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Il nostro ritratto del 2019 nella voce e nel volto di 5 donne esemplari

VIVIANE LAMBERT, NADIA TOFFA

AFP - RAI | Youtube

Viviane Lambert - Nadia Toffa

Annalisa Teggi - pubblicato il 01/01/20

Vi proponiamo alcune storie significative in cui abbiamo riconosciuto tratti femminili a noi più cari, dalla cura ai più fragili alla carità e creatività che si mettono a servizio di ciò che il mondo mette da parte.

Non stiliamo classifiche e non abbiamo premi da offrire. In questo ultimo giorno dell’anno vi presentiamo cinque volti, tra i tantissimi possibili, in cui riconosciamo tracce di quella femminilità a cui abbiamo voluto dar voce quotidianamente su For Her. Ne riassumiamo il valore associando a ciascuna donna un verbo che vorremmo portare con noi nel cammino del nuovo anno.

Viviane Lambert - curare

«No, Vincent non sarà il portabandiera dell’eutanasia, Vincent sarà il portabandiera della vita», lo disse alla Marcia per la vita del 2018. Lei, la mamma di Vincent, è stata presente e dolente come Maria nella via crucis del figlio. Dopo anni di battaglie, il ruggito del tribunale francese ha voluto imporre la sua sentenza di morte su un uomo che non era in fin di vita. Faceva comodo etichettarlo come “vegetale” per sedare la coscienza. Privato di cibo e acqua, Vincent Lambert è morto – è stato ucciso – lo scorso 11 luglio.

Ripercorrere questa vicenda tentando di osservarla con gli occhi di Viviane, la madre dolente e presente, fa venire i brividi. Dal 2008 ha dovuto fare i conti non solo col dolore di un figlio gravamente segnato da un incidente stradale, ma persino con la pena indicibile di implorare, esigere, chiedere di poterlo curare. Questo è il posto naturale di una madre: prendersi cura. 

mme lambert
AFP

Le grinfie della legge, asservita colpevolmente a un pensiero brutale che vuole liberarsi degli «scarti» umani, hanno voluto togliere a Vincent l’attributo di figlio, per farne un mero capro espiatorio da immolare sull’altare dell’eutanasia.  Viviane e suo marito sono scesi nell’arena dell’avversario; hanno frequentato tribunali accompagnati da avvocati per poter ribadire un’evidenza strappata loro senza pietà: siamo i suoi genitori, vogliamo prenderci cura di lui, non uccidetelo. Per anni hanno chiesto invano ai giudici di mezza Francia che il figlio venisse trasferito in un ospedale specializzato per ricevere cure riabilitative. Per anni sono entrati nella stanza d’ospedale dove il figlio malato rimaneva inchiodato al letto, come andassero a trovare un malfattore; hanno vissuto un momento intimo come la cura sentendosi quasi degli abusivi, sviliti e offesi. Per anni Viviane si è sentita compatita come una pazza perché continuava a ripetere che suo figlio non era in fin di vita, non era un vegetale. Non ha ribattuto se non con una fedele e amorevole presenza accanto al figlio. Stabat Mater, anche questo estremo sforzo ci ha insegnato la Madonna. A una madre a cui è stato tolto tutto non resta che stare, rimanere, fino in fondo accanto a chi ama.

Sister Gerard Fernandez - sperare

Non ci sono battaglie perse per chi segue l’esempio del pastore che lascia il gregge per inseguire la pecorella smarrita.  Oltre a certi malati gravi, ci sono altri esseri umani che il pensiero dominante etichetta in fretta come scarti: sono gli uomini perduti, quelli di cui si dice “chiudili in cella e butta la chiave“. Investire risorse ed energie sui casi disperati – i cattivi più cattivi – è uno spreco di tempo, secondo la logica commerciale di questo nostro tempo in cui ogni prodotto esposto non deve avere difetti. L’opera di sister Gerard Fernandez ci salva da questa trappola, perché nessuno di noi è un’anima perfettamente candida: se dovessimo affidarci alla regola del “vale ciò che è buono”, tutti saremmo sconfitti e disperati. Da 35 anni a Singapore questa suora cattolica accompagna per l’ultimo tratto di vita i condannati a morte:

Cominciano a stare di fronte alla morte, a essere consapevoli che verrà il giorno in cui qualcuno dirà loro: “Questa è la tua ultima settimana. Venerdì sarai ucciso”. Io cammino con loro, li preparo a quel momento. Poi quel momento arriva e i loro cuori sono pronti. (da The StarTV)
SISTER, GERARD, FERNANDEZ
The Star Tv | Youtube

È stata riconosciuta dalla BBC tra le 100 donne fonte d’ispirazione, insieme alla ormai onnipresente Greta. E si può dire che Sister Gerard sia aggrappata alla visione ecologica più radicale di tutte, quella che gira gli occhi al ladrone e alla prostituta. Ciascuno di noi, facendo i conti con i propri lati meno presentabili, desidera lo sguardo con cui questa donna guarda i detanuti dicendo:  “Nel loro cuore c’è ancora speranza”. Squaderna gli equilibri, eppure è l’unica cosa che tiene davvero in piedi, osare riconoscere che l’ultima parola è quella della Misericordia.

Nadia Toffa - portare

La sua morte, lo scorso agosto, ha suscitato un’ondata di commozione enorme. E nella tristezza con cui colleghi famosi e gente comune hanno pianto la scomparsa della conduttrice c’era anche un irriducibile accenno di sorriso. Con la sua figura minuta e il carattere esuberante, Nadia ha osato parlare della sua malattia come dono. Contagiosa al punto che tutti, ma proprio tutti, hanno voluto dire la loro sulla battaglia della Toffa e sulle strane domande di senso che ha suscitato la sua morte. I personaggi della TV sembrano intoccabili e perfetti, quasi che a loro non possa succedere nulla. Le Iene, poi, hanno tutte un piglio spavaldo e un po’ arrogante, da copione.

NADIA TOFFA
Nadia Toffa
Instagram photo. Nadia Toffa in un suo post il 10 giugno, giorno del suo 40mo compleanno

Lei ha conquistato tutti quando si è mostrata ferita e addirittura sconfitta, senza perdere fiducia e positività. Ha combattuto il cancro senza nascondersi, evitando però quella sovraesposizione mediatica assetata di casi umani da spremere fino all’ultima lacrima. Al di là della molta retorica che non è mancata riguardo alla sua storia, Nadia Toffa ha riportato il grande pubblico -noi- a rimuginare su una faccenda paradossale: la malattia non svilisce l’umano, anche dentro le ferite più profonde possono esserci occasioni. La ricordiamo con le parole che disse a Silvia Toffanin nel salotto di Verissimo:

Il Signore non è cattivo, ci mette di fronte secondo me a sfide che possiamo affrontare. Questa è la mia sfida. Io all’inizio mi chiedevo: “Perché proprio a me?” Perché, Silvia, chi è che vuole il cancro Silvia, parliamone, nessuno! E’ una brutta notizia, no? però poi mi sono detta, “ma perché non a me? Perché non a me! E’ pieno di bambini che muoiono il primo giorno di vita. Pensa a quei genitori. Questo è il mio dolore e me lo devo portare, è il mio fardello.

Matilde Leonardi - chinarsi

Il suo curriculum eccellente delinea il ritratto di una professionista competente e affermata. La dottoressa Matilde Leonardi è neurologa e direttrice del Coma Research Centre dell’Istituto Besta di Milano. All’inizio di dicembre è stata insignita del riconoscimento “100 eccellenze italiane” in Campidoglio, per il suo lavoro in ambito medico e di ricerca. Nei suoi confronti si potrebbe giocare la carta facile della donna realizzata, madre e professionista di successo. E’ lei stessa a spostare lo sguardo in un’altra direzione quando ricorda che il verbo greco klinein, da cui il nostro “clinica”, significa chinarsi. Il medico è colui che si china verso il paziente.

MATILDE LEONARDI
TEDx | Youtube

Da questo piegarsi prende vita un’ipotesi medica che non guarda il malato come una macchina rotta da aggiustare, bensì come una persona che anche dentro la fragilità più grande è pienamente se stessa e sospesa in un equilibrio vertiginoso da abitare senza darla vinta alla disperazione. Funambola, ama definirsi la Leonardi, il cui mestiere la porta a condividere la propria vita con famiglie segnate da tragedie gravissime, traumi che precipitano la vita di un parente in stato di coma o minima coscienza. A Natale la dottoressa ha condiviso un pensiero sulla sua pagina Facebook, il suo contraccolpo umano di fronte alla mail di una signora disperata per le sorti di un suo caro:

Mi sento sempre un funambolo quando cerco di distillare le parole giuste. Cammino sulla fune dei fatti, della scienza a me nota e della logica. E voglio che lei cammini con me portandosi dietro tutti coloro che amano questo uomo. La disperazione annulla ed annichilisce l’uomo. L’unica cosa da fare, e che so dire io, è di camminare un piccolo passo dietro l’altro, restando uniti, condividendo l’amore per questa creatura, sperando che si svegli, anche se resterà con gravi conseguenze.

La forza più grande che le donne sanno dimostrare è una tenacia lontana mille miglia dal delirio di onnipotenza, nutrita di un’umiltà che fa presa sulla terra per andare avanti.

Abeer Seikaly - abitare

Di questa architetta giordano canadese, il cui nome non è noto ai più, ha parlato di recente Marina Terragni su Avvenire:

ha disegnato una tenda pensando ai rifugiati siriani (oltre 13 milioni sparsi per il mondo). Si chiama “Weaving a Home”, più o meno: “tessere una casa”. È bellissima, sembra un alveare. Si monta e si smonta facilmente. “Respira” insieme al tempo, aprendo e chiudendo le sue celle. Raccoglie acqua piovana e la depura, incamera energia solare e la converte in energia elettrica. (da Tende)
ABEER SEIKALY
TEDx | Youtube

La cosa più affascinante e sorprendente è che questa idea creativa è nata in Abeer osservando il grembo materno, l’ospitalità di tessuti corporei che si espandono per far crescere la vita. In fondo il concetto di casa parte da lì. La tenda a noi suggerisce qualcosa di precario, e precario ci suggerisce qualcosa di scomodo e triste. In tenda vivono i rifugiati o chi è colpito da una catastrofe naturale. Proprio per questo l’idea del grembo materno è meravigliosa, perché la struttura traduce visibilmente una presenza concreta di abbraccio e protezione.

Applaudiamo questo genio creativo che inventa il nuovo fissando l’origine di noi tutti, che in fondo siamo “in tenda” su questa terra: non abbiamo concluso il cammino verso la nostra vera casa, ma Dio ha messo dei rifugi lungo la nostra strada, primo tra tutti il ventre di nostra madre.

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