Nel Salotto di Verissimo confessa questo dettaglio del suo passato: la complessa storia familiare dei suoi genitori e la scelta della mamma, poi cambiata grazie a un imprevisto, di interrompere la gravidanza.Sta insieme a Gigi Buffon da 6 anni, ma è ancora quella rovina famiglie che lo ha rubato ad Alena Seredova. In una società libertina, ma non misericordiosa, le etichette degli errori fatti non si staccano di dosso. Strano, perché? Perché è completamente assente un orizzonte complessivo sul mistero che è ogni anima, c’è solo un aggrapparsi spasmodico al “sei quello che fai”. Questa prospettiva ti salva e ti incensa nei trionfi, ma nelle paludi? Ilaria D’Amico è quella che ha mandato in frantumi il matrimonio del grande portiere della nazionale italiana con la bellissima modella ceca; così è stata giudicata e così ancora le resta addosso la traccia fangosa di quella scelta. Per noi, esterni alle vicende intime di ciascuna di quelle persone, sono esistite solo le carte del gossip e su quelle sentenziamo ancora. Cioé: siamo bravissimi a dissertare sulla libertà altrui, su come – a posteriori e da lontano – nessuno commetterebbe peccati gravi.
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Quanti insulti si sarà presa Ilaria D’Amico? Tantissimi. E c’è un tipo di cattiveria che siamo soliti sputare, quando proprio vogliamo ferire a morte una persona: «meglio se tu non fossi mai nato». In forma negativa e pessima, ci rendiamo ancora conto che dalla nascita dipende tutto; è un evento che innesca l’irrompere di una storia imprevedibile. La nostra perfidia emette sentenze brutali, invece Dio ha scomesso su ciascuno di noi, al buio: ha desiderato l’esserci di ciascuno, ignorando su quali sentieri ogni anima si sarebbe incamminata col suo libero arbitrio. Per fortuna c’è Lui a tenere le redini dell’Essere nella sua interezza, perché se dipendedesse da noi saremmo messi mali: noi siamo i campioni delle diagnosi pre-natali, sempre più eccellenti a diagnosticare difetti e scartare esseri umani. Arriverà un giorno in cui un potentissimo strumento diagnosticherà la bontà d’animo dei nascituri? «Signora, dalle analisi in nostro possesso quello che lei porta in grembo è un adultero. Ci pensi».
Il treno dei miei pensieri è arrivato a questo vertice distopico, proprio ascoltando le parole di Ilaria D’Amico, di cui personalmente so davvero poco. Ospite nella trasmissione Verissimo ha confessato a Silvia Toffanin una verità sul suo passato più remoto, una news che ha poi fatto il giro di tutti i giornali. Figlia di genitori separati e con una sorella di 11 anni più grande, lei era la figlia non richiesta:
Mia mamma veniva da un rapporto matrimoniale non idilliaco, molto difficile, molto complesso. Il matrimonio non era nato bene, non volevano un secondo figlio, c’era già mia sorella che aveva già 11 anni. Quando morì mio nonno, che mia mamma adorava, ci fu un momento di riavvicinamento coniugale (un unico momento di riavvicinamento) e qualche mese dopo mia madre scoprì di aspettare me. Per un preciso momento mia madre aveva scelto di non farmi nascere. (da Verissimo)
La D’Amico è molto premurosa nel giustificare la difficoltà emotiva che portò sua madre a un passo dall’aborto. Poi nell’ambulatorio dove doveva eseguirsi l’interruzione di gravidanza accadde un imprevisto: il medico era bloccato altrove e si trovava costretto a rinviare l’appuntamento. Questo segno bastò alla madre di Ilaria per dire no all’aborto defitivamente.
Al termine del racconto in studio applaudono (per fortuna non lo si è ritenuto un attacco frontale al fronte pro-aborto) e la conduttrice Toffanin chiama in causa il destino: è stato un segno del destino. In effetti no: c’è stato un ultimo appello della Provvidenza, ma a monte c’era il dato della vita e a valle c’è stata la scelta di una donna. Non diamo a un generico destino, o caso, ciò che è del libero arbitrio umano. Lo stesso vale anche nelle relazioni affettive: non c’è un destino che ci porta in dote la persona giusta a un certo punto, e allora non importa se sia già sposata. Anche in ogni incontro la libertà personale è protagonista.
Personalmente mi ha colpita la serenità pacata e dolce con cui la D’Amico ha ripercorso questo fatto clamoroso sull’eventualità di una sua non nascita, puntando poi tutto sulla forza d’affetto catalizzatrice di sua madre. Penso a me stessa, a cosa vorrebbe dire sentirmi una figlia non richiesta, ancor prima di aver svelato a chi mi porta in grembo chi sono. Sarebbe scattato in me lo spasmodico desiderio di dimostrare quanto valesse la mia vita, quanto mi meritassi esserci? Sono solo domande, quel genere di domande che ogni persona dovrebbe non farsi. Non siamo qui per merito, per fortuna. Ma per un’ipotesi d’Amore originaria del Creatore.
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D’altra parte non spetta a noi telespettatori infilarci nelle pieghe private di un rapporto; madre e figlia si saranno guardate in faccia con assoluta sincerità, e non è neppure scontato che una madre abbia scelto di raccontare una verità così scomoda a quella che era considerata la figlia-non-richiesta.
Non è un caso, però, che questo discorso nello studio televisivo nasca da una premessa: prima di addentrarsi nella ricostruzione della sua nascita, Ilaria D’Amico chiama in causa Dio,
Io non credo che si debba credere specificatamente in un Dio cattolico, per me è impossibile non credere. Io sono cresciuta con un’educazione cattolica, però io penso che ci sia in ognuno di noi, anche in chi pensa di essere completamente ateo, un momento in cui ti viene da chiedere aiuto o rivolgerti a un’entità fuori da te. (Ibid)
Che sia consapevole o meno il tema della nascita ci riporta a quel discrimine originario: potevi non esserci e ci sei. Chi in assoluta e nuda semplicità osserva questo dato si rende conto che la vita non è in mano all’uomo. Una donna può illudersi di essere protagonista di una scelta per la vita o contro la vita, ma il mistero originario della vita (che è dentro ogni creatura) non è in mano umana. C’è qualcosa che viene prima e c’è anche – diceva Chesterton – il giorno più tremendo per ogni ateo: quel momento in cui lo spettacolo del mondo e della propria esistenza lo entusiasma, ma non sa chi ringraziare.
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Forse la testimonianza di Ilaria D’Amico, donna bellissima e di successo ma con chiaroscuri che in fondo tutti noi abbiamo, è qualcosa in più dell’ennesima conferma che l’aborto non ha portato all’umanità alcuna conquista. Di solito siamo un po’ perbenisti anche noi difensori della vita e andiamo a tirar fuori esempi impeccabili: lo sai che Beethoven poteva essere abortito? Pensa che perdita per l’umanità! Ma è una perdita ogni vita a cui è sostratta quella chiamata all’essere che il Creatore le ha dato. Un incallito peccatore, un signor nessuno o addirittura un omicida non meritano le nostre sentenze di morte. La D’Amico non rientra affatto nelle categorie appena accennate, ma rappresenta proprio bene quello che tutti noi siamo: creature fallibili, su cui Dio ha scommesso. Ecco il mistero da contemplare: con la nascita non comincia una storia impeccabile per forza, ma ogni nascita è sacra agli occhi di Chi ha messo in conto di avere dei figli liberi, a cui non avrebbe tolto gli occhi di dosso anche in mezzo ai mille pantani possibili.