Pazienza, gelosia, giudizi....e non solo. Così Padre Fiorito ha formato a Buenos Aires il futuro pontefice
«Ho conosciuto Fiorito nel 1961, al ritorno dal mio juniorato in Cile. Era professore di Metafisica nel Collegio Massimo di san Giuseppe, la nostra casa di formazione a San Miguel, in provincia di Buenos Aires. Da allora cominciai a confidarmi con lui, divenne il mio direttore spirituale».
Nella serata del 13 dicembre, il pontefice ha infatti partecipato, presso la Curia Generalizia dei Gesuiti a Roma, alla presentazione dei cinque volumi degli scritti (Escritos) di padre Fiorito, un’opera a cura di padre José Luis Narvaja, e pubblicata da La Civiltà Cattolica.
“Mi è venuto il desiderio di esserci di persona”
«Quando padre Spadaro (direttore de La Civiltà Cattolica ndr) mi ha dato i cinque volumi con gli Escritos del Maestro Fiorito, così lo chiamavamo, familiarmente, noi gesuiti argentini e uruguayani, mi ha parlato di una possibile presentazione – ha esordito Papa Francesco – (..) Allora a me è venuto il desiderio di esserci di persona. Gliel’ho detto subito: “E perché non far fare la presentazione a uno dei suoi discepoli?”. Lui mi ha chiesto: “Chi, per esempio?”. Allora gli ho risposto: “Io!”.
Padre Fiorito è stato anzitutto per Francesco un «maestro del dialogo». «Quel titolo – ha evidenziato il Papa – mi è piaciuto perché descrive bene il Maestro mettendo in rilievo un paradosso: Fiorito infatti parlava poco, ma aveva una grande capacità di ascolto, un ascolto capace di discernimento, che è una delle colonne del dialogo».
Da quando l’ha conosciuto, nel 1961, il Papa ha stretto un rapporto quasi paterno con Fiorito, che ha mantenuto fino alla scomparsa del suo padre spirituale.
«L’ultima volta che l’ho visto, questo non posso dimenticarlo – ha ricordato Francesco – è stato poco prima della sua morte, avvenuta il 9 agosto 2005. Ricordo che era un mattino di domenica e che il suo compleanno era trascorso da poco. Era ricoverato all’Hospital Alemán. Ormai da vari anni non parlava più. Guardava soltanto. Intensamente. E piangeva. Con lacrime tranquille che comunicavano l’intensità con cui viveva ogni singolo incontro. Fiorito aveva il dono delle lacrime, che è espressione di consolazione spirituale».
Il dono (simpatico) dello sbadiglio
Ma ne aveva anche un altro di dono, ma «più simpatico». «Aveva anche il dono dello sbadiglio – ha continuato Bergoglio, tra i sorrisi della folta platea di gesuiti presenti all’evento – mentre gli aprivi la tua coscienza, a volte il Maestro cominciava a sbadigliare. Lo faceva apertamente, senza nasconderlo. Ma non è che si stesse annoiando, semplicemente gli veniva e lui diceva che a volte serviva a «tirarti fuori il cattivo spirito». E così si giustificava. Espandendo l’anima contagiosamente, come fa lo sbadiglio a livello fisico, aveva quell’effetto al livello spirituale».
Il Papa ha evocato un concetto chiave che Fiorito ha ripreso da Hugo Rahner e che ha chiamato «la metastoria di una spiritualità».
“Esiste una metastoria, che non si scopre a volte direttamente nei documenti, ma si basa sull’identità di una intelligenza mistica ed è dovuta all’azione continua di uno stesso Spirito Santo, invisibilmente presente nella sua Chiesa visibile, e che è la ragione ultima, ma trascendente, di questa omogeneità spirituale” che si dà tra cristiani diversi di epoche differenti.