è sentita compatita come una pazza perché continuava a ripetere che suo figlio non era in fin di vita, non era un vegetale. Non ha ribattuto se non con una fedele e amorevole presenza accanto al figlio. Stabat Mater, anche questo estremo sforzo ci ha insegnato la Madonna. A una madre a cui è stato tolto tutto non resta che stare, rimanere, fino in fondo accanto a chi ama.
Sister Gerard Fernandez - sperare
Non ci sono battaglie perse per chi segue l’esempio del pastore che lascia il gregge per inseguire la pecorella smarrita. Oltre a certi malati gravi, ci sono altri esseri umani che il pensiero dominante etichetta in fretta come scarti: sono gli uomini perduti, quelli di cui si dice “chiudili in cella e butta la chiave“. Investire risorse ed energie sui casi disperati – i cattivi più cattivi – è uno spreco di tempo, secondo la logica commerciale di questo nostro tempo in cui ogni prodotto esposto non deve avere difetti. L’opera di sister Gerard Fernandez ci salva da questa trappola, perché nessuno di noi è un’anima perfettamente candida: se dovessimo affidarci alla regola del “vale ciò che è buono”, tutti saremmo sconfitti e disperati. Da 35 anni a Singapore questa suora cattolica accompagna per l’ultimo tratto di vita i condannati a morte:
Cominciano a stare di fronte alla morte, a essere consapevoli che verrà il giorno in cui qualcuno dirà loro: “Questa è la tua ultima settimana. Venerdì sarai ucciso”. Io cammino con loro, li preparo a quel momento. Poi quel momento arriva e i loro cuori sono pronti. (da The StarTV)