Il Signore consola chi si lascia consolare
“Il Signore ci consola sempre – commenta Francesco – a patto che noi ci lasciamo consolare”. Dio, chiarisce, “corregge con la consolazione, ma come?”. E legge un altro passo di Isaia, quello che parla del Signore Buon Pastore, che “con il suo braccio” raduna il gregge, “porta gli agnellini sul petto” e con dolcezza conduce “le pecore madri”. Il Pontefice fa ripetere “nel cuore” il passo a chi lo ascolta, e commenta: “Ma questo è un passo di tenerezza! Come consola, il Signore? Con tenerezza. Come corregge, il Signore? Con tenerezza. Come punisce, il Signore? Con tenerezza”. “Ti immagini – insiste – sul petto del Signore, dopo aver peccato?”
Il Signore conduce, il Signore guida il suo popolo, il Signore corregge; anche, io direi: il Signore punisce con tenerezza. La tenerezza di Dio, le carezze di Dio. Non è un atteggiamento didattico o diplomatico di Dio: gli viene da dentro, è la gioia che Lui ha quando un peccatore si avvicina. E la gioia lo rende tenero.
La gioia del Signore, davanti al peccatore, si fa tenerezza
Papa Francesco ricorda “la parabola del Figliol Prodigo” e il papà che “vide da lontano” il figlio: perché lo aspettava, “saliva sul terrazzo per vedere se il figlio ritornava. Cuore di padre”. E quando arriva, e comincia “quel discorso di pentimento”, lui gli tappa la bocca e fa festa. “La vicinanza tenera del Signore”, commenta ancora il Papa. Nel Vangelo torna il pastore, quello che ha cento pecore a una si smarrisce. “Non lascerà le 99 sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita?” cita Francesco. E “se riesce a trovarla si rallegrerà per quella più che per le 99 che non si erano smarrite”. Questa è “la gioia del Signore davanti al peccatore”, “davanti a noi quando ci lasciamo perdonare, ci avviciniamo a Lui perché ci perdoni”. Una gioia che “si fa tenerezza, e quella tenerezza ci consola”.
Non lamentiamoci, il Signore perdona i nostri peccati
“Tante volte – spiega il Pontefice – noi ci lamentiamo delle difficoltà che abbiamo: il diavolo vuole che noi cadiamo nello spirito di tristezza”, “amareggiati della vita” o “dei propri peccati”. E ricorda: “Ho conosciuto una persona consacrata a Dio che chiamavano ‘Lamentela’, perché non riusciva a fare altra cosa che lamentarsi”, era “il premio Nobel delle lamentele”.
Ma quante volte noi ci lamentiamo, ci lamentiamo e tante volte pensiamo che i nostri peccati, i nostri limiti non possono essere perdonati. E lì, la voce del Signore viene e dice: “Io ti consolo, sono vicino a te”, e ci prende con tenerezza. Il Dio potente che ha creato i cieli e la terra, il Dio-eroe, per dirla così, fratello nostro, che si è lasciato portare alla croce a morire per noi, è capace di accarezzarci e dire: “Non piangere”.
Lasciamoci consolare dal Padre come la vedova di Nain
“Con quanta tenerezza – prosegue Papa Francesco – il Signore avrà accarezzato la vedova di Nain quando le ha detto: ‘Non piangere’.” Forse, davanti alla bara del figlio, l’ha accarezzata prima di dirle “Non piangere”. Perché “C’era il disastro, lì”. “Dobbiamo credere a questa consolazione del Signore”, perché dopo “c’è la grazia” del perdono.
“Padre, io ho tanti peccati, tanti sbagli ho fatto, nella vita” – “Ma lasciati consolare” – “Ma chi mi consola?” – “Il Signore” – “E dove devo andare?” – “A chiedere perdono: vai, vai! Sii coraggioso. Apri la porta. E Lui ti accarezzerà”. Lui si avvicinerà con la tenerezza di un padre, di un fratello: come un pastore fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna, porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri, così il Signore ci consola.