Una semplice evidenza scientifica è bastata a questa mamma per dire no all’aborto: il cuore di suo figlio batte a sedici giorni e lei, che a casa di cuori ne ha già altri quattro di cui conoscerà il rumore a memoria, non se la sente di entrare e accoglie la proposta di aiuto di Sam, attivista prolife.Una mattina di sole. Delle sbarre. Sbarre alte, fatte per proteggere un diritto che qualcuno vorrebbe ostacolare: questo potenziale pericolo alla libertà di una donna, in una mattina di sole, davanti a una clinica per aborti nel Missouri, Stati Uniti, si chiama Sam. Mi sembra così surreale la scena mentre cerco di capire chi dei due sia davvero dietro quelle sbarre: se questo ragazzo, che tende una mano da quel cancello fatto proprio per allontanarlo o lei, una donna che è andata lì libera, convinta credo, con un appuntamento alla mano, ma che si avvicina a quella cancellata con la stessa angoscia di un detenuto, per cercare un’ultima buona ragione. Che minaccia rappresenta questo ragazzo per la giovane che sta per entrare ad abortire? L’intervento è fissato, la scelta sembra già presa e magari tutto si risolverà, almeno a livello fisico, in due ore o poco più.
E invece una domanda, semplici parole, non discorsi di fede, indottrinamento selvaggio, prediche noiose o simili, ma delle evidenze e una proposta di aiuto. Evidenze banali, informazioni reperibili con due clic su Google o scaricando qualunque app per la gravidanza. Informazioni scientifiche, concetti così semplici che quello che mi stupisce davvero è come questa ragazza, prima di prendere un appuntamento in questa clinica, non le abbia considerate, non si sia informata su tutto “quello” che stava davvero per eliminare. Quando penso a chi sta per abortire l’unica immagine che mi viene in mente, oltre a quella del bambino, è una donna decisa, quella forte e consapevole che, nonostante la scelta dolorosa, tutti si ostinano a dipingere. Quella di cui andare fiere, perché libera di scegliere, ma spesso, mi viene da dire, sola. Proprio come la ragazza che vedo in questo video, alla disperata ricerca di una buona ragione a cui aggrapparsi.
Quattro figli già da mantenere, le difficoltà economiche: la storia che questa ragazza racconta a Sam potrebbe essere quella di molte e no, nessuno può giudicare o permettersi di dire che le domande sono troppo scontate. Qui il punto non è capire cosa ha portato qui questa donna, perché abbia preso un appuntamento con tutti questi dubbi o se sia più o meno informata, qui il punto è dirle che la sofferenza, quella che sento nelle sue parole, non finirà in questa clinica. Questo però non è importante perché oggi crediamo che basti essere convinti di fare la cosa giusta per tornare a stare bene. Questo ce lo mettono in testa tutti i giorni a suon di love is love e pussy power ma poi la realtà ci disattende. La cosa giusta esiste, non è un punto di vista, né una scelta consapevole, per quanto sofferta.
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Anche se lo neghiamo, se lo nascondiamo in una parte remota di noi dove non possiamo sentirlo troppo forte, il dolore che porta una scelta sbagliata resterà lì a gridare. L’aborto non te ne libererà insieme a quel feto e questa, è la menzogna più grande che ci raccontano e a cui vogliamo credere. Ci sono due vite strappate, ma non diciamo alle donne che solo una finirà oggi. Allora quel Sam, che fino alla fine prova a farsi ultima voce di quella sofferenza che urlerà per sempre, è davvero una minaccia. E’ la minaccia di una vita infelice, di un qualcosa che oggi non ha un epilogo, ma è solo all’inizio. Se è vero che uno spiraglio di luce basta a spazzare via molte tenebre, oggi proprio Sam è quel timido raggio di sole:
«Al mio bambino batte il cuore a 16 giorni di vita? Dimmelo di nuovo»,
gli chiede la ragazza prima di realizzare che no, non vorrebbe essere lì.
Non sono molte le mamme che si fermeranno a prendere in considerazione le parole di questo attivista pro life, né quelle a cui queste evidenze faranno cambiare idea, ma per questa mamma è bastato. E’ bastato sapere qualcosa di così banale come che suo figlio avesse già battito, proprio come quello dei quattro bimbi che ha a casa e che conoscerà a memoria.
Ringrazio sempre chi ha il coraggio di continuare a essere solo un timido raggio di luce, a chi non si arrende nonostante le sbarre alte, perché sa che a essere discriminato non è lui, ma chi è dall’altro lato: prigioniero della paura, del dolore, delle difficoltà, di problemi che sembrano insormontabili, ma anche dell’ideologia con la sua soluzione preconfezionata per la felicità. Grazie a tutti i Sam che continuano a tendere una mano, a farsi l’ultima buona ragione, il motivo di un giorno in più, di una visita al CAV più vicino che potrebbe fare la differenza non solo per una vita innocente, ma per la felicità di ogni donna.