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Natale è un incontro tanto atteso che cambia la prospettiva, anche della sofferenza

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Herlanzer|Shutterstock

don Luigi Maria Epicoco - pubblicato il 30/12/19

Anna quel bambino lo aveva già incontrato, molto prima di stringerlo in fasce. Lo aveva incontrato in una vita di sofferenza, diventata poi di dono amorevole e di silenzio. Quell'incontro avvenuto nel cuore le aveva già trasformato la sua vita, rendendola feconda e piena nonostante tutto.

In quel tempo, c’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui.

Luca 2,36-40

Alla storia di Simeone, il Vangelo di oggi aggiunge la storia di Anna.

C’era anche una profetessa, Anna figlia di Fanuele (…). Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere.

Se Simeone è l’icona dell’attesa, Anna è l’icona della fedeltà. È la fedeltà al reale così come la vita glielo pone davanti. Non c’è vittimismo, depressione, chiusura, rabbia in questa donna. Ha trasformato la tragedia di perdere un marito in giovane età in servizio. La sua preghiera non è un ripiego o un riempimento di un vuoto, è la scelta consapevole di essere comunque feconda e amante nonostante tutto. Anche lei, che forse non aveva figli, si affaccenda come una mamma e una moglie straordinaria, “notte e giorno” ci dice il vangelo. Ma ha sostituito alla santità delle cose di una famiglia, “i digiuni e le preghiere”. Anna è l’anti-bigotta. Non è l’immagine di quelle fastidiosissime donne che sbiascicano rosari e pettegolezzi e che sono tutte preghiere e fatti degli altri. No, lei è una capace di digiunare. E il digiuno è un fatto anche di lingua. Anzi è il digiuno che pesa di più. A questa donna Gesù fa il dono di essere visto in fasce:

Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio.

Anna ci mostra così che il Natale è anche il compimento di vite che sembravano a metà. Di vite che potevano suscitare il dubbio del fato avverso. Tutti noi delle volte guardando la nostra vita possiamo pensare che ci siano troppi buchi, e troppe storture per dire di avere avuto vite giuste, o vite piene. Ma la pienezza della vita non dipende da ciò che ci accade ma da ciò che incontriamo in quello che ci accade. Anna, nelle sue vicende personali di vedovanza e di sterilità ha avuto però la gioia di incontrare Cristo. È questo incontro che dà significato alla sua vita, non i semplici eventi così come le sono accaduti.

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