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Siamo dèi?

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Si noti come il piede dell'angelo tocca quello di Adamo. Testimonia il nuovo Adamo, l'incarnazione e la duplice natura di Dio nella sua umanità e divinità.

Lorena Moscoso - pubblicato il 16/12/19

La risposta cristiana

Non c’è evento più magnifico sul pianeta, leggevo una volta, del fatto di aver avuto Dio stesso che ha camminato tra noi.

Dio non ha solo creato l’umanità – si è formato una famiglia, e come Padre ci ha presi come Suoi fin dal principio. Quel Padre che non abbandona mai, che è ricco in fedeltà e amore e che resta eterno in questa condizione, prima si è fatto uomo perché comprendessimo il Suo amore, e poi ha lasciato tra noi la Sua essenza: il Suo spirito.

Incarnandosi in Maria, Dio ha generato la Sua natura divina nell’umanità, ed è grazie al “Fiat” di Maria che la vita soprannaturale e divina di Dio ha potuto entrare nel mondo trasformando l’uomo in una creatura nuova.

Consumando questo evento, Dio non ha esitato a disfarsi di tutto ciò che è; è sceso dal cielo, si è fatto uomo e ha permesso con la sua venuta che noi caduti ricostituissimo la nostra natura perduta.

Sapeva che perché raggiungessimo la santità a cui eravamo chiamati dovevamo possedere la sua natura, ma per questo doveva in qualche modo diventare padrone dei nostri cuori per depositarvi la perfezione del Suo essere, il Suo spirito, e tutto questo sempre rispettando la nostra libertà di sceglierlo.

Dio sempre eterno, onnipotente, si spoglia di tutto e assume la carne e il sangue di una donna, diventa figlio, diventa bambino.

Assume la nostra piccolezza, si sottomette alle leggi della natura e del tempo; Dio si mette sotto le cure di un padre e di una madre umani.

Essendo nell’universo il più santo, sacro e potente, si rimette alle cure di quei due genitori limitati a livello di risorse e conoscenza.

E così, con l’Onnipotente tra le mani, Giuseppe e Maria assumono la missione più grande che ci sia mai stata sulla Terra: la cura di Dio.

Facendosi uomo, come direbbe San Tommaso, ha voluto rendere gli uomini dèi. È una cosa che mi toglie il respiro e mi fa inginocchiare.

Si sottomette alla morte, al dolore estremo, e libera ogni tipo di sofferenza: il disprezzo, l’abbandono, l’odio, la tortura, lo scherno, il tradimento, il peccato, che pur se altrui era caricato sulla sua carne.

Dio fatto carne effonde l’ultimo respiro sulla croce, mostrandoci che il vero amore è quello che si dona, e dopo quel supplizio, quando il terzo giorno non era ancora spuntato, Dio era nuovamente tra noi con una nuova dichiarazione d’amore: nella sua storia l’abbandono non esiste, la fedeltà è il suo tratto supremo. Torna in vita per donarci ciò che è immeritato – il cielo e l’eternità.

Giunto il momento di partire in modo definitivo per andare al Padre, ci dice di aspettare attenti, che ancora deve inviarci il Paraclito, lo Spirito Santo, perché ci ricordi tutto ciò che ha fatto mentre era sulla Terra, perché attraverso gli anni la sua vita, passione e morte si replichino nuovamente fino all’eternità. Per ricordare che l’eterno ha raccolto ciò che era effimero per renderlo eterno.

Cinquanta giorni dopo la sua ascensione ai cieli e aver fatto questa promessa, riuniti in preghiera con Maria sua madre, i suoi apostoli, i suoi discepoli più fedeli, quelli che erano suoi, hanno ricevuto la promessa attesa:

“Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo” (Atti 2, 2-4).

E quella promessa è entrata in modo intempestivo in quel luogo, conquistando violentamente i loro cuori. Era qui la grande promessa, questo è finalmente quello ci rende immagine e somiglianza di Dio, la presenza del Suo spirito in noi.

È il Battesimo che abbiamo ricevuto nel fuoco, annunciato da Giovanni Battista nel Giordano quando diceva che una persona più potente sarebbe giunto a battezzarli e che il suo Battesimo non sarebbe stato con l’acqua, ma con lo Spirito Santo e il fuoco (Lc 3, 16).

Questa è la presenza del Dio vivo, il Padre e il Figlo che prendono dimora presso di noi, che vengono quando rimaniamo in Cristo, quando custodiamo la Sua parola (Gv 14, 23).

Questa è la presenza che trasforma la nostra natura ferita dal peccato, che soffia venti di saggezza dentro di noi, che ci stura gli orecchi, che apre i nostri occhi, illumina il nostro comprendonio e riempie i nostri cuori portandoci alla perfezione della nostra natura, umana e al contempo divina.

Questa è l’essenza che ci rende giusti agli occhi di Dio, la presenza dell’amore ardente del Suo spirito divino.

Lo Spirito di Dio, una volta ricevuto, inizia ad avere una conversazione intima con chi lo riceve. Le ombre vengono illuminate, l’aridità e il freddo della vita ricevono il calore della Sua presenza, e il terreno dei nostri cuori viene trasformato in terreno fertile per poter comprendere i segreti della natura umana che abbiamo ereditato.

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