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Le 5 doti “speciali” del padre spirituale di Papa Francesco

POPE AUDIENCE

Antoine Mekary | ALETEIA

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 13/12/19

Pazienza, gelosia, giudizi....e non solo. Così Padre Fiorito ha formato a Buenos Aires il futuro pontefice

«Ho conosciuto Fiorito nel 1961, al ritorno dal mio juniorato in Cile. Era professore di Metafisica nel Collegio Massimo di san Giuseppe, la nostra casa di formazione a San Miguel, in provincia di Buenos Aires. Da allora cominciai a confidarmi con lui, divenne il mio direttore spirituale».

Papa Francesco ricorda il gesuita che per molti anni è stato il suo punto di riferimento spirituale: padre Miguel Ángel Fiorito (1916-2005). E lo ha fatto nel giorno del suo 50esimo anniversario di ordinazione sacerdotale.

Nella serata del 13 dicembre, il pontefice ha infatti partecipato, presso la Curia Generalizia dei Gesuiti a Roma, alla presentazione dei cinque volumi degli scritti (Escritos) di padre Fiorito, un’opera a cura di padre José Luis Narvaja, e pubblicata da La Civiltà Cattolica.

“Mi è venuto il desiderio di esserci di persona”

«Quando padre Spadaro (direttore de La Civiltà Cattolica ndr) mi ha dato i cinque volumi con gli Escritos del Maestro Fiorito, così lo chiamavamo, familiarmente, noi gesuiti argentini e uruguayani, mi ha parlato di una possibile presentazione – ha esordito Papa Francesco – (..) Allora a me è venuto il desiderio di esserci di persona. Gliel’ho detto subito: “E perché non far fare la presentazione a uno dei suoi discepoli?”. Lui mi ha chiesto: “Chi, per esempio?”. Allora gli ho risposto: “Io!”.

Padre Fiorito è stato anzitutto per Francesco un «maestro del dialogo». «Quel titolo – ha evidenziato il Papa – mi è piaciuto perché descrive bene il Maestro mettendo in rilievo un paradosso: Fiorito infatti parlava poco, ma aveva una grande capacità di ascolto, un ascolto capace di discernimento, che è una delle colonne del dialogo».




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Il dono delle lacrime

Da quando l’ha conosciuto, nel 1961, il Papa ha stretto un rapporto quasi paterno con Fiorito, che ha mantenuto fino alla scomparsa del suo padre spirituale.

«L’ultima volta che l’ho visto, questo non posso dimenticarlo – ha ricordato Francesco – è stato poco prima della sua morte, avvenuta il 9 agosto 2005. Ricordo che era un mattino di domenica e che il suo compleanno era trascorso da poco. Era ricoverato all’Hospital Alemán. Ormai da vari anni non parlava più. Guardava soltanto. Intensamente. E piangeva. Con lacrime tranquille che comunicavano l’intensità con cui viveva ogni singolo incontro. Fiorito aveva il dono delle lacrime, che è espressione di consolazione spirituale».

BERGOGLIO
Family Bergoglio
Un giovane Bergoglio

Il dono (simpatico) dello sbadiglio

Ma ne aveva anche un altro di dono, ma «più simpatico». «Aveva anche il dono dello sbadiglio – ha continuato Bergoglio, tra i sorrisi della folta platea di gesuiti presenti all’evento – mentre gli aprivi la tua coscienza, a volte il Maestro cominciava a sbadigliare. Lo faceva apertamente, senza nasconderlo. Ma non è che si stesse annoiando, semplicemente gli veniva e lui diceva che a volte serviva a «tirarti fuori il cattivo spirito». E così si giustificava. Espandendo l’anima contagiosamente, come fa lo sbadiglio a livello fisico, aveva quell’effetto al livello spirituale».




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La “metastoria di una spiritualità” cara al Papa

Il Papa ha evocato un concetto chiave che Fiorito ha ripreso da Hugo Rahner e che ha chiamato «la metastoria di una spiritualità».

“Esiste una metastoria, che non si scopre a volte direttamente nei documenti, ma si basa sull’identità di una intelligenza mistica ed è dovuta all’azione continua di uno stesso Spirito Santo, invisibilmente presente nella sua Chiesa visibile, e che è la ragione ultima, ma trascendente, di questa omogeneità spirituale” che si dà tra cristiani diversi di epoche differenti.

La frase di Newman

JOHN HENRY NEWMAN
Emmeline Deane | Public Domain

Fiorito, ha detto il Papa, «fa sua la prospettiva da cui un santo che ho canonizzato di recente, John Henry Newman, contemplava la Chiesa»:

“La Chiesa cattolica non perde mai ciò che ha posseduto una volta […]. Piuttosto che passare da una fase a un’altra della vita, essa si porta dietro la sua giovinezza e la sua maturità nella propria vecchiaia. La Chiesa non ha cambiato ciò che possedeva, ma lo ha accumulato e, a seconda della circostanza, estrae dal suo tesoro cose nuove o cose antiche”.

La prima dote: si teneva fuori.

Francesco ha poi descritto le principali caratteristiche, che rendevano “speciale” il suo padre spirituale.

La prima: «Nell’accompagnamento spirituale, quando gli raccontavi le tue cose, lui “si teneva fuori”. Ti rispecchiava quanto ti accadeva e poi ti dava libertà, senza esortare e senza dare giudizi. Ti rispettava. Credeva nella libertà. Quando dico che “si teneva fuori” non intendo che non si interessasse o che non si commuovesse per le tue cose, ma che ne restava fuori, in primo luogo, per riuscire ad ascoltare bene. Fiorito era maestro del dialogo in primo luogo con l’ascolto».

Dialogo con tutti tranne che «con la tentazione». Invitava chiunque «a non dialogare con lo spirito cattivo, con il Maligno».


Pope Audience

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La seconda: non esortava

Una seconda caratteristica: «non esortava». «Ti ascoltava in silenzio – ha sottolineato Francesco – e poi, invece di parlare, ti dava un “foglietto” che prendeva dalla sua biblioteca».

La biblioteca di Fiorito «aveva questa particolarità: oltre alla parte consueta, per così dire, con scaffali e libri, ne aveva un’altra che occupava tutta una parete di quasi sei metri per quattro in altezza, formata di cassettini in ciascuno dei quali classificava e metteva i suoi “foglietti”, schede di studio, preghiera e azione, ciascuna dedicata a un solo tema degli Esercizi o delle Costituzioni della Compagnia, per esempio. Lui si alzava a cercarle, a volte montando pericolosamente su una scala, per darle senza tante parole a chi faceva gli Esercizi in risposta a qualche inquietudine che quest’ultimo gli aveva manifestato o su cui lui stesso aveva fatto discernimento mentre lo ascoltava parlare delle sue cose».

«In quei cassettini, ciascuno con i suoi foglietti, c’era qualcosa… Era come se quel consiglio di cui avevi bisogno, o il rimedio per qualche malattia dell’anima, fosse già previsto da sempre…».

La terza: non era geloso

Una terza caratteristica «è che il Maestro Fiorito non era geloso. Non era un uomo geloso: scriveva e firmava con altri, pubblicava ed evidenziava il pensiero di altri, limitando molto spesso il suo a semplici note, che in realtà, come ora si può vedere meglio grazie a questa edizione dei suoi Escritos, erano di somma importanza, perché facevano vedere l’essenziale e l’attualità del pensiero altrui».




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La quarta: non dava giudizi

La quarta caratteristica «è che non dava giudizi. Soltanto di rado. Con me, che io ricordi, lo ha fatto due volte. E il modo mi è rimasto inciso. Ecco come dava il giudizio. Ti diceva: “Guardi che quanto lei dice è uguale a quello che dice la Bibbia, a questa tentazione che c’è nella Bibbia”. E poi lasciava che tu pregassi e traessi le conseguenze».

La quinta: era paziente

Infine, la quinta caratteristica «con i “testa dura” aveva tanta pazienza. Davanti a quei casi, che spazientivano altri, soleva ricordare che Ignazio era stato molto paziente con Simón Rodríguez. Se eri testardo e insistevi a modo tuo, ti lasciava fare il tuo processo, ti dava tempo. Era un Maestro nel non affrettare i tempi, nell’attendere che l’altro si rendesse conto delle cose da solo. Rispettava i processi».

Ignazio, ha concluso Francesco, «era molto paziente. E Fiorito lo imitava».


POPE FRANCIS

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