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La lotta alla pedopornografia online e il silenzio delle istituzioni

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Don Fortunato Di Noto - pubblicato il 09/12/19
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La scarsa attenzione di molti paesi e la collaborazione poco convinta dei colossi del web rendono lo sforzo contro i pedofili sempre più difficile“Ho letto il tuo rapporto annuale (Meter) ed è una lettura impressionante! Ho preso nota di un commento in merito alla mancanza di risposte da parte delle forze dell’ordine, compreso il mio paese. Per questo mi scuso.”
(John Peacock, Dipartimento per gli affari interni, Nuova Zelanda).

Chi lotta, concretamente, contro la pedofilia e la pedopornografia in Italia e nel mondo, si aspetterebbe a distanza di 20 anni delle pubbliche scuse, delle ammissioni di responsabilità, il rossore dell’imbarazzo: non diciamo della sana vergogna per aver eluso migliaia e migliaia di segnalazioni di links contenenti foto e video pedopornografici e di infantofilia (la triste realtà agghiacciante dei neonati e piccoli di età, massimo 2 anni, abusati e in alcuni casi). Non solo le forze dell’ordine, ma i Server Provider, che pur cancellando i dati della segnalazione non hanno inviato alle autorità giudiziarie e di polizia le dettagliate segnalazioni. Dicevo: uno si aspetterebbe delle scuse non tanto per se stesso, ma per le vittime. Verso le vittime. E invece.

Anche in questo caso il negazionismo, a tali nostre affermazioni e sui numeri (tutti documentabili) da parte di chi non solo li prende in considerazione, ma ammette che si fa poco o nulla contro il fenomeno della pedofilia, la pedopornografia e gli abusi sessuali sugli abusi. È il diniego che si fa teoria, diventa atteggiamento culturale diffuso e pervasivo. Può produrre categorie diagnostiche e investigative difensive che alimentano sospetti su chi è nel campo e contrasta concretamente il dramma sui bambini, abusi già avvenuti e documentati.

Dal 2003 al 2018 Meter ha segnalato ben 166.222 siti pedopornografici (di 1° e 2° livello) e migliaia di links su .onion e .tor. Parliamo del web e del Deep Web, la parte nascosta della Rete, dove potete comodamente comprare un neonato come un fucile da guerra micidiale come un kalashnikov. O scambiarli. Guardate che non scherzo, vi sto raccontando cose che esistono e accadono mentre siete seduti a leggere questo pezzo.

E noi siamo in campo da trent’anni contro cose di questo tipo. Se scendiamo nello specifico, considerando solo gli ultimi 5 anni (2014 – 2018) di monitoraggio del web e denunce formali alle varie polizie del mondo e a centinaia di Server Provider i siti sono stati 60.311, le foto 8.951.719, i video 2.483.928.

Sapete che cosa c’è dietro questi numeri? Pensate solo ad una foto per bambino, magari due? Comunque parliamo di milioni di bambine e bambini già violati che non sono stati mai individuati e non hanno ricevuto giustizia. Mai.
Una mostruosità se si pensa che l’età è solo quella compresa tra i pochi giorni fino a 12/13 anni (prepuberi).
Provate a pensare, dopo aver letto questi dati, che in campo investigativo nonostante una mole così estesa di segnalazioni, solo una minima percentuale è stata presa in considerazione e si è intervenuti individuando vittime, autori dell’abuso, produttori di materiale foto e video, divulgatori e scambisti e detentori oltre a quelli che hanno impiantato un business con ingentissimo somme di guadagno. Ci rammarica la contraddizione tra quello che si proclama e dichiara in tema di contrasto, e l’azione operativa che viene effettuata.

Meter da diversi anni si è appellata ai Colossi del web e alle loro responsabilità nel contrasto alla pedopornografia e la pedofilia chiedendo più volte di non appellarsi, per quanto riguarda questi reati, crimini, alla privacy dei loro clienti. Ci ha confortato l’appello di Papa Francesco. La privacy non può esistere per questi criminali. La loro collaborazione obbligatoria (cosa che non è mai automatica, ma solo su richiesta degli organi inquirenti, quando negli Stati esiste una normativa e non è mai sempre per decine di Stati) risulterebbe un fattivo contributo per l’individuazione di decine di migliaia di soggetti che trafficano e lucrano sulla pelle dei bambini. Bambini divenuti oggetto della perversione pedofilia al limite di una crudeltà indicibile.

Non si tratta di educare al mondo digitale, azione che deve sempre essere esplicata nel migliore dei modi per un utilizzo consapevole del web. Qui si tratta di un reato, un crimine che esula, quasi supera dalla sindrome della dipendenza e la deriva esistenziale attraverso i mezzi della comunicazione.

Qual è allora il senso del concreto contributo di Meter, non smentibile, anzi ci aspetteremmo le scuse di chi è preposto ad agire nel migliore dei modi contro questa nuova forma di schiavitù a danno dei bambini?

Se si agisse per ogni segnalazione inviata attraverso i servizi online delle varie Polizie sparse in Europa e nel mondo, non inizierebbe una seria azione comune di contrasto e si creerebbe un deterrente? Basta consultare i nostri Report presenti nel nostro sito www.associazionemeter.org per non dormire sonni tranquilli e domandarsi: ma che cosa non ho fatto? Perché non ho preso in debita considerazione queste denunce? E se fosse il mio bambino, la mia bambina? Andare oltre il flusso dei dati che sviluppano economia e agire per il bene dei bambini? Per la loro tutela?
Non sono domande lecite da parte di Meter che da 30 anni, pioniera nel mondo e in Italia, contrasta questo drammatico fenomeno?
Perché non agire celermente? Nonostante i tenui risultati quando si sviluppano indagini?
Se è vero che solo in Europa sono presenti 18 milioni di minori abusati e nel mondo e 5 volte tanto, che cosa manca per iniziare una seria azione di contrasto?

Sono domande che, più che delle scuse forse inutili, aspettano serie risposte.